Abbiamo appreso direttamente su facebook, dalle dichiarazioni dell'allevatore Enrico Spalla, titolare dell'azienda agricola Cà degli Ormei, di Chiusanico, Imperia, che sarebbe stato lui ad avere il compito di catturare i 7 cavalli vaganti dell'Aveto ancora rinchiusi in un recinto di sosta a Bocca Moà, nel comune di Borzonasca (GE). E che sempre alla sua azienda, una volta fatte le certificazioni del caso, sarebbero destinati gli animali.
Reintrodurre i cavalli dell'Aveto in un allevamento con codice ateco per il macello non è la soluzione a cui auspicavamo chiedendo che fossero rimessi in libertà. Non importa se sia un allevamento etico, come il produttore di carni promuove sul profilo facebook aziendale.
Ci chiediamo quale protocollo voglia attivare la regione Liguria per i cavalli "vaganti" ritenuti un pericolo per l'incolumità che siano catturati per deportazione. Se il protocollo prevede l'inserimento in filiera produttiva per la carne, non la consideriamo una soluzione idonea.
Anzi, abbiamo fatto appositamente un ricorso al TAR, contro una circolare ministeriale che permette questo tipo di soluzioni, volto ad evitare che i cavalli semi selvatici possono essere reintrodotti in filiera alimentare che permette, in via di principio, di eradicare intere popolazioni di equini che vivono allo stato brado.
Secondo noi serve serve una legge nazionale di protezione per gli equini che vivono allo stato brado su terreno demaniale e sono indipendenti dall'essere umano, che contempli anche un disciplinare specifico di gestione degli interventi di controllo della popolazione e che si avvalga per la vigilanza di associazioni animaliste dedicate.
Una tale legge, aiuterebbe anche a scindere tra equini realmente bradi, e allevamento su terreni pubblici, volto ad abbattere i costi di mantenimento, cure sanitarie e tracciabilità, dunque anche all'evasione del fisco per alcuni allevatori.
In astratto comunque, se si prendono equini bradi, affidati gratuitamente da pubbliche amministrazioni, e li si inserisce in catena alimentare, gli allevatori destinatari realizzano un profitto privato da essi. Una soluzione ben lontana dalla destinazione degli animali a progetti sociali no profit.
Per non parlare dei rischi per la sanità pubblica.
Ci sono patologie trasmesse da insetti, da parassiti e da virus che possono essere pericolose per la salute e la vita dei cavalli. Altre, che sono zoonosi, possono trasmettersi anche da animale ad umano.
Quello che è qui importante sottolineare, è che gli equini che vivono bradi non hanno controlli sanitari, non sono vaccinati, possono essere portatori sani di malattie che sono letali per quei domestici che hanno sviluppato antibiotico resistenza. Inoltre, possono sviluppare patologie nuove, ancora non conosciute, come tutti gli animali selvatici, e trasmetterle ad altri soggetti se inseriti in allevamento senza alcuna profilassi veterinaria. Il coggins test non può essere considerato l'unico parametro per valutare se sono portatori di malattie.
Gli animali “selvatici” catturati per la macellazione, specie se consumati a crudo, e alcune preparazioni dei cavalli lo prevedono, possono portare a nuove patologie.
Ma poi che facciamo, ci liberiamo dei pochi cavalli selvatici presenti in Italia destinandoli ad allevamenti per la macellazione? Al contrario, c'è sempre più richiesta di tutela della fauna selvatica, perché è anche tutela della biodiversità e dell'ecosistema.
Con riferimento agli equini bradi, essi possono essere una fonte di arricchimento socialmente utile diversa dalla filiera della carne, che non vediamo valorizzata nella circolare che abbiamo impugnato e nella decisione delle regione Liguria di affidare - forse - i 7 cavalli dell'Aveto a questo allevamento da carne, per quanto lì gli animali vivano liberi, situato in provincia di Imperia.
Noi auspichiamo dunque che il Ministero della salute, e in questo caso anche la regione Liguria, rivedano la loro interpretazione sulla movimentazione di equini bradi, per portarla maggiormente nella direzione della ricerca di una convivenza pacifica a beneficio di tutti, anziché dei pochi che possono lucrare dall'avere gratis equini selvatici da inserire nel loro allevamento e degli altri pochi che pensano di trarre vantaggio dal cibarsi di equini bradi.
Per oggi è previsto un sit-in di varie associazioni animaliste atto a scongiurare la deportazione dei 7 equini in un allevamento da carne. Invitiamo chiunque fosse contrario a tale soluzione a recarsi al recinto degli animali e a manifestare pacificamente la propria contrarietà.