Due pesi e due misure

Un caso ha interessato recetentemente la corte di appello del TAR, il Consiglio di Stato, con sentenza N. 02643/2023 REG.RIC. Il caso nasce da un guidatore ippico che aveva chiesto che i suoi dati personali, nome e cognome, fossero oscurati dall'ordinanza che gli negava l'ammissione all’esame teorico- pratico per poter guidare i cavalli nelle corse al trotto, ordinanza pubblicata sul sito istituzionale della giustizia amministrativa senza nessun oscuramento delle generalità dell'interessato perché nessuna richiesta in tal senso specifica era pervenuta ai sensi dell’art.52 del d.lgs. 196/2003 (che dice che per oscurare i dati va fatta apposita richiesta dall'interessato).

Il Consiglio di Stato ha considerato che:
- in tema di trattamento di dati personali, la richiesta di oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell'interessato riportati sulla sentenza o altro provvedimento deve essere fondata su "motivi legittimi", da intendersi quali "motivi opportuni" la cui valutazione impone un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e di pubblicità della sentenza (cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 marzo 2017 n. 11959);
- nella specie la richiesta riguarda la persona del difensore ed è stata proposta successivamente alla pubblicazione del provvedimento perché l’interesse all’oscuramento nascerebbe da considerazioni svolte nella motivazione del provvedimento giurisdizionale.

Il Consiglio ha ritenuto che:
- l’istante non ha rappresentato motivi legittimi ovvero esigenze meritevoli di tutela considerabili prevalenti rispetto al principio di pubblicità delle sentenze, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell'amministrazione della giustizia in nome del popolo (cfr. anche il citato art. 86 c.p.a.).

 
Ci chiediamo dunque come mai, visto che l'oscuraramento dei dati personali nella giustizia sportiva dipende da decisioni dell'organo amministrativo, il Masaf abbia ritenuto, a partire dal 2019, che la privacy delle sentenze, particolarmente di quelle sul doping, andasse tutelata a discapito della garanzia di trasparenza, mentre quelle sulla licenza a guidatore debbano contenere i dati personali, sopratutto visto che la trasparenza è garantita invece dalla FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) che nella sua giustizia sportiva omette solo i nomi dei minori eventualmente implicati, ed è garantita nel resto d'Europa per l'ippica, dove le sentenze sul doping sono sempre pubblicate in modo integrale sui siti istituzionali di amministrazione della giustizia sportiva.
 

Italia prima nel doping cavalli da trotto in Europa

 
La questione della trasparenza è tanto più importante in quanto l'Italia detiene il record europeo di casi di doping nell'ippica sia nel 2021, sia nel 2022 secondo il report annuale della UET.
doping
 
Ci chiediamo dunque se sia stata saggia la decisione del Masaf di oscurare i dati di chi ha commesso frodi sportive come il doping, alla luce del fatto che, da quando tale privacy è garantita, l'Italia figura regolarmente al top dei dopatori europei di cavalli da corsa.

Il concetto di trasparenza della pubblica amministrazione contro la corruzione

La trasparenza è un concetto che da tempo si è consolidato nel diritto dell’Unione Europea al fine di infondere fiducia nei processi che riguardano i cittadini, permettendo loro di conoscerli, comprenderli e, se necessario, di opporvisi.

In Italia è stata introdotta con la Legge n. 241/1990. Quest’ultima ha disciplinato il diritto di accesso ai documenti amministrativi solo per i titolari di posizioni giuridicamente qualificate, come fondamentale strumento di conoscenza finalizzata alla tutela individuale dell’interessato contro atti e provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni (PA) che incidono sulla sua sfera soggettiva.

Due regimi di accesso

  • un regime di “accessibilità”, nel quale i dati in questione non sono pubblici, ma sono acquisibili da parte di determinati soggetti, portatori di interessi specifici e differenziati e attraverso particolari procedure, fondate sulla richiesta di accesso e sull’accoglimento o diniego dell’istanza da parte dell’amministrazione;
  • un regime di “disponibilità”, in base al quale tutti i dati in possesso della PA, salvo quelli espressamente esclusi dalla legge, devono essere obbligatoriamente resi pubblici e dunque messi a disposizione della generalità dei cittadini affinché tutti possano esercitare forme di “controllo sociale” sulle attività di interesse pubblico e generale.

La trasparenza nel Codice dell’Amministrazione Digitale

In Italia, l’affermazione di queste ulteriori forme di trasparenza inizia nel 2005, con l’approvazione del Codice dell’Amministrazione Digitale. Nel 2009, con il D.lgs. n. 150 si sottopone la pubblicazione delle informazioni sui siti web istituzionali al principio dell’accessibilità totale.

L'accesso civico generalizzato

Nel 2016, con il D.lgs. n. 97, attuativo della delega contenuta nella legge 7 agosto 2015, n. 124 il legislatore italiano ha modificato il D.lgs. n. 33/2013 (in seguito anche “Decreto trasparenza”).

Con la riforma la trasparenza deve essere intesa come “accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni”.

Inoltre, se in precedenza era diretta soltanto a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, con la riforma è volta anche a “tutelare i diritti dei cittadini, e promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa”.

Il decreto si distingue per l’introduzione nel nostro ordinamento di una nuova forma di accesso – analogo al Freedom of Information Act (FOIA) dei sistemi scandinavi e anglosassoni – con il quale si intende consentire a chiunque, senza una situazione legittimante, senza motivazione, di accedere a tutti i dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni o dalle società a partecipazione pubblica.

Questo tipo di accesso civico generalizzato non ha come presupposto l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione: è riferito a dati e documenti  “ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”: in altre parole si tratta di un diritto a poter accedere a tutti i dati e i documenti – con l’esclusione delle “informazioni” – per i quali “non” è stabilito un obbligo di pubblicazione.

Inoltre, come l’accesso civico semplice, anche quello generalizzato si traduce in un diritto di accesso che “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” e “non richiede motivazione”.

Scopo dell’accesso generalizzato è “ favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (cfr. art. 5, comma 2, D.lgs. 33/2013).

La trasparenza di tipo reattivo

In breve, alla trasparenza di tipo “proattivo” (proactive disclosure), ossia realizzata mediante la pubblicazione obbligatoria sui siti web di determinati enti dei dati e delle notizie indicati dalla legge, viene ad aggiungersi una trasparenza di tipo “reattivo” (reactive disclosure), cioè in risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati.

La mancanza di trasparenza della giustizia sportiva amministrata dal Masaf

Non solo le sentenze, rispetto al resto dell'ippica europea, sono oscurate per i dati sensibili, incluso il nome e cognome dell'agente dopante e del cavallo dopato. Ma non è permesso neppure l'accesso civico generalizzato alle sentenze, neppure quando motivato, visto che il Masaf richiede come presupposto il diritto ostensivo della controparte, che ovviamente viene generalmente negato.

Su questo punto disponiamo di due esperienze dirette. Nel primo caso l'accesso c'è stato consentito in parte (non abbiamo potuto accedere a tutti i documenti richiesti). Nel secondo caso c'è stato negato, aggiungendo che da quel momento in poi per l'accesso alle sentenze sarebbe stato necessario il consenso della controparte (chi ha commesso il doping). Per tale diniego di accesso agli atti pende nostro ricorso al TAR del Lazio, visto che viola le leggi italiane sulla trasparenza e l'accesso civico, nel nostro caso motivato, visto siamo associazione riconosciuta dal Ministero della Salute per la tutela dei cavalli.

Ora, questa mancanza di trasparenza appare in totale contrasto con la necessità di lotta al doping e anche con le dichiarazioni del sottosegretario con delega all'ippica, Senatore Giacomo La Pietra, che fanno della lotta al doping e del nuovo regolamento anti doping in vigore da settembre 2023, le basi del risanamento dell'ippica italiana. 

Chiediamo dunque al Sottosegretario di intervenire anche sul tema della pubblicazione delle sentenze di doping ippico, agevolando il loro ripristino nella piena trasparenza, o garantendo il diritto di accesso civico generalizzato anche al fine di garantire l'accountability delle istituzioni pubbliche affinché tutti possano esercitare forme di “controllo sociale” sulle attività di interesse pubblico e generale e in particolare, per la lotta al doping, doverosa visto che l'Italia ha il primato europeo in doping di cavalli da corsa e visto che l'ippica in Italia è mantenuta da risorse pubbliche e quindi è a carico di tutti i cittadini.