Quando si leggono i reportage delle fiere equestri di pieno di visitatori, operatori, gare, eventi, non si sa se ridere o piangere. Cosa celebrano? Hanno contezza dei problemi irrisolti che si accumulano? Certo non è il loro ruolo risolvere... ma non offrono neanche momenti di riflessione vera sulle riforme strutturali da fare.
 
Non si era mai vista in precedenza un'estate con così tante morti e abbandoni di cavalli e segnalazioni di incuria, offerte di cavalli in regalo (per togliersene il peso economico).
 
Ci sono poi i fuoriusciti, allontanati, appiedati, quelli che hanno perso i cavalli, e il lavoro nel mondo dei cavalli, quelli che hanno avuto figli o cavalli abusati, i delusi, che ogni giorno rinfacciano la loro rabbia antisistema sui social e la mancanza di fiducia nelle istituzioni che gestiscono la filiera.
 
Sarà l'esito della crisi economica di lunga durata, aggravata da pandemie, guerre, siccità, rialzo del prezzo del grano e speculazione. Sarà l'esito di una classe media che perde parte del suo potere d'acquisto e di investimento e si imbruttisce cercando di sopravvivere come può.
 
Di certo i costi di stabulazione per l'utente medio dei cavalli non si sono alzati sufficientemente per stare dietro alle spese, oggi, di gestione responsabile degli equini da parte dei proprietari di scuderie. Da cui abbiamo groom e artieri non messi in regola con tutti i crismi e privi di uno stipendio dignitoso. Per contro è pieno sui social di appelli per ricerca di personale di scuderia, oramai introvabile. Come è pieno di clienti irresponsabili che non pagano le rette ai loro equini. Eppure non si rialzano i prezzi di stabulazione di base, benché sarebbe necessario per dare più dignità al settore con la sostenibilità.
 
Se un maneggio guadagnasse a sufficienza, non dovrebbe allontantanare in modo irresponsabile i cavalli in esubero. Né negherebbe i pasti ai cavalli di clienti insolventi per ritrovarsi denunce di maltrattamento.
 
Questo sistema di gestione delle cose, con i suoi ritardi strutturali al cambiamento, non funziona. Anziché rassegnazione allo status quo, occorrerebbe cambiare le cose. I cavalli sono animali bellissimi, meriterebbero azioni mirate di riforma del sistema per valorizzare meglio il loro ruolo nella vita degli italiani. Si possono amare i cavalli anche senza possederne o cavalcarne uno. E questo è tutto un settore inesplorato di investimento che potrebbe aprire ad un turismo verde e responsabile, creando case pubbliche per equini in esubero, sotto forma di oasi finanziate.
 
Il cavallo non è solo agonismo, corse, concorsi, carrozze e lavoro. Un cavallo è bello perché è un cavallo, non per il suo impiego in umana. Se si risolve, almeno in parte, questo problema del mantenimento dei cavalli in esubero, non macellabili, forse si ritrova l'energia per mutare il destino infausto di molta parte della filiera nella percezione pubblica.
 
Questo è un nodo etico fondamentale, non accessorio. Non dpa non basta. Servono le soluzioni valoriali perché il mondo del cavallo non si imbruttisca nella sopravvivenza del più forte.