Se i cavalli potessero parlare chiederebbero solo 3 cose:
1. Amici
2. Foraggio
3. Libertà
Se si fa la stessa richiesta alla maggioranza di proprietari di cavalli, rispondono:
1. Un box pulito e asciutto con la copertina d'inverno
2. Fieno, granaglie e integratori
3. Uscire dal box per il lavoro (gara, concorso, allenamento, trekking)
Dal punto di vista antropocentrico, sovrapporre i propri interessi ai bisogni del cavallo è tipico, ma non significa amarli.
Amare significa trovare i giusti equilibri tra i bisogni dell'altro e i propri. Il cavallo non ha alcun bisogno di essere sportivo, agonista, atleta, ippico o equituristico. Ha bisogno di movimento sì, ma tanto più lo può fare in libertà con altri equini, tanto meglio lo gradisce. Quindi può essere ok fargli fare sport, anche se non lo ha chiesto, ma ci vorrebbe reciprocità, riconoscimento dei bisogni etologici di specie, creando gli spazi e i modi perché il cavallo possa fare anche quanto lo aggrada di più, che non è lo sport per far vincere il proprietario.
Molti proprietari desiderano la felicità dei propri cavalli, ma in quanto a individurarne i bisogni, possono essere confusi, o bloccati dall'impossibilità di fare diversamente o mossi da scelte egoistiche, di guadagno o di risparmio economico, a discapito dell'animale.
Non si dovrebbe comperare o acquisire in altro modo un cavallo, se non si è in grado di garantirgli risposte adeguate ai suoi bisogni primari di animale da branco e da pascolo. Si vogliono eliminare, gradualmente, gli impieghi di animali nei circhi, negli zoo, nelle botticelle e via dicendo. Perché, il cavallo chiuso in box 24 ore al giorno, per uscire solo a comando per la prestazione agonistica o di lavoro, non è una situazione simil circo o simil zoo? Dove sarebbe la differenza, in che senso sarebbe migliore o più lecito che il cavallo esca solo per correre, concorrere o allenarsi per uno scopo egoistico umano, piuttosto che l'uscita dell'animale dal suo box nel circo, per allenamento, lavoro o spettacolo? E' ridicolo che, molti di coloro che vogliono eliminare certi impieghi degli animali, non fanno meglio di quei datori di lavoro con i propri.
Sicuramente c'è un fraintendimento, una incapacità di massa critica, perché tante persone non pensano con il proprio cervello, ma adeguano il pensiero a ciò che va di moda o che il mercato gli dice essere corretto. E' l'industria dell'indotto del cavallo che crea questi malintesi. Desidera che i proprietari percepiscano come importante per gli animali quello che fa comodo al massimo profitto, infischiandosene se può essere un danno per gli animali.
Un proprietario amorevole e coscienzioso dovrebbe riflettere su ciò che i cavalli vogliono, non su ciò che il comparto "produttivo" del cavallo vuole per far girare più soldi.
I cavalli in natura vivono solo in branco. Sono prede. Un cavallo solo non sarebbe in grado di sopravvivere. È di vitale importanza per i proprietari di cavalli capire che, anche il cavallo più coccolato o allevato in modo selettivo, conserva gli istinti e i bisogni specie specifici.
I cavalli hanno bisogno di altri cavalli e di mangiare erba (o fieno), punto. Per molti cavalli l'essere umano è solo un fardello e un carceriere, una fonte di stress e di dolore, un pericolo per la propria vita, tanto più che terminato il lavoro obbligatorio, c'è il rischio concreto di macellazione opportunistica, tale è il risvolto del tanto decantato amore per i cavalli nel comparto "produttivo" della filiera.
Le strutture tradizionali di detenzione dei cavalli, scuderie vecchio stampo che prevedono solo l'isolamento, ancora legali in Italia nel 2020 (sigh), sono progettate per ridurre al minimo il contatto fisico e / o visivo con altri cavalli. I cavalli escono solo a comando, con speroni, fruste, morso in bocca, altri strumenti di contenimento, per performare. Se non funzionano per le esigenze del proprietario vengono cambiati, questo può significare per i cavalli essere sacrificati al macello, checché dica il loro passaporto.
Se questo concetto fosse applicato ai cani, ci sarebbero i sit-in dei benpensanti davanti al Parlamento o davanti ai tribunali. Succede ai cavalli, anche a quelli non allevati per le carni, ma per lo sport e altre attività ludico ricreative, e per indolenza o incapacità di trovare soluzioni, si accetta il lato oscuro, seppure pone un rischio sanitario, perché quegli animali hanno fatto farmaci incompatibili con il destino della macellazione.
Ecco le false credenze, di comodo, con cui si giustifano scelte gestionali discutibili per il benessere psico-fisico degli equini:
- Isolandolo socialmente si eviterà che il cavallo si leghi eccessivamente ad altri cavalli, e quindi si ridurrà al minimo il problema di scarsa collaborazione nel lavoro.
- Isolando il cavallo, lo si terrà al riparo da lesioni o danni estetici subiti durante i giochi tra cavalli (la maggior parte delle lesioni invalidanti le provoca l'essere umano con l'accanimento agonistico o con il lavoro sbagliato, non il gioco tra cavalli).
- La convinzione - errata - che il cavallo non apprezzi la compagnia di altri cavalli.
- Il valore monetario o percepito del cavallo per cui va tenuto sotto chiave per proteggerlo.
- Così fan tutti.
Peggio ancora le scuse per darlo via al termine del suo sfruttamento per fini umani:
- Non mi serve più, non ne ho un uso, soffrirebbe non usato in box, abbandonato in maneggio.
Scordandosi, che è una scelta individuale (di cui quindi si è tenuti moralmente, economicamente e penalmente a essere responsabili) quella di prendersi un cavallo per uso ludico o sportivo, e di somministrargli di tutto senza curarsi del poi. Si deve sapere sin dall'inizio che quell'animale si può fare male, invecchierà, prima o poi ci si può stancare di utilizzarlo a fini ludici o sportivi, e quell'animale ha una durata di vita media oltre i 25 anni, ben più del tempo per il quale se ne può fare un uso "produttivo" per lo sport o per il lavoro.
Occorrerebbe prendersi un cavallo solo se si è disposti ad amarlo veramente, e quindi a prendersene cura anche nel suo interesse, non solo nel proprio, tenendo conto di quanto segue:
- I cavalli hanno bisogno di altri cavalli. Cavalli ben educati, che trascorrono tempo insieme in paddock, possono essere divisi per uscire al lavoro senza problemi, come dimostrano le esperienze positive delle stalle attive. Mentre isolare i cavalli può creare dei problemi comportamentali come ansia, stress cronico, vizi di stalla.
- Mentre i cavalli socialmente isolati non rischiano di ricevere morsi o calci, nella maggior parte dei casi le conseguenze dell'isolamento sono più dannose dal punto di visita fisico e psicologico rispetto alle piccole scaramucce che possono succedere tra cavalli che vivono stabilmente insieme. I cavalli devono avere la possibilità di formare legami di coppia ed esprimere normali comportamenti sociali come la cura reciproca, il gioco e semplicemente stare vicino ad altri cavalli. I cavalli trovano la compagnia degli altri equini più confortante e piacevole rispetto alla compagnia di esseri umani. I piccoli graffi subiti durante le interazioni sociali sono l'equivalente delle sbucciature al ginocchio di bambini che giocano. Si vorrebbe negare ai bambini la possibilità di giocare con gruppi di pari, solo per proteggerli dai lividi?
- Il cavallo che preferisce stare da solo è raro, può essere il risultato di una vita di cattiva gestione, abusi, isolamento sociale, che rendono il cavallo disequino, ovvero alieno da se stesso. Come quegli esseri umani che sono psicotici, ciò può avvenire anche tra i cavalli, ma è l'esito di una vita sbagliata che non si sono scelti, ma che hanno dovuto subire. Poi, ci può essere il discorso delle preferenze, simpatie ed antipatie, che ce li rende simili. La cosa più importante da comprendere è quella di lasciare la libertà di "scelta": avere la possibilità di stare vicino, di stare insieme, di giocare, di allontanarsi, di conoscersi con calma, di imparare a prendersi le misure, decidere chi aggrada e chi è antipatico, questo è importante per la vita sociale del cavallo e il suo benessere psico fisico. Nessun essere vivente privato completamente della possibilità di scelta può essere felice, tanto meno il cavallo, simbolo nella coscienza collettiva di una libertà di cui nella pratica di vita è spesso completamente privato.
- Anche i cavalli di valore economico elevato hanno bisogni psicologici da soddisfare. Se non è possibile metterli a diretto contatto con altri cavalli, va considerato il miglior compromesso, ovvero recinti confinanti che permettano non solo il libero sgambamento gran parte della giornata, ma il contatto visivo e possibilmente anche fisico con equini "vicini di casa".
- Così fan tutti è la peggiore delle scuse, se ci si trova allora in un gruppo di bulli che martorizzano qualcuno, ci si aggrega perché gli altri sono degli ignoranti e occorre emularli? Inoltre, così non fanno tutti. Al contrario, oggi come oggi sempre più persone, e strutture di alloggiamento, si fanno carico del rispetto delle più elementari regole etologiche per la gestione dei cavalli, per assicurare loro gli spazi dinamici necessari ad una vita socialmente gratificante.
Il riconoscimento, nel 2020, tramite Decreto dell'animale sportivo(link), ne garantisce, almeno sulla carta, la non macellabilità neppure a fine carriera. Diventa dunque ancora più importante privarsi dei cavalli, se non si è in grado di provvedere a loro come proprietari responsabili per tutto il corso della loro esistenza.
Conclusioni:
Il più bel regalo che si può fare a un cavallo, per Natale e non solo, è non prendersene alcuno se non si è in grado di amarlo per quello che è, un animale da branco e da stalla attiva, in benessere, fino a morte naturale.