I due, in qualità di proprietario e allenatore, devono rispondere per la positività al doping di un cavallo alla competizione ippica denominata Premio Laghi svoltasi in data 4 gennaio 2017 all'Ippodromo di Aversa. Le sostanze incriminate sono la Teobromina e la Caffeina e sono state ritrovate su una cavalla destinata alla produzione di alimenti.

Aggiornamento del 20 luglio 2021

In aula per l'ennesima udienza di questo processo presso il Tribunale di Napoli Nord, dove Horse Angels ODV, dopo numerosi rinvii dovuti a problemi di notifiche, ad astensione degli operatori di giustizia, a problematiche relative alla situazione Covid in Italia (siamo alla sesta udienza dal 2019), si è costituita parte civile, difesa dall'avv. Laura Mascolo del Foro di Napoli.
 
La titolare della scuderia e proprietaria del cavallo e l'allenatore, impegnato nella competizione ippica denominata premio Laghi, svoltasi nel 2017 presso l'ippodromo di Aversa, sono accusati di essere responsabili del maltrattamento del cavallo: ciò si sarebbe concretizzato nel somministrare al povero animale, prima della gara, sostanze dopanti, sostanze proibite dai regolamenti nazionali ed internazionali, nocive alla salute dell'animale, allo scopo di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione.
 
Da qui l'accusa di colpevolezza sia di condotte proibite dall'art. 544 ter comma 2 del codice penale e dall'art. 1 della Legge n. 401/1989, cioè "frode in competizioni sportive".

Il secondo comma dell'articolo 544 ter c.p., punisce apertamente l'ipotesi del c.d. "reato di doping a danno di animali", con l'intento di reprimere in particolar modo le scommesse clandestine e le competizioni tra animali, disponendo che le stesse pene previste dal primo comma, si applichino "a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi". 
 
La fattispecie de quo introduce un autonomo reato, nell'ottica di un riconoscimento sempre più accentuato, in armonia con la ratio della legislazione del 2004 e di quella successiva, di una soggettività dell'animale e della necessità della sua tutela
 
Infatti, muovendosi nella nuova direzione della tutela dei sentimenti dell'uomo verso gli animali quali esseri viventi e non più del mero pregiudizio alla proprietà privata, l'art. 544-ter c.p. punisce chiunque si renda autore di "lesioni" o di "sevizie" ad un animale.
 
E' chiaro che il delitto di "doping" a danno degli animali e segnatamente degli equidi si configura nel momento stesso in cui viene accertata la somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate, oltre che quando li si sottopone a trattamenti lesivi della loro salute: la noncuranza nei riguardi della salute dell'animale, segno di grande dispregio verso la loro vita e il loro benessere, attesta anche la volontà di competere in maniera fraudolenta nelle gare in oggetto per finalità economiche comunque non sempre lecite.
 
Il reato di “doping” a danno di animali, è per di più reato di pericolo, essendo ritenuta la condotta pericolosa di per sé e per cui si prescinde dal concetto di necessità o di crudeltà, ed è orientato a reprimere le competizioni con animali legati alla zoomafia ed alle scommesse clandestine, nonchè le gare che con tali somministrazioni vengono falsate soprattutto nel loro esito: le prime applicazioni di queste disposizioni hanno riguardato casi di detenzione illecita di uccelli dopati per esaltarne le doti canore.
 
Il reato di sottoposizione dell’animale a trattamenti che creano un danno alla sua salute è stato ritenuto dalla giurisprudenza reato di condotta analogamente al reato di doping previsto dal medesimo articolo, per cui non è necessario il verificarsi concreto dell’evento di danno "essendo sufficiente porre in essere trattamenti idonei per caratteristiche intrinseche e modalità di applicazione a porre in essere condotte di per sè lesive dell’integrità fisica dell’animale" (Tribunale Penale di Bologna Sentenza n. 2555 - 08/10/07).

Udienza del 14.09.2021, TUTTO DA RIFARE.

Dopo ben sei udienze dall'anno 2019, dopo notifiche e rinotifiche alle varie parti del processo, dopo un tempo infinito in cui poco si è concluso in Tribunale a causa della situazione emergenziale legata al Covid in Italia, adesso si torna indietro per un problema tecnico procedurale.

Ci sarà l'udienza preliminare. Aspettiamo impazienti la fissazione della data e non ci arrendiamo, perché al problema del doping e della somministrazione ai cavalli di sostanze vietate e dannose per far vincere le gare, a dispetto della tutela della loro salute, la giustizia penale dovrà dare una risposta.

Il maltrattamento dell'animale in questi casi consiste proprio nel somministrare ad un animale una sostanza che è vietata dai regolamenti ippici e che, al di là e indipendentemente dal divieto, è comunque dannosa per la salute dei cavalli.

Non si tratta di doppiare la giustizia sportiva: le due strade, la giustizia sportiva e quella penale, seguono parametri e vie diverse.
A volte si incontrano e le "sentenze" in merito sono ambedue di condanna, naturalmente con oggetto diverso: sanzioni disciplinari in un caso (sospensioni, ammende, annullamento dei risultati e così via) e reclusione o multa nell'altro (reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro, aumentati della metà se dai fatti deriva la morte).
Se poi aggiungiamo anche l'imputazione, come in questo caso, di "frode in competizioni sportive", si può arrivare fino a 6 anni di reclusione e la multa fino a € 4.000,00 (da "aggiungere" alla pena prevista per il maltrattamento/doping).
Altre volte, essendo le finalità, le procedure, i criteri, i principi diversi, ognuna segue un suo iter e scopo, che, magari, non arrivano a decisioni concordanti.