La Medicina Omeopatica nasce per una aspirazione e necessità etica del medico Samuel Hahnemann (1755- 1843). Egli ad un certo punto della propria carriera rifiutò il paradigma sintomatologico della medicina allopatica, di cui era stato un rappresentante molto stimato. Il suo rifiuto a proseguire la propria attività di allopata era conseguente alla consapevolezza di non poter curare e guarire i malati nella loro predisposizione cronica con la prassi allopatica. S. Hahnemann aveva osservato che la vera guarigione del malato non era possibile se il trattamento veniva mirato alla sola patologia, sia con mezzi esterni come pomate o unguenti, sia interni con sostanze farmacologiche. Osservò, attraverso lo studio di centinaia di biopatografie di malati, che l’apparente guarigione di un gruppo di sintomi, ottenuta con una terapia parcellare, soppressiva, palliativa, predisponeva l’organismo a nuove manifestazioni patologiche di peggiore gravità di quelle apparentemente “curate” in precedenza con il risultato di accelerare un disordine biologico. L’intuizione del metodo nacque quando gli fu chiesto di tradurre un’opera del Cullen sulla china del Perù.

Questo lavoro non interessa ad Hanemann poiché ritiene la china un veleno violento e sa che è un rimedio alla moda nell’epoca ma che i suoi effetti sono molto incerti. La china era stata importata dalla Spagna nel 1639 dal Perù, poi i Gesuiti ne avevano divulgato l’impiego. Hahnemann trovandosi in contrasto con il Cullen, che esalta questo rimedio, ha l’idea che per giudicare esattamente il valore della china si debba sperimentarla e controllarne l’effetto sull’uomo sano. La concezione Hahnemaniana della necessità di conoscere l’effetto che una sostanza medicinale può produrre in un individuo sano prima di studiare quello che la stessa sostanza produce sull’ammalato prende il via da un principio sicuro. Come si può attribuire il giusto valore di una sostanza se la si somministra ad esseri già ammalati nei quali inevitabilmente produrrà uno squilibrio e disordini?

Per determinare l’esatto peso di un corpo occorre una bilancia ben equilibrata e così, per determinare il peso terapeutico di una medicina occorre la bilancia di uno stato di salute ugualmente equilibrato. Questa la prima rivelazione di Hahnemann. Quindi, coraggiosamente ingurgita alte dosi di china, medicinale ancora poco noto e che lui stesso ha sempre ritenuto pericoloso, e si accorge che tale sostanza, la cui sola proprietà riconosciuta era quella di eliminare la febbre, ha invece il potere di dargliela. Ecco, dunque, che sotto l’effetto del chinino, l’uomo sano diviene febbricitante o, più precisamente, mostra sintomi analoghi a quelli della febbre intermittente. Ripete l’esperimento più e più volte e quindi non ha più dubbi: il suo stato febbrile si manifesta non appena prende la china e , appena ne cessa l’assunzione, la febbre scompare.

Hahnemann non riesce a capacitarsi di come, nonostante da molto tempo si parlasse di similitudine (già dai tempi di Ippocrate), non si fosse ancora pensato che potesse esistere una similitudine tra la malattia ed il rimedio della stessa. Così pian piano la legge di similitudine appare ai suoi occhi come la legge di ogni logica, la grande legge dell’armonia universale. Studiando Ippocrate, il più grande medico dell’antichità, ricorda di aver letto: “ I simili si guariscono con il simile, ciò che elimina la stranguria la produce quando questa non esiste”.

Dunque, Hahnemann scrive: “Per guarire una malattia bisogna somministrare all’individuo che ne è affetto un rimedio che gli provocherebbe, se fosse sano, la malattia che lo affligge”, l’Omeopatia è praticamente nata!

Prosegue quindi i suoi esperimenti con altre sostanze. Tutti i veleni sono sperimentati sull’individuo sano e poi somministrati secondo il principio di similitudine agli ammalati. Le guarigioni iniziano a verificarsi. Questo significa che il rimedio atto a guarire è quello che facilita la reazione dell’organismo, ossia il lavoro che questo compie da sé per ristabilire il proprio equilibrio di salute. La malattia non è che uno squilibrio dello stato di salute provocato da contingenze varie, come mancanza di igiene fisica e morale, abusi, imprudenze ecc. Hahnemann afferma in quel periodo. “ci sono dei malati, non delle malattie!”.

Proseguendo nei suoi esperimenti Hahnemann si rende conto che più diluisce e dinamizza le sostanze sperimentate più ne conserva il potere terapeutico perdendone la tossicità e così nascono le dosi infinitesimali, ovvero sostanze, tutte provenienti dal mondo naturale, ultra diluite e dinamizzate, di tali diluizioni si impregnano dei granuli di zucchero puro e si racchiudono in tubetti di vetro sulla cui etichetta si riporta il nome della tintura madre impiegata e della diluizione ottenuta.

Fatta questa premessa fondamentale per comprendere i principi alla base della Medicina Omeopatica ovvero: similitudine, diluizione, dinamizzazione e sperimentazione sull’uomo sano appare evidente una fortissima contraddizione tra Omeopatia e doping.

Cos’è il doping?

Doping è “la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti."

Quale dovrebbe essere il ruolo di noi Medici Veterinari per dovere deontologico e di tutti i professionisti del settore? La massima aspirazione dovrebbe essere quella di riuscire a far esprimere “l’individuo” cavallo al massimo delle sue potenzialità mettendolo nelle condizioni naturali di farlo. Dunque, eliminando prima di tutto gli errori di “igiene” ovvero quelli alimentari, di gestione, avvicinandosi quanto più è possibile alla sua etologia, troppo spesso interamente snaturata, ed interpretando al meglio l’unicità di ogni individuo si riesce sicuramente ad ottenere la massima espressione della potenzialità di ogni cavallo. Appare evidente che una 500 non diventerà mai una Ferrari ma è molto più onesto riuscire a riconoscere in primis quali siano le reali potenzialità dei singoli individui messi nella migliore capacità di esprimersi. Ed è qui che la Medicina

Omeopatica può esserci di grande aiuto perché il rimedio omeopatico ben scelto in base alla totalità dei sintomi, dando particolare importanza alle caratteristiche mentali di ciascun individuo, lavora in sinergia con l’energia vitale, con la Vis Medicatrix Naturae, la più potente legge universale di guarigione, nel riequilibrare l’omeostasi di ogni organismo consentendogli di esprimersi al meglio. Individuare, quindi, il rimedio omeopatico che caratterizza l’individuo nella sua totalità rappresenta la massima espressione di quanto possiamo ottenere con la Medicina Omeopatica. Tuttavia, il rimedio omeopatico può esserci d’aiuto anche nella gestione dell’acuto, quindi del dolore, dell’ansia, della paura ecc., in particolare queste ultime due condizioni molto spesso impediscono ai cavalli di esprimersi al meglio delle loro potenzialità perché l’emotività prende il sopravvento, in questi casi il rimedio omeopatico ben scelto, sempre nel rispetto del principio di similitudine, può, anche in pochissimi minuti, spingere l’organismo a ritrovare uno stato di equilibrio o comunque ridurre sensibilmente il disequilibrio.

E’ fondamentale mettere al centro la figura del Medico Veterinario nella scelta e nella prescrizione del rimedio omeopatico, che è regolarmente registrato come farmaco all’Aifa, secondo quanto definito dal codice deontologico ed è importante rispettare quanto sancito dalla conferenza Stato Regioni del 7 febbraio 2013, ovvero che risulti necessaria la certificazione di qualità nella formazione in Medicina Omeopatica ai fini di qualificare i professionisti che esercitano tale attività che resta comunque riservata alla competenza individuata dall’ordinamento statale ai medici veterinari.

Bisogna sottolineare che mentre il regolamento FEI non pone nessuna restrizione alla somministrazione dei prodotti omeopatici (anche iniettabili) durante le competizioni, il regolamento del trotto e del galoppo prevede che il giorno della corsa in ippodromo non venga somministrata alcuna sostanza neanche per via orale, dunque, pur essendo il rimedio omeopatico privo di qualsiasi residuo, non ne è ammesso l’uso in ippodromo il giorno della corsa.

Ritengo, in conclusione, che sia fondamentale riflettere su quanto generosi siano i cavalli se consideriamo che in moltissimi casi si parte da errori di gestione molto grossolani e che la sola correzione degli stessi, tenendo conto della fisiologia e della etologia, basterebbe ad evitare moltissimi trattamenti farmacologici.

Esiste una spiccata individualità di ogni atleta che dovrebbe essere ben compresa, rispettata, esaltata, mettendolo nelle migliori condizioni di esprimersi. Questa dovrebbe essere la vera “arte” di noi professionisti impiegati nel settore e sicuramente la Medicina Omeopatica rappresenta un approccio etico e rispettoso di quelle che sono le enormi potenzialità dei nostri amati atleti!