Horse Angels ha recentemente (4 ottobre scorso) presentato un ricorso al TAR del Lazio, attraverso l'Avv. Katia Valentini del Foro di Roma, avverso a una recente circolare interpretativa del Ministero della Salute sulla movimentazione e affido di equini semiselvatici, che sono equini che vivono allo stato libero senza proprietario.
Avv. Katia Valentini: “Secondo tale circolare interpretativa, previo un parere ASL, gli equini semi selvatici possono essere spostati verso la macellazione con un'autorizzazione del sindaco che dichiari che dalla nascita al macello tali animali hanno vissuto ininterrottamente senza trattamenti sanitari".
Roberta Ravello, presidente Horse Angels: “Ritengo che si tratti di un passo indietro rispetto alla norma per gli equini domestici, secondo la quale gli equidi identificati in età superiore ai 12 mesi possono essere dichiarati solo come non macellabili. Con questa nuova interpretazione invece, intere popolazioni di equini che vivono allo stato brado, senza proprietario, indipendentemente dall'età dei soggetti, possono essere reintrodotte nella catena alimentare”.
Avv. Katia Valentini: “Non si può negare che la loro introduzione nella catena alimentare, attraverso il passaggio all'allevamento o alla macellazione, rappresenta un'elusione a tutte le normative sulla tracciabilità degli alimenti, nonché alle norme a tutela della salute alimentare”.
Roberta Ravello: “Dal punto di vista della tutela equina, la soluzione migliore sarebbe censire i branchi di semi selvatici, dare loro un riconoscimento come tali a livello regionale e nazionale, e fare un piano strategico di intervento per limitarne la crescita incontrollata senza fornire escamotage all'allevamento illegale. Troppo spesso infatti, dietro all'allevamento semi brado di equini su pascoli demaniali si nasconde il rischio di allevamento clandestino, volto ad abbattere i costi di mantenimento, cure sanitarie e tracciabilità, dunque anche all' evasione del fisco. Tali situazioni vanno represse e non incentivate.
Di fatto ci sono più popolazioni di equini bradi senza proprietari in Italia, in più regioni. Non si tratta di un problema che ha la consistenza di migliaia di soggetti, ma più contenuto. Quindi anziché eradicare tali popolazioni, servirebbe una legge protezionistica, che manca sia in Italia sia in Europa, per considerare tali animali come reinselvatichiti alla stregua di un'opportunità e non di un problema. Gli approcci a livello europeo non mancano, cito qui il programma finanziato di Rewilding Europe, che esiste sin dal 2011, che vede addirittura il reinserimento di equini allo stato selvatico allo scopo di proteggere la biodiversità e l'ecosistema.
Dal punto di vista sanitario, va fatto presente che ci sono patologie trasmesse da insetti, da parassiti e da virus che possono essere pericolose. Tra queste: la malattia del Nilo occidentale (west nile), l’anemia infettiva, la peste equina, il morbo coitale maligno, l’artrite virale equina e la morva. I cavalli possono morire di queste patologie e alcune sono trasmissibili anche all’essere umano in quanto zoonosi, come la morva, la west nile, e il morbo di borna. Nuove patologie non ancora conosciute o studiate possono svilupparsi, essere pericolose solo per la trasmissione tra cavalli, o fare il salto di specie, ed è sempre meglio prevenire.
Gli equini che vivono bradi non hanno controlli sanitari, non sono vaccinati, possono essere resistenti a malattie letali per domestici che hanno sviluppato antibiotico resistenza o con un sistema immunitario più fragile perché meno messo alla prova.
Gli animali “selvatici” in generale possono essere un pericolo, ma cosa facciamo, li sterminiamo tutti? Al contrario, c'è sempre più richiesta da parte degli esseri umani di proteggere e tutelare la biodiversità, studiando come è possibile una convivenza da cui trarre mutuo beneficio.
Noi auspichiamo dunque che il Ministero della salute riveda la sua interpretazione sulla movimentazione di equini semi selvatici, al fine di limitare il rischio di diffusione di malattie nella loro reintroduzione in allevamenti per il macello, ma anche come opportunità di riconoscere il valore dell'equino non domestico per insegnare altro che approfittarne per farne carne.
Guardare l’ambiente nella sua complessità e cercare una nuova armonia è complesso, ma anziché rinunciarvi, la comunità dovrebbe tentare attraverso lo studio e l'esperienza di cercare una convivenza possibile, perché sarebbe un arricchimento per tutti, per il turismo, per la natura, per l'educazione umana.
L'equino libero, che appartiene solo a se stesso, dovrebbe essere patrimonio dell'umanità, che ci insegna il valore della libertà, e non solo una risorsa gratuita di cui cibarsi. Vi faremo sapere il pronunciamento del TAR sul nostro ricorso".
Qui la circolare per la quale abbiamo presentato il ricorso (link)