Non si accasciano solo i cavalli dei vetturini di Piazza o villa storica (si pensi al cavallo morto alla Reggia di Caserta, caduto a terra d'improvviso, per un malore), non muoiono solo i cavalli in corsa negli ippodromi, non succede solo alla Giostra di cantone che un cavallo perda la vita mentre è impiegato in uno spettacolo, può capitare anche al Global che una cavalla dell'esercito italiano, impiegata come performer per caroselli di rievocazione storica, sia stroncata in campo da malore.
Quello che cambia sono le reazioni.
Lacrime e incredulità al Circo Massimo, dove il Carosello dei Lancieri di Montebello andato in scena a margine della prima giornata del Global Champions Tour, giovedì 16 settembre 2021, è stato sospeso a causa della morte di una cavalla. Durante la simulazione di carica della giostra di rievocazione storica, l'animale si è accasciato, sovrastando l'amazzone, che è stata subito portata via con l'ambulanza.
Mentre i Lancieri lasciavano il campo nel silenzio delle tribune, la cavalla è stata raggiunta dal van veterinario dei Carabinieri che l'ha portata via dopo aver constatato il decesso. Mentre il mezzo si allontanava, gli spettatori in tribuna hanno applaudito l'ultimo giro d'onore dell'animale.
Molto diversa sarebbe stata la reazione se la cavalla, accasciandosi nello stesso identico modo, anziché al Global, di proprietà dei Lancieri di Montebello, dunque dell'esercito italiano, fosse stata una cavalla di proprietà di un poveretto qualunque, impiegata magari negli attacchi turistici. Lì si sarebbe scatenato l'inferno, con richiesta di abolizione del servizio o spettacolo, e messa alla gogna mediatica del proprietario dell'animale, additato come maltrattatore. Il reinvio a giudizio sarebbe stato pressoché certo, come anche l'assoluzione da parte del magistrato, perché non ci possono essere per legge due pesi e due misure.
Conclusione
Questa panoramica del fenomeno delle discriminazioni, che finisce per colpire sempre i più deboli, i più poveri e i più marginali, oppure chi non ha voce per difendersi, mostra come le basi psicologiche e sociali del pregiudizio basato su stereotipi, siano profondamente radicate nei nostri modi «normali» di pensare e di comportarci. Tutti questi meccanismi, ossia categorizzazione sociale, stereotipi e meccanismo di favoritismo per l’endogruppo (quello cui si sente di appartenere o il ceto dominante), anche se appresi culturalmente, sono stati sviluppati per sopravvivere in un mondo ostile fatto di precarietà, dove l'odio per l' esogruppo (coloro che si percepiscono come diversi, altro) è fomentato dall'istinto di sopravvivenza, o dalla necessità di ergersi superiori abbassando l'altro, se non ci sono dei motivi reali per farlo, allora tramite l'assunzione di pretesti, ed è facile intuire come costituisca le basi del razzismo.
Triste è che questo razzismo e le discriminazioni su di esso costruite siano così diffuse nel mondo del cavallo, da non lasciar percepire come gli effetti impliciti possano finire per danneggiare chi avrebbe bisogno di più tutela (gli animali), senza fornire strumenti utili per l'avanzamento della tutela giuridica (o tecnica/sportiva) degli stessi, visto che le norme non possono basarsi su criteri soggettivi, tipo i pregiudizi, e nella situazione attuale lasciano i cavalli alla mercé dell'opinione, o di provvedimenti iniqui, poi annullati dalla magistratura, tra intoccabili e discriminati, dove sconfitto è anche il cavallo, ancora oggetto e non soggetto nella nostra giurisprudenza.