Il benessere di un cavallo atleta non deve finire con il termine della sua carriera agonistica. Che tale cavallo non possa finire al macello, oramai è legge (vedi link) , ma perché la conquista come diritti dei cavalli sia effettiva, occorrerebbero vigilanza e tracciabilità dei cavalli a fine carriera nello sport, e risorse strutturali per il ricollocamento. Purtroppo di questo non si parla nel decreto di riconoscimento di animali sportivi e cavallo atleta.

Sono all'incirca 154.000 gli allevamenti di cavalli in Italia (dato fornito dalla BDN del 2020: Banca Dati Nazionale a cura del Ministero della Salute Italiano) e sarebbero divisi in questo orientamento produttivo secondo le già citate stime:

  • 24.473 gli ippici
  • 44.410 gli equestri
  • 60.122 i diporto
  • 3.998 quelli orientati al lavoro
  • 12.356 orientamento a carne

Il livello previsto di benessere per questi equini è stabilito dal Codice di Gestione e Benessere dell'equide elaborato dal Ministero della Salute. Questo codice di benessere fornisce informazioni sul livello di cura atteso cui dovrebbero conformarsi “volontariamente” i proprietari e detentori degli equini. Non ha valore di legge, né istituisce un fondo pensione o previdenza per i cavalli agonisti al termine del loro rendimento atletico.

La nuova legge, che riconosce l'animale sportivo in Italia, prevede tutele ulteriori, da stabilirsi tramite regolamento da parte di quegli enti che impiegano animali nello sport sotto al CONI. Questi animali andrebbero rispettati nella loro essenza, l'addestramento dovrebbe essere non cruento, gli allevamenti dovrebbero prevedere il rispetto dell'etologia equina con la possibilità di movimentazione libera, peccato che i controlli siano affidati agli stessi organi che si occupano di promozione sportiva: è come chiedere a chi produce sigarette di limitare il tabagismo.

E' comunque un buon punto di partenza, che si arresta però al termine della carriera sportiva. Quella stessa legge, d.l. 28 febbraio 2021, n. 36., non dice nulla rispetto al fine carriera degli animali, salvo che non possono finire nel circuito della macellazione e che la loro vita può arrestarsi, se non naturalmente, solo tramite eutanasia.

Tutto questo è assai improbabile che sia inteso per la tutela della vita del cavallo, è più probabile che la norma serva a prevenire le frodi alimentari, poiché il cavallo allevato per lo sport fa farmaci durante la carriera che rendono quell'animale insalubre per la filiera della carne. Del resto, quegli stessi animali già prima del citato decreto andavano registrati in anagrafe come NON DPA, non macellabili, solo che si trattava di una decisione del proprietario e mancava inevitabilmente di coerenza, giacché molti registravano gli equini come macellabili e poi somministravano comunque farmaci per equini sportivi. Ora, quella scelta sulla carta non c'è più, tutti gli equini che svolgono discipline sportive sotto al CONI devono essere obbligatoriamente trascritti come non macellabili.

Va osservato che i cavalli non destinati alla macellazione non possono essere volturati in macellabili neppure alla fine della loro carriera sportiva. E questa non è una novità introdotta per decreto. La scelta di escluderli dalla macellazione era irreversibile anche prima, in quanto norma europea a protezione dei consumatori di carni equine, e conseguentemente per l’Italia che ha recepito tale normativa comunitaria sin da quando fu emanata.

Tuttavia, una volta che lasciano il settore agonistico di provenienza, dove devono andare a finire i cavalli in esubero? Il decreto recentemente approvato dal parlamento italiano parla di morte naturale (infortunio, malattia, vecchiaia) o di eutanasia. Non prevede altro.

I cavalli  sportivi che annualmente vanno in esubero sono però nel numero di migliaia.  A meno che i proprietari non siano obbligati a mantenerli, che fine dovrebbero fare ora che è passato il decreto di riconoscimento dell'animale sportivo e del cavallo atleta? Eutanasia opportunistica di massa?

E' come arrendersi al fatto che il numero di cavalli sportivi che annualmente vanno in esubero è troppo elevato per farvi fronte con un trattamento pensionistico. E' nostro dovere proporre di rendere il diritto alla vita del cavallo NON DPA equivalente a quello di un PET, giacché il cavallo è un essere senziente, e la sua vita non può essere terminata a piacimento non appena non soddisfa più le aspettative di prestazione sportiva del proprietario.

Tutto ciò premesso, la nostra proposta per passare da un diritto sulla carta a una tutela della vita concreta fino a morte naturale del cavallo, è la seguente.

Stimolare la responsabilità di proprietario e di filiera, costruendo un sistema di incentivi e aggravi

  • responsabilità individuale dei proprietari di equini sportivi ad un impegno fino a morte naturale o a corrispondere quote pensionistiche per il ricollocamento
  • responsabilità collettiva in capo agli enti organizzatori di sport con equini per trovare le risorse per il fine carriera

A ciò dovrebbero aggiungersi delle forme di sgravio e di incentivo per chi fosse disposto a prendersi cura di cavalli atleti in esubero come segue:

Incentivi:

  • Per consentire un risparmio a chi sia disposto a prendersi questi cavalli dopo la carriera agonistica, andrebbe approvata una norma che abbassi i costi di registrazione dei cavalli in anagrafe equina alla fine del circuito agonistico (ad esempio da 70 euro a 28 euro, parificando i cavalli dei registri anagrafici di razza ex UNIRE a quelli AIA una volta che la carriera sportiva sia terminata).

  • Togliere dal redditometro i cavalli NON DPA, paragonandoli a pets.

Aggravi:

  • Creazione di un fondo pensione obbligatorio per cavalli NON DPA iscritti a circuiti agonistici del CONI, piuttosto che di una tassa di cessione per chi si rifiuta di mantenere il proprio pet equino a vita, da versare ad enti che gestiscano su convenzione il ricollocamento degli equini in esubero.

  • Obbligo per gli enti organizzatori di sport con cavalli sotto al CONI di devolvere una quota di risorse per il ricollocamento degli animali in esubero (da versare come sopra a enti dedicati che offrano il servizio in convenzione).

Allocazione del fondo pensionistico a enti no profit che svolgano istituzionalmente il ricollocamento di equini in esubero da attività sportive sotto al CONI

Tramite concorso alle ODV (organizzazioni di volontariato) registrate negli appositi registri del terzo settore per la riabilitazione dei cavalli NON DPA a fine carriera agonistica e che rispondano a determinati requisiti di sostenibilità:

  • che partecipino alla riabilitazione e ricollocamento di 12 o più cavalli agonisti all'anno e offrano rifugio ad almeno 25 cavalli bisognosi di casa ogni anno;
  • che vietino la riproduzione dei cavalli ospitati al rifugio;
  • che siano in grado di gestire i rientri quando le adozioni falliscono;
  • che prendano esplicitamente equini sportivi che fossero nel circuito CONI,  posto che gli enti sportivi finanzino il ricollocamento dei loro ex atleti equini;
  • che offrano programmi di formazione in grado di migliorare i tassi di adozione;
  • che presentino progetti di miglioramento del capitale per espandere la capacità e migliorare l'efficienza del programma di ricollocamento;
  • che presentino alloggi e spazi in grado di accogliere equini infortunati o sequestrati per maltrattamenti.

CONTRIBUZIONE DEGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI ALLA TUTELA DEGLI EQUINI

Come le p.a. mettono a disposizione impianti pubblici dedicati allo sport per incentivarlo, anche sotto forma di concessioni gratuite quando si tratta di attività no profit, lo stesso andrebbe fatto con terreni demaniali in disuso, o impianti per cavalli di proprietà comunale, che potrebbero essere allocati ad enti dedicati al ricollocamento di animali sportivi e non macellabili in esubero.

Oltre a finanziare lo sport con i cavalli, o la terapia per mezzo di equini, si tratta insomma di trovare le risorse per finanziare la tutela dei cavalli che, in una società civile emancipata, a ben pensarci, è più importante dello sport con gli stessi.