L’industria della carne contribuisce alla deforestazione, alla desertificazione, fa uso massiccio dei prodotti chimici (incluso antibiotici), crea enorme spreco di risorse preziose come l'acqua, costituisce (secondo i dati officiali della FAO) la principale causa della fame nel mondo, di degrado degli ecosistemi, ed è la prima causa CLIMALTERANTE che distrugge l’ambiente in generale, oltre a comportare enorme sofferenza ad esseri senzienti, ingiustamente ancora trattati alla stregua di merci, in contravvenzione alle scienze neurologiche che affermano la piena sensitività e capacità di sentimento degli animali.

Gli allevamenti intensivi che richiedono sempre maggiore terra per produrre i concentrati, compromettendo le foreste che determinano gli ecosistemi (quali l'aria, i flussi idrici, il sequestro di carbonio, la protezione del suolo dall'erosione idrica e atmosferica, gli habitat per flora e fauna, il ripristino dei terreni degradati e la resilienza alle catastrofi e ai cambiamenti climatici), sono anti etici e anti sociali.
 
Circa l'80% della deforestazione mondiale è dovuta all'espansione dei terreni agricoli per produrre alimento per gli allevamenti intensivi. Questo provoca i conflitti locali, aumenta i flussi migratori e diminuisce il benessere delle comunità che vivono di sussistenza. Questo stile di vita, di allevamento e di produzione, è contrario al concetto stesso di sviluppo sostenibile italiano e dell’Unione, nonché alla responsabilità sociale che è richiesta all'essere umano capace di etica nei confronti di tutti gli esseri viventi.
 
E cosa si fa in risposta a livello istituzionale? Niente.
 
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