Jean-Louis André Théodore Géricault (1791-1824) è senza dubbio tra i più appassionati cultori dell’espressione romantica nella pittura equestre.
Li dipinse in ogni modo, imbizzarriti in battaglia, in corsa, al passo, sereni, addirittura in fila, di spalle nella stalla.
Anche grazie a Gericault nel XVII° secolo il Cavallo divenne protagonista nella pittura, non tanto come semplice mezzo di trasporto, quando non piedistallo atto ad esaltare ritratti di nobili e re, quanto come esempio di fierezza, bellezza, spirito combattivo di per sé sufficiente ad essere usato come soggetto di opere.
Gericault, si servì della possenza di questo splendido animale per amplificare figure divenute storiche, ma la sua passione per il cavallo non si esaurì qui, anzi, la sua animata voglia descrittiva si concretizzò in una quantità notevole di studi ad olio.
Mentre il suo contemporaneo Delacroix, ammiratore dello splendido animale, ne incastonava a suon di pennellate le movenze e i riflessi del pelo lucido negli sfondi e fra i personaggi, ne esaltava il movimento e ne faceva motivo trascinante di intere opere, Gericault ne dava una versione spesso statica, stilisticamente più pulita, sobria, ovviamente elegante ma che non concedeva nessun turbamento nel disegno, nessuna contaminazione cromatica ad alterare la perfezione del dettaglio, della figura.
Impenetrabili alle influenze dello sfondo, al turbinio che forse richiederebbe la loro mescolanza cromatica o di assetto pittorico, i cavalli di Gericault anche quando si imbizzarriscono, si mantengono rigorosamente all’interno della loro ben modellata e muscolare figura, di un contorno netto, avvicinandosi all’effetto di una statua, forse non tanto quanto lo stupendo, pietrificato Napoleone di Jacques-Louis David (1748-1825), ma incamminandosi sulla stessa via.
Perfino nella corsa, nell’attimo in cui sul prato quasi volano, Gericault li dipinge nitidi, figure intoccabili, come rapiti da un improbabile obbiettivo fotografico ad alta definizione, con diaframma regolato sull’apertura a breve periodo.
Certo più rilassanti sono i suoi cavalli nella stalla, dove invece stranamente gli arti slanciati, le cosce sode, si concedono quella contaminazione pittorica, quella partecipazione concupiscente con gli sfondi, quasi a voler condividere nella tranquillità dell’ambiente lo stesso ideale cromatico, in una comunione impossibile da ottenere nel frastuono affollato di altre tele.
Ma la vera svolta interpretativa dell’opera equestre in Gericault, la troviamo nei tre quadri del 1817, “Corsa Dei Cavalli Berberi A Roma”, “Corsa Di Cavalli Selvatici” e “Corsa Dei Cavalli Ribelli”.
I tre dipinti ad olio di non grande formato (45×60 cm circa) ci mostrano un Gericault ancora più statuario nella descrizione degli agitati movimenti dei cavalli. Le opere hanno tutti una anima possente, se ne avverte la fierezza, la forza emanata, frutto certo dell’impressione del soggetto sull’autore, mai come in questi quadri Gericault ha esaltato la potenza muscolare del cavallo.
Se si paragonano ai dipinti e agli studi precedenti, notiamo una pittura totalmente diversa, i cavalli risultano più statici e marcati nella definizione delle figure, interpretati in un modo pittorico che contrasta con i loro movimenti, invece nevrotici e scomposti. I Cavalli e gli stallieri sembrano in posa, congelati, cromaticamente autonomi e anche se Gericault, da grande pittore qual è, dona a queste pietrificate composizioni una eleganza e una capacità di forte attrattiva tonale, è evidente che degli studi fatti prima, c’è ben poco.
fonte: MAC ARTE