Mentre oggi si cerca, in ogni modo, di far "recuperare" la reputazione ai cavalli, per diffonderne l'impiego e ostacolarne così "l'estinzione" a favore di mezzi di locomozione più affidabili, piuttosto che di sport più abbordabili, sforzandosi di mettere i cavalli sotto una luce positiva, per gli antichi i cavalli erano portatori di una punizione divina che precorre il giudizio universale.

Questo ad esempio il caso dei 4 cavalieri dell'Apocalisse, citati nel Vangelo di Giovanni, che simboleggiavano, nell'ordine, la conquista militare (cavallo bianco, cavaliere con arco), violenza e stragi (cavallo rosso, cavaliere con spada), carestia (cavallo nero, cavaliere con bilancia), morte e pestilenza (cavallo verde, cavaliere con falce).

Un tempo, quando ci si muoveva sulle lunghe distanze, o con carichi importanti, per chi se lo poteva permettere a cavallo, l'incidente era frequente e potenzialmente mortale.

Per migliaia di anni gli esseri umani hanno sofferto per dolorosi infortuni e sono morti in gran numero perché quello era il prezzo da pagare per il cavallo come mezzo di trasporto di merci e persone. Per migliaia di anni la morte in battaglia è venuta a cavallo.

Un tempo non si andava a cavallo per rettangoli in sabbia: le strade e i percorsi per andare a cavallo erano pieni di buche e di ostacoli posti da madre natura e difficilmente sanabili.

Cavalcare o muoversi in carrozza all'epoca presentava più pericoli di quanti ce ne siano oggi, dove i cavalli si muovono su percorsi per lo più abituali, per lo più costruiti ad hoc per i cavalli e per massimizzare l'incolumità di tutti.

Non solo, se si cadeva e ci si faceva male allora, non c'era la possibilità di raggiungere rapidamente, magari con l'elisoccorso, il più vicino ospedale, con tutte le conseguenze del caso di non poter avere cure immediate e gratuite.

Non stupisce dunque che anche la parola incubo, in inglese, sia associata ad una cavalla femmina che vien di notte, nightmare, l'unione della parola notte e giumenta, a indicare l'incubo di ogni timorato: una forza cioè dirompente e fuori dal controllo, come una cavalla spaventata o arrabbiata.

Sono infinite le rappresentazioni antiche di cavalli portatori di morte, perché la gente, figurativamente, associava il cavallo al pericolo.

A cavallo arrivavano anche i conquistatori per depredare i villaggi, uccideri i paesani, violentare le loro donne.

Il cavallo la sua cattiva reputazione se l'è conquistata, involontariamente, nei millenni, decimando quantità notevoli di umani.

Ancora oggi, il cavallo rappresenta lo sport più pericoloso sulla terra. Avranno da dirne i buonisti, ma in tutte le classifiche al mondo, fanno più morti i cavalli di alpinismo e scii messi insieme. L'equitazione e l'ippica rientrano tra gli sport estremi.

Non solo, se si escludono gli animali velenosi, portatori di malattie, inclusa la malaria, tanto per citarne una...   il più letale è il cavallo, seguito da squali e coccodrilli. Questo secondo la ricercatrice Ronelle Welton dell'università australiana di Melbourne, che ha fatto uno studio apposito sulla pericolosità degli animali nel 2013, computando i decessi nella sua nazione dal 2010 al 2013, dati di obitorio alla mano.

Questo dovrebbe indurci a non sottovalutare mai il cavallo, perché anche l'esemplare più placido e mansueto di tutti, spaventato improvvisamente, potrebbe perdere il controllo e darsi alla fuga dirompente, provocando, involontariamente, incidenti anche mortali.