In primis, per i non avvezzi, il redditometro non è un tassa, bensì uno strumento per capire la capacità contributiva dei cittadini ai fini di prevenire l'evasione fiscale.

Quindi, non esistono tasse per il mero possesso di cavalli (come esistono invece per il possesso di automobili, dove ogni anno si deve pagare il bollo).

Quando si prende un cavallo, invece, occorre sapere che rientra tra i 150 parametri denotanti reddito, e che all'agenzia delle entrate non importa affatto a chi è intestato quel cavallo, ma chi lo mantiene e per farci cosa.

Ecco le novità in tema di ricorso.

Con la recente ordinanza n. 12889/2018, la Corte di Cassazione è stata chiamata a esaminare cosa significhi presunzione del reddito.

La controversia ha tratto origine da un ricorso presentato da un contribuente avverso la sentenza della CTR Friuli Venezia Giulia, ricorso perso.

Infatti, la Cassazione ha confermato quanto deciso dal Giudice precedentemente, ovvero che era legittimo l’accertamento sintetico condotto dall’Agenzia delle Entrate in relazione agli anni d’imposta contestati.

La Suprema Corte, confermando un costante orientamento della giurisprudenza in questo senso, ha sottolineato che “la disciplina del redditometro” introduce una presunzione legale relativa, (cfr. Cass. nn. 17487/2016; 9549/2011; 4646/2011; 22936 e 22937/2007; 16284/2007) che dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti (Cass. nn. 7284/2017; 21142/2016; 16912/2016; 9539/2013)”.

Pronunciandosi contro i motivi di ricorso proposti dal contribuente, la Corte di Cassazione ha chiarito i confini della prova contraria, ovvero ciò che serve per fare opposizione alla ricostruzione del reddito operata dall'agenzia delle entrate mediante lo strumento indagativo del redditometro.

La corte ha precisato che “non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (cfr. Cass. nn. 12207/2017; 1332/16; 22944/15; 14885/2015; 6396/2015; 25104/2014)”.
 
In poche parole, cosa significa? 
 

Vediamo come opera il nuovo redditometro, che è in vigore dal 2009, per la parte relativa ai cavalli 

Mentre prima del 2009 la presunzione di spesa si basava sul possesso accertato di alcuni beni, tra cui i cavalli, dal 2009 in poi possedere o non possedere cavalli dal punto di vista dell'anagrafe equidi è irrilevante.

Nel caso di cavalli dunque, non importa che siano o meno di proprietà come registrazione in anagrafe equidi, quello che conta è quanto si spende per essi (cure medico veterinarie, alloggio, addestramento, partecipazione a corse e concorsi).

Infatti, nel D.M. 16.09.2015, tra gli indicatori di capacità contributiva rilevanti ai fini del nuovo redditometro, vengono annoverate le “spese sostenute per cavalli”.

In linea generale, il possesso di cavalli, a prescindere dagli obblighi fiscali - e anche anagrafici - connessi all'adesione a un qualche circuito o registro, costituisce, per la persona fisica (e quindi per il privato, non per l'associazione o l'azienda che esercità un'attività o allevamento di cavalli), fattore che è indice di capacità contributiva e funge da presupposto e base per la ricostruzione dell’eventuale maggior reddito - rispetto a quello dichiarato - con metodo sintetico.

L’articolo 1, comma 5, D.M. 16.09.2015 stabilisce, al riguardo, che il calcolo dell’importo di spesa rilevante ai fini dell’accertamento cambia a seconda del fatto che il cavallo:

sia mantenuto in proprio, nel senso presso una stalla privata, dove allora si calcola € 5,00 al giorno per ciascun equide, 

- tenuto in pensione presso una struttura attrezzata (maneggio, circolo ippico) dove si calcola € 10,00 al giorno per ciascun equide.

La norma non fa distinzione per razze di cavalli, ma per il loro impiego, lasciando spazio a interpretazione discrezionale su quale sia l'impiego che denota capacità di spesa e quale no.

Della questione si è occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22386/2017, che ha statuito l’irrilevanza fiscale, ai fini del redditometro, del possesso di un cavallo impiegato solo per le passeggiate in campagna, se posseduto in proprio almeno (ovvero presso stalla privata, non scuderia a pagamento di costo di alloggio mensile). 

La Suprema Corte, nella citata ordinanza, ha ribadito che “in tema di accertamento tributario ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 38, comma 4, costituisce indice di particolare capacità contributiva, ai sensi del D.M. 10 settembre 1992, non il generico possesso di cavalli, ma solo di quelli “da equitazione” (ovvero i cavalli impiegati negli sport equestri e i cavalli mantenuti nei maneggi) o “da corsa” (cavalli addetti alle corse ippiche, o altre corse a premi), in ragione della particolare cura e addestramento che gli stessi richiedono (che non sono di certo alla portata di tutte le tasche).

Ulteriormente, si è escluso che costituisca indice di particolare capacità contributiva il possesso di cavalli qualificati in anagrafe equidi come fattrici, se le stesse sono adibite a passeggiate o a compagnia – cfr. Cass. n. 21335/2015 - (anziché, presumibilmente, ad allevamento per ricavare un reddito economico attraverso la vendita dei puledri. Sicuramente farà fede anche il numero di tali fattrici possedute, e se vengono fatte figliare o meno, se si deve sostenere che sono solo da compagnia e da diporto e non invece da allevamento a reddito).