Riflessioni dal punto di vista giuridico

L'art. 544 quinquies del codice penale al primo comma recita: "Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro."

E' evidente, anche solo da una prima lettura dell'articolo, che gli elementi fondamentali perché si configuri il reato in oggetto e che devono coesistere insieme sono:

- la mancanza dell'autorizzazione alla gara;

- il pericolo per l'integrità fisica dell'animale.

Mentre il primo elemento è facilmente individuabile, poiché meramente formale e quindi facilmente riscontrabile, il secondo è più difficile da verificare.

A tal proposito la Suprema Corte ha stabilito che questo requisito, e cioè il pericolo per l'integrità fisica va valutato "in concreto sulla base di un criterio "ex ante" in relazione sia alle peculiarità della gara, sia alle complessive condizioni in cui essa si svolge, con particolare riguardo, oltreché alle circostanze di tempo e di luogo, alle caratteristiche strutturali dell'impianto ed alla presenza di servizi atti a prevenire o comunque diminuire il rischio di pregiudizio per gli animali che vi prendono parte." (Cassazione penale sez. III  07 maggio 2015 n. 42434).

Si tratta, comunque, di reato di pericolo, in quanto non è necessaria una effettiva lesione dell'integrità fisica dell'animale: in questo modo l'ordinamento ha inteso anticipare la soglia di protezione data, perché è punito anche solo il fatto di aver messo in pericolo l'animale e non è necessario che si realizzi la effettiva lesione fisica.

I principali destinatari della punizione sono coloro che promuovono, organizzano o dirigono queste competizioni, quindi tutti quelli che partecipano attivamente al reato. Ma il terzo comma dello stesso articolo specifica che anche il proprietario e i detentori degli animali impiegati sono puniti, se consentono alla gara.

I meri partecipi alla gara, se non hanno contribuito alla sua realizzazione, non saranno punibili dal punto di vista della norma penale.

Anche chi, seppur non presente sul luogo del reato e al di fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

E' evidente che le corse clandestine ritrovino, quasi sempre, la loro matrice nei proventi forniti dalle scommesse effettuate sulle gare.

Spesso queste competizioni vietate fanno parte del business della cosiddetta zoomafia, cioè quell'ambito della criminalità organizzata che nello sfruttamento criminale degli animali ha uno dei suoi profitti, oltre ad utilizzarlo come controllo del territorio e sociale: quasi sempre si aggiunge, in concorso, al delitto di "corse clandestine" anche quello di maltrattamento - sia sotto il profilo delle vere e proprie lesioni fisiche e non - sevizie - comportamenti non sopportabili sia (art. 544 ter, primo comma) - sia sotto il profilo del doping (art. 544 ter, secondo comma) e cioè della somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate: l'associazione a delinquere finalizzata all’organizzazione di corse clandestine di cavalli e di maltrattamenti di animali, spesso si realizza nella sottoposizione degli equini ad addestramenti massacranti, nella somministrazione di farmaci finalizzati al potenziamento muscolare ed in generale all’incremento delle prestazioni fisiche degli animali, ed infine nella stessa partecipazione dei quadrupedi alle gare illecite, obbligando gli animali a correre in condizioni non confacenti alle loro caratteristiche etologiche in modo da metterne in pericolo l’incolumità.

Naturalmente non è solo in questo ambito che esistono le competizioni punite dal codice penale, come dimostra anche la Sentenza della Suprema Corte suindicata, con la quale si condannava definitivamente l'imputato per aver partecipato con il proprio cavallo ad una competizione non autorizzata, ritenuta pericolosa per l'assenza della delimitazione della pista, il difetto di agibilità dell'ippodromo e la mancanza di un presidio medico e di un servizio veterinario.