In un numero sorprendentemente vario di culture, i cavalli sono associati alla morte e al potere. Non mancano suggestivi rituali che coinvolgono il sacrificio dei cavalli, o il ricongiungimento del proprietario e del cavallo in un pascolo dell'aldilà per sempre verde.
Questo è il caso di Ezir Kara, un cavallo di Tuva, una delle repubbliche della Federazione Russa. Si trova in Siberia centro-meridionale, lungo il confine con la Mongolia. Tuva è stata una repubblica indipendente, con il nome di Repubblica popolare di Tuva, dal 1921 fino all'annessione russa.
I tuviani, mongoli, sono un popolo di cavalli, e non hanno mai dimenticato le repressioni politiche e religiose che portarono all'annessione sovietica, ma vige localmente un clima di repressione e censura storica da parte dei russi, per le molte persone che persero la vita nelle purghe di Stalin.
Tra coloro che persero la vita, anche un cavallo, Ezir-Kara, il più veloce di Tuva, che vinse le gare ippiche tradizionali mongole con i cavalli dal 1934 al 1938.
Dopo che il proprietario del cavallo, Soyan Sandagmaa, fu accusato di attività antisovietiche, imprigionato e ucciso, la politica vietò a Ezir-Kara di continuare a correre e il cavallo fu ucciso, seguendo il destino del suo fantino.
Nel 1993, il villaggio Ak-Erik del distretto di Tes-Khemsky ha eretto un monumento per il cavallo Ezir-Kara, il cavallo più veloce nella storia di Tuva. Questo monumento è un simbolo della memoria delle vittime della repressione politica: sul monumento sono incisi i nomi di 23 vittime tuviane della repressione stalinista. Contemporaneamente, il nipote di Sandangmaa Soyan, lo scrittore e un giornalista Choodu Kara, scrisse la canzone qui riportata e iniziarono la tradizione dei festeggiamenti - chiamato festival dei pastori- per onorare il cavallo leggendario.
Per molti Tuviani l'eredità di Ezir-Kara rappresenta un tradimento etico degli umani nei confronti dei cavalli che è stato censurato dalla memoria nazionale e perpetuato come una forma di violenza ingiustificata sui più deboli. Il tradimento è vissuto nelle canzoni del folklore, come strumento per la catarsi e guarigione collettiva dai fatti che portarono alla morte del cavallo, che in molte canzoni si ricongiunge con il suo proprietario nei pascoli dell'aldilà.