Da tempo continua ad essere in vendita l'Ippodromo V.S. Breda di Padova, ogni asta giudiziaria al ribasso. Faceva parte di una Fondazione, la Breda, in via di liquidazione, cui apparteneva l'ippodromo, oltre a varie attività di pubblica assistenza.
La Fondazione deve il suo nome a Vincenzo Stefano Breda che fu Senatore del Regno d'Italia, appassionato di cavalli. Alla sua morte la Fondazione è stata gestita male, tanto che i gestori sono stati accusati di corruzione, turbativa d'asta, falso ideologico e frode. Da cui lo smantellamento della proprietà, venduta in più lotti e a più riprese per far fronte ai debiti e ai creditori.
L'ippodromo si stende su mq 12.397 insistenti su un'area di mq 141.939, ed è "occupato senza titolo" da anni. Ovvero, anziché rimanere chiuso in attesa di vendita, viene concessa una proroga annuale all'attuale gestione del Gruppo Coppiello perché l'attività di corse di cavalli possa andare avanti, nel mentre che l'impianto è in asta giudiziaria.
Dopo il flop di quelle precedenti, è stata indicata una quinta data per la vendita dell'Ippodromo a giugno 2022, e questa volta la base di asta è poco più di 2 milioni di euro. Una cifra decisamente bassa se l'ippica rendesse ancora qualcosa. Il fatto che ogni asta vada deserta, è invece indice di come la crisi sia profonda.
In generale, è preoccupante tutta la situazione dell'ippica italiana, con sempre meno fondi, incentivi e appassionati a seguire le corse, mentre tarda a decollare una riforma di sostanza annunciata da anni, ma mai posta in essere dai politici che si sono susseguiti alla guida del Mipaaf.
Il tutto mentre ha chiuso nel 2022 un altro ippodromo, quello di San Giovanni Teatino in Abruzzo. L’impianto era amministrato dalla società "Il Casalone", che gestiva l'ippodromo di Grosseto, anche quello chiuso definitivamente qualche anno fa.
Rimangono 18 ippodromi in Italia di trotto, dopo che diversi hanno chiuso per mancanza di convenienza a rimanere aperti, mentre continuano a proliferare le corse clandestine su strada, pur responsabili come sono della decadenza di prestigio dell'ippica corsa su piste autorizzate.
Perdura dunque la crisi morale dell'ippica, tra record europeo di dopatori in pista, penalità tra le più basse in Europa per chi non rispetta i cavalli e minacce di abbandono da parte di allenatori in cerca di un impiego "alternativo", perché correre non è più sostenibile per chi vorrebbe farlo in modo "pulito" e ottenere i premi vinti correttamente in tempi rapidi, anziché con i ritardi cronici di pagamento della pubblica amministrazione.
In conclusione, l'ippica italiana pare avviata da anni a un lento ma inarrestabile declino, dove a fare più pena sono i cavalli, gli unici irresponsabili per la situazione incresciosa in cui versa l'ippica nostrana.