Alla mia età sono finita come quelle dive di Hollywood, non più giovani e in cerca di visibilità.

Non sono certo in cerca di visibilità io, al contrario! Sono solo “non più giovane”. Gli strani garbugli della vita hanno deciso di mettermi al fianco un tipo che non cercavo, che non mi aspettavo, che non era previsto. Le dive di Hollywood il toy-boy lo fiutano da lontano, prima di catturarlo, prima di irretirlo con la propria esperienza di donne famose e trasgressive, di femmine dai fisici di eterne statue. Per me non è stato così.

La prima volta che ho incrociato lo sguardo del Neghittoso, non avevo ancora capito quello che sarebbe successo. I suoi occhi colmi di una serena disperazione però, mi sono rimasti dentro, gridando il proprio dolore muto come solo i cavalli sanno fare.

Così, senza rendermene bene conto, ho cominciato a organizzare la sua adozione, a pianificare il futuro in vista del suo arrivo. Poi, finalmente, l’ho caricato sul trailer e lui, il Neghittoso, si è appropriato del mio cuore in maniera definitiva.

Prendersi carico di un toy-boy, pardon, di un puledro, quando si hanno due figlie da crescere, il lavoro, la campagna e un sacco di altre cose che rubano tempo non è semplice. Ma lui ha qualcosa dentro che ti fa sembrare il tutto meno complicato di quello che è, anche se a volte ti senti stremata.

Il Neghittoso è un rampollo di nobilissima famiglia medio orientale, caduto in disgrazia per non aver raggiunto i canoni ufficiali di bellezza standard che impone la sua linea egiziana, e che io non voglio neanche sapere. Per me è bellissimo e basta. L’insieme matematico e geometrico di linee, angoli, curve, convessità e concavità del suo corpo, per il precedente proprietario non valevano neanche la razione di biada, così aveva dimenticato il puledro in un box, dove l’inedia se lo stava portando via. Ed è stato ben felice di liberare quel box dal fantasma che conteneva, forse con un gesto di tardivo rimorso, vedendomi sconvolta nel contemplare il mucchio d’ossa ricoperto di pelliccia arruffata che era il Neghittoso prima di diventare il mio Neghittoso.

In confronto agli altri cavalli che hanno popolato la mia vita, il Neghittoso ha una bocca piccolissima. Eppure, con la grazia innata di quelli della sua stirpe, riesce a masticare una quantità impensabile di cibo, a una velocità da record. In effetti, c’è solo una parte di lui che si muove in maniera frenetica, ed è la bocca. Tutto il resto è lento, voluttuosamente rilassato in un temporeggiare quieto, incurante del tempo che fugge.

Da quando è arrivato a casa mia, non fa che mangiare. E crescere. E diventare sempre più bello.

Il suo essere puledro non ha nulla della gioiosa trivialità dei suoi colleghi mezzosangue, neppure della nevrile superiorità dei purosangue inglesi. Pondera ogni sguardo, ogni movimento, ogni sgroppata, ogni impennata, con sapienza carica di eleganza, in cui ogni forza è calibrata in modo da raggiungere il massimo effetto ottico, tale da lasciarti attonita, a bocca aperta. Sembra dirti: “Cara mia, io discendo direttamente dai cavalli più nobili che siano mai stati creati, da loro ho ereditato la mia classe, perdonami se ho l’autostima un po’ più gonfia rispetto ai cavalli plebei che hai frequentato finora, ma sono fatto così, cerca di abituarti in fretta.” E sospira, allargando le froge e puntando le orecchie aguzze verso un orizzonte lontano, in cui le palme sono nascoste dalle dune rosse del deserto e celano oasi fresche di acqua cristallina.

Troppo snob per abbandonarsi a galoppate frenetiche e irrazionali, allunga le zampe in un trotto calcolato, affondando gli zoccoli nella sabbia del maneggio con un gesto da principessa sul pisello. A volte mi concede una cartolina di perfezione: distende il collo sulle note di Tchaikovsky e osserva il mondo con occhi distanti, malinconici come le parole di una canzone d’amore.

Molti amici e conoscenti mi hanno presa in giro, perché un cavallo arabo non serve a niente. Non salta, nel dressage è tempo perso. Non mi importa. Mi basta vederlo, per ora, poi sono certa che diventerà un ottimo atleta.

Il Neghittoso è libero nel paddock. Si mette in posa con l’identico languore della Maya Desnuda e finge di non sentire la mia voce che lo incita a muoversi. Quando lo decide, si sposta con lentezza, ogni suo muscolo esprime un’indolenza superba e raffinata da autentico dandy.

Mi guarda, a volte e mi sorride con la consueta superiorità. Poi si scrolla gli insetti e io non esisto più. Il sole gioca con la seta del suo mantello e il vento scompiglia con garbo i suoi crini scuri e lunghissimi. Mi sembra un miracolo. Infine, con nonchalance, mi si avvicina. So cosa vuole, anche se finge di annusare un gatto. Così gli passo la mano sulla fronte e lui sembra fare le fusa come una tigre innamorata. Sì, è un piccolo miracolo. Ora vado a lavorare. Quando tornerò, il Neghittoso mi starà aspettando. Appena mi vedrà sarò accolta dal suo nitrito acuto. Raggiungerà la sua razione di fieno lentamente, come un boa che svolge con maestà le sue spire. Perché anche se ha appetito, un nobile come lui non lo dimostra. E quando deciderà che posso accarezzargli la fronte, allungherò la mano commossa da tanta generosità.

Non pensavo che un toy-boy fosse tanto complicato. Chissà a Hollywood come vanno le cose. Ma no, nessun umano potrà mai sfiorare il fascino del mio Neghittoso! Neanche i toy-boy più sexy delle attrici più audaci!


Racconto selezionato per Equi ti amo, edizione 2014, nell'ambito del concorso letterario Voci per i Cavalli di Horse Angels ODV.