Nel pomeriggio di domenica 29 gennaio, ultima giornata di caccia al cinghiale, si erano susseguite segnalazioni di un cavallo morto in un fosso e una cavalla, a pochi metri, viva con ferite sanguinanti, in un bosco in prossimità della Statale 586 a Borzonasca, dove vivono i cavalli reinselvatichiti dell'Aveto.

L’intervento dei vigili del fuoco nulla ha potuto fare per la cavalla ferita. Mentre nessun riscontro è arrivato dal veterinario reperibile della asl 4 allertato da più persone tramite il 118.

Nel tardo pomeriggio, vista l’assenza di soccorsi adeguati pubblici, i volontari di Rewild Liguria avevano allertato la d.ssa Canepa, veterinario equino libero professionista che si era resa disponibile ad intervenire nelle emergenze e si recavano sul posto. La situazione era apparsa compromessa, tanto che è stata fatta l'eutanasia alla cavalla.

Si era ipotizzato che il cavallo morto nel fosso e la cavalla ferita e poi abbattuta, fossero il risultato di colpi di arma da fuoco sparati dai cacciatori durante la caccia al cinghiale.

I risultati dell'autopsia però non concordano con lesioni da arma da fuoco.

Nel mentre, fallito il progetto di catturare i cavalli e metterli in un recinto, perché i concessionari dei beni frazionali su cui insistono i cavalli selvatici dell'Aveto rifiutano di cedere i propri terreni per creare "l'oasi" che metterebbe fine ai problemi dei cavalli che scendono in strada, con i pericoli annessi.

Questi cavalli vivono liberi da circa 20 anni nelle valli di Borzonasca, in Liguria, su terreni frazionali dati in concessione a privati e aziende agricole per coltivazioni, allevamento, legname e altri scopi simili, in un'area di circa 40 km quadrati.

I cavalli costituiscono un’attrattiva turistica da 13 anni a questa parte, un prezioso soggetto per tanti fotografi e ducumentaristi. In loco, invece, c’è chi vorrebbe questi cavalli, oggi liberi, chiusi in recinto o avviati al macello perché costoro temono che possano provocare incidenti o rovinare le coltivazioni.