Il primo manuale di allevamento e addestramento dei cavalli è stato datato dagli archeologi al 1350 a.C., scritto da un certo Kikkuli.

Kikkuli, di origine mitannica, aveva avuto l'incarico dal re degli Ittiti Suppiluliuma di stendere il trattato della cavalleria guerriera con i carri, con il quale intendeva assumere la supremazia in Anatolia.

Nel 1917 sono state ritrovate le tavolette in argilla, scritte in caratteri cuneiformi, che contenevano un testo di circa mille righe su allevamento e addestramento di cavalli. Il ritrovamento è stato fatto nella capitale ittita di Hattusha, vicino l'odierno villaggio turco chiamato Boğazkale.

Sorprendentemente, il suo lungo e dettagliato "libro" sui cavalli precede "Sull'equitazione" di Senofonte di un millennio ed è il primo e senza pari in tutto il mondo per la complessità di composizione.

Tuttavia, è un punto controverso finora che Kikkuli "abbia inventato" l'intero corpus di testo sui cavalli con i numerosi dettagli tecnici, o abbia compilato tale testo, come un qualsiasi "scrittore" appassionato del tema, magari su commissione, come trascrittore (alla pari della figura dell'antico scriba nell'Egitto dei Faraoni), sulla base delle abitudini prevalenti di allevamento di cavalli nelle popolazioni della Mesopotamia settentrionale.

Tradotte dalle antiche incisioni di Kikkuli sull'argilla e riscritte nella lingua “vernacolare” (parlata), le istruzioni consistono in "tutto sui cavalli": alimentazione, cura addestramento, toelettatura e molto altro. Il processo di addestramento, che comprende tutte le azioni di cui sopra in un ordine particolare, e accompagnato da tempi appropriati e accurati, sequenza di alimentazione e allenamento e durata dell'azione, continua, secondo Kikkuli, per almeno 184 giorni, per fare un buon cavallo da traino del carro.


Oltre al fatto che gli archeologi non sono certi che Kikkuli fosse addestratore di cavalli, o scrittore di cavalli, anche sulla sistemazione dei cavalli in box ci sono interpretazioni divergenti a seconda che il traduttore sia un appassionato di cavalli e di equitazione, o uno storico sugli ittiti che interpreta dalla lingua antica conoscendola.

Il fatto che Kikkuli scrivesse che la stabulazione servisse ad evitare che il cavallo si muovesse selvaggiamente, con tutto il pericolo per se stesso e per gli altri che ne sarebbe derivato, sembra, secondo Ahmet ÜNAL, storico dell'Università Ittita, in Turchia, e autore del testo "New Insight into the Nature and Iconography of the Hittite Horse Deity Pirwa", legato ad altro che alla stabulazione tipo necessaria per la serenità mentale del cavallo secondo lo stesso Kikkuli.

Le tavolette ittitie di Kikkuli infatti, farebbero riferimento a doppie stalle, quella del cavallo e quella del carro, ma il contesto in cui questo tipo di stabulazione del cavallo in "scatola stretta" per la sua serenità sarebbe descritto, parlando anche di altari sacrificali, sarebbe collegato al culto di Pirwa.

Di forma umana, Pirwa, alle volte descritto come maschile, più spesso femminile, era per gli ittiti la divinità dei cavalli legata alle montagne, dove si celebrava il suo culto. Pirwa stava in piedi sul dorso del cavallo, come un moderno circense.

L'abbinamento con le montagne potrebbe riflettere le più antiche reminiscenze preistoriche, quando il cavallo viveva ancora selvaggio nelle montagne turche. Pirwa tradotto significherebbe "equino selvatico" o delle montagne.

Tutti i riferimenti alla stabulazione del cavallo in una sorta di cavità stretta perché rimanesse calmo, pare, secondo lo studioso citato, che potessero essere riferiti ai sacrifici di cavallo alla divinità Pirwa, quindi all'equinocidio rituale.

Esistono tutt'ora usanze e tradizioni simili ad esempio in Cappadocia, dove nei villaggi rurali i contadini macellano i cavalli una volta all'anno in cima alla montagna, in una sorta di rito propiziatorio per la fertilità della fauna selvatica.

Del resto, antichi riti propiziatori con sacrificio di animali, inclusi i cavalli, all'epoca erano "normali". Meno normale, forse, che allora i cavalli fossero stabulati abitualmente in box chiusi, piccoli e stretti, per la loro "pace" mentale, come nella traduzione di appassionati equestri, alcuni dei quali arrivano a definire Kikkuli "il primo sussurratore di cavalli", quando quale fosse il ruolo esatto di Kikkuli, per cui era stato incaricato di scrivere le tavolette, ancora non è storicamente una certezza.

Questo a dimostrare come spesso la storia cambi, a seconda di chi la interpreta.