I cavalli da corsa sono animali magnifici, che alle volte vengono maltrattati in modo orribile. Sono l'elemento chiave in un'industria, ma non sono tutelati nel loro lavoro.
L'addestramento precoce
L'addestramento inizia prima che gli animali siano completamente cresciuti. Una volta che hanno pochi giorni di vita, i puledri vengono spesso gestiti dagli umani per abituarli al contatto e per iniziare il processo di insegnamento di chi è il capo.
A circa 18 mesi devono già imparare a correre, il che significa addestrare l'animale in modo che accetti il sulky. Alcuni allenatori lo fanno delicatamente, mentre altri sono brutali. L'omertà regna sovrana a coprire chi si macchia di questi approcci approssimativi all'educazione dei cavalli.
Mentre all'estero casi sono emersi non solo alla cronaca, ma anche alla giustizia, in Italia si è conosciuta solo questa settimana la prima denuncia penale per maltrattamento di cavallo da corsa durante l'allenamento.
Per quanto riguarda l'Italia, solo i controlli nei centri allenamento possono evolvere la tutela. Chi volesse denunciare è infatti minacciato e intimidito. Per chi è nel sistema, denunciare è pressoché impossibile, perché la persona diventerebbe oggetto di mobbing e ritorsioni.
A raccontarcelo diversi operatori. I più non hanno coraggio di parlare (se non come commentazione ad articoli altrui su facebook), perché si sentono potenziali vittime di mobbing e ritorsioni, se solo provassero a fiatare formalmente in difesa dei cavalli. Chi sa e non parla è complice del sistema.
Speriamo che qualcuno prenda coraggio, che l'Italia non sia solo un popolo di omertosi che hanno paura anche delle proprie ombre, in modo che il cambiamento sia possibile. Questa settimana la prima denuncia penale (di cui noi si sia a conoscenza) alle autorità territoriali per percosse su un cavallo in allenamento. A farla una donna di anni 74. Grazie a lei, un vaso di Pandora si potrebbe aprire.
L'eroe è colui che, di propria iniziativa e libero da qualsiasi vincolo, compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune.
Lesioni da addestramento
Il problema inizia con il programma di allenamento. I cavalli da corsa nel trotto pesano in media 450 kg. Gli animali vengono addestrati a correre a velocità, vengono loro somministrati intrugli per potenziare la performance, non sentire il dolore o la fatica, dare il massimo anche contro il proprio legittimo interesse alla salvaguardia della vita e della salute. I cavalli che provano a ribellarsi, spesso vengono brutalizzati con manganelli, calci e pugni.
Le cause più frequenti di perdita di salute (e vita) riguardano gastriti, coliche, fratture, infarti che sono l'esito di un allenamento esasperato, senza pietà per gli animali.
La maggior parte delle persone dà la colpa degli infortuni a buche nella pista. Ma i problemi di pista sono solo una parte dell'equazione e l'industria deve dare un'occhiata più da vicino alle sue pratiche di allenamento e ai farmaci che possono essere somministrati ai cavalli per potenziare la velocità.
I cavalli da corsa sono spesso drogati
Gli addestratori non etici ricorrono spesso a potenziatori per obbligare i cavalli a correre più velocemente. Molti dei trattamenti somministrati, tra diuretici, inibitori del dolore e della fatica, vasodilatatori e altro, non seguono un trattamento medico, sono somministrati in auto prescrizione, benché si tratti a tutti gli effetti di atti medici. Basterebbe una telecamera nelle scuderie per rendere illegali molte di queste pratiche. E anche esami anti doping effettuati fuori dalle corse vere e proprie.
Cavalli picchiati
Punizioni corporali per i cavalli che cercano di ribellarsi sono frequenti. Purtroppo tollerate. Si tratta di pratiche di maltrattamento e abuso, che invece dovrebbero essere denunciate.
Il caso del Breda di Padova
Un'ex allevatrice di cavalli da corsa, di anni 74, senza più nulla da perdere, in quanto non alleva più cavalli, ha sollevato l'attenzione del mondo del trotto sul caso di un cavallo che ha fatto nascere, e che è stato picchiato brutalmente in scuderia secondo quanto la stessa riporta in una denuncia del 20 agosto 2020 presentata ad asl veterinaria e carabinieri del territorio.
Il cavallo, un sei anni, non vince. Che senso avrebbe picchiarlo? Un cavallo brutalizzato può vincere di più? Ma quando mai. Solo un cavallo che gode di ferrea autostima è in grado di dare il meglio di sé.
La giustizia sportiva ippica
Esiste una simile cosa? Non se ne sa nulla. Non c'è responsività. Non è possibile leggere le sentenze, per una ipotetica privacy che in per le discipline sotto il CONI non esiste, come non esiste la predetta privacy che corse di cavalli disputate in paesi esteri, dove della trasparenza e della punizione di eventuali colpevoli di maltrattamento animale si fa una colonna portante della sostenibilità etica della filiera.