Si tratta di un'espressione gergale che significa furto con riscatto.
Ovvero soldi in cambio della restituzione di ciò che è stato rubato. Tecnicamente un’estorsione che viene messa in pratica dai ladri o da chi è venuto in possesso di un bene che è stato rubato (una borsa, un cellulare, uno scooter, un’auto e perfino un cavallo) e si mette in contatto con il proprietario per ottenere denaro in cambio della restituzione.
Uno dei tanti modi gergali con cui in Italia si accosta il possesso di cavalli alla criminalità, per un settore, quello dell'industria equestre, che fatica a divincolarsi dall'illegalità che per sufficiente tempo lo ha caratterizzato tanto da lasciarne espressione gergale dispregiativa nel linguaggio comune.
Più specifico, nel gergo della malavita:
cavallo mafioso = scagnozzo vigoroso
maneggio = raggiro
briglia muta = costrizione a non parlare
biffa = da beef in inglese, nel linguaggio mafioso carne di cavallo
ferru = ferro di cavallo, nel linguaggio mafioso la pistola
accavallato = lett. “mettersi a cavallo”, ovvero raggiungere una posizione di prestigio, come chi sta a cavallo e può guardare dall’alto. Nel gergo mafioso va inteso nel senso di “armato”, il cavallo è l’arma da fuoco in genere
galoppino = “spacciatore di droga”
varie accezioni per la voce cavallo = complice, colui che, nell’organizzazione delle scommesse clandestine, spaccia il foglietto con le giocate
scavallato = “l’uomo che si dà al bel tempo”
darsi all'ippica = essere dei buoni a nulla
coperte di cavallo = lenzuola e indumenti che il detenuto si porta dietro trasferendosi da una cella all’altra
cavalla = vettura o imbarcazione usati per il trasporto della merce rubata
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