«No! le orecchie no!», esclamai. La disperazione che fino a quel momento ero riuscita a tenere sotto controllo era emersa prepotente quando, girandomi, avevo visto Alberto tirare le orecchie della mia cavalla.

«Andate via tutti! ci penso io !». Questo le avevo sempre promesso quando i suoi acciacchi le rendevano difficile la vita: «Ci penso io, non preoccuparti! piccola mia ….». Ora giaceva lì in terra, senza vita, ma io sapevo che non amava essere toccata alle orecchie!

Ero disperata, nemmeno negli ultimi mesi ero riuscita a proteggerla! Avrei voluto per lei una dipartita senza dolori, senza problemi, avrei voluto evitarle le perdita di dignità, avrei voluto che si addormentasse quando ancora non aveva provato il peggio.

Mi chiedevo se il mio desiderio non era invece vigliaccheria. Volevo poterla ricordare in forma, allegra, cavalla ancora forte... invece ora era un mucchietto di ... di qualcosa che non era nemmeno l’ombra di cio’ che era stata. Per mesi avevo chiamato il veterinario e poi avevo lasciato le cose così come stavano!

Ero impotente. Gli uomini dovevano caricarla per il suo ultimo viaggio. Tutti i miei progetti in fumo: avevo pensato di farla sdraiare sulla sua coperta per poterla agganciare e adagiare nel camion dolcemente, e invece quella mattina soleggiata si era coricata e non si era più alzata.

E così veniva tirata, spinta, strattonata, piegata e io impotente dovevo lasciar fare!

«Voglio andare con lei!». Ma il portellone si chiude e io non posso salire!

«Se ci sono io sta tranquilla! Di me si fida!», ribadii.

Povera! Ero arrivata in scuderia e lei era disperata, in due stavano cercando di tenerla a terra. Cercando di rialzarsi era caduta ed era già piena di escoriazioni. Solo la settimana precedente avevamo cucito un labbro per lo stesso motivo!

Mi sono avvicinata, ho mandato via tutti e lei si è calmata, mi ha fatto vedere dove aveva prurito, le ho fatto i suoi soliti massaggi. Ha sospirato. Mi è sembrato di leggere nei suoi occhi i pensieri, come se lei mi dicesse “Finalmente sei arrivata!”

Le ho sussurrato le solite parole: «Zitta, zitta ci penso io.» Quante volte in passato queste parole me le aveva dette lei!

«Si passa di qua! Ferma con quelle mani! Prendi la criniera e ti porto di là dall’ostacolo! Ci penso io!»

«Scusa Fova! Mi sono appoggiata alle redini!», le rispondevo per scusarmi.

«Non fa nulla!», mi diceva, «Ricordalo per la prossima volta!» 

E quando le dicevo: «Scusa Fova! Oggi sono troppo triste per portarti a correre! Vai da sola!»

«Vieni qui», mi rispondeva, «un pò di coccole faranno bene a te e a me!»

Quante volte avevo usato le tue spalle per piangere e quante volte ero ripartita dal tuo box rinforzata per affrontare strane storie, avventure troppo difficili che mai avrei pensato di riuscire a superare.

Ti avevo conosciuta nel pieno di una crisi depressiva dopo la nascita della mia seconda figlia.

Un periodo così buio della mia vita che, pensandoci ora, nemmeno mi sembra possibile esserci passata: niente piu’ energia, niente fiducia in me stessa, niente autostima e dovevo crescere una figlia adolescente e un’altra appena nata. Un marito capace solo a chiedere, chiedere cose che io non avevo per me, stessa figuriamoci per gli altri!

Ti avevo conosciuta quando anche tu stavi attraversando un brutto momento. Picchiata e usata per scaricare le frustrazioni e per rincorrere un’affermazione di cui non eri tu la custode. Un essere insensibile come ce ne sono tanti e non perchè uomo, ma solo perchè incapace.

Ti guardavo e il cuore mi andava ai trecento, tu mi guardavi e le vene ti uscivano dal collo!

Tu mi facevi paura e non ti ispiravo niente di meglio di ciò che ti era successo fino a quel momento!

Ti guardavo correre e impennarti, rimanevo paralizzata solo al pensiero di salirti in groppa!

Cosa mi avresti fatto! Poi mi sono resa conto che forse tu pensavi le stesse cose!

E’ stato con l’aiuto di un’amica, grande conoscitrice di cavalli, che mi ha fatto capire la tua natura, che ho imparato a stare con te!

Forse tu mi hai lasciato una possibilità e mi hai permesso di riscattare il genere umano.

Mi hai insegnato, per tutta la tua vita mi hai insegnato, che non finisce mai la capacità di amare, che la fiducia non viene mai a meno, né in se stessi né negli altri.

Piano piano, mi accorgevo che mi guardavi con curiosità, che mi seguivi tranquilla.

Piano piano, io stavo sempre più rilassata con te e ho imparato a lasciare fuori il mondo, ad ascoltare il mio e il tuo cuore!

Col tempo ho imparato anche a capire il mio e il tuo cuore fino al punto che insieme a te mi sentivo una cosa sola. Tu sei stata le mie zampe, io sono stata la tua voce!

E via insieme a correre nei campi, la tua criniera e i miei capelli al vento, e il mondo tutto dietro!

Mi hai portata in gara! Affontando tu stessa la situazione che ti aveva fatto male! Ma poi avevo l’impressione che ti piacesse. Orechie dritte, la padrona leggera sulla groppa. Io guardavo l’ostacolo e tu mi portavi oltre, oltre tutte le difficoltà immaginabili.

Poi abbiamo scoperto la campagna! Che meraviglia, ricordi quella volta nel bosco di Farrazzano? Ci siamo fermate ad osservare insieme, inebriate dalla sua bellezza, quel tappeto di fiori lilla che ricopriva il terreno! Siamo entrate in punta di zoccoli, senza calpestare i fiori, annusando l’aria profumata. Ho avuto l’impressione che perfino tu fossi affascinata da tanta bellezza!

E quella volta nel bosco di Scardavilla... Mi avevano spiegato la strada, siamo partite senza sapere cosa aspettarci.

Ci aspettava un’autostrada di erba! Quando l’hai vista hai portato i posteriori sotto e mi hai chiesto di poter galoppare! Galoppavi cosi’ forte da farmi venire i goccioloni agli occhi. Che emozione, facevo parte della natura, facevo parte di te! E tu mi portavi con te!

Quando cadevo ti fermavi e mi guardavi quasi dispiaciuta e stupita di vedermi giù. Mi lasciavi risalire e via, di nuovo al galoppo! Diciassette anni insieme. Tutti vissuti così. Insieme. In questo tempo io sono molto cambiata e lo devo a te.

Ora non riesco a togliermi l’immagine di te che te ne vai da sola e la fede non mi assiste nel pensarti volata in un paradiso speciale. Invano guardo il cielo e provo ad immaginare una grande prateria tutta per te.


L'autrice: Marzia Brigliadori è nata a Cesenatico nel 1958, dove tutt’ora risiede.

Racconto estratto dal concorso Equi-ti-amo del 2013 per Voci per i Cavalli.