Kiang è stato un cavallo amato che, a un certo punto, il proprietario ha deciso di affidare a terzi, perché non ne aveva più un uso pratico e pensava di regalargli una vita migliore permettendogli di essere ancora attivo in maneggio, una struttura gestita da persona conosciuta, che si era prodigata a promettere la cura migliore. Parole al vento!

Nel mondo del cavallo, per una sorta di deresponsabilizzazione collettiva, poche sono le persone che tengono i cavalli nella buona e cattiva sorte. Quando si tratta di ricevere gratis un equino, specialmente se può ancora lavorare, sono in tanti ad alzare la mano, ma quando si tratta poi di rispettare gli impegni, che il cavallo fosse stato comperato, avuto in regalo, adottato o preso in affidamento, il gruppo di responsabili si riduce di numero, fino a limitarsi a una minoranza.

Che fine fanno allora i cavalli? Cominciano a passare di mano in mano. Questa è la storia di Kiang, e come la sua di molti altri. Chi l'aveva preso, gratuitamente, promettendo che in caso di problemi avrebbe ricontattato il proprietario, non l'ha fatto. Quando non ha più potuto usare il cavallo per attività di reddito o di comodo, l'ha ceduto a un commerciante. Di lì a poco il cavallo è morto.

In queste situazioni, nel caso si desideri giustizia, cosa si può fare? Occorre innanzitutto rendersi conto che la legge italiana garantisce ampia "impunità di gregge" a chi si disfa dei cavalli a fine carriera. Non c'è alcuna normativa che obblighi le persone a tenersi un cavallo per sempre, nella buona e cattiva sorte, fino a morte naturale, se non leggi morali. Se tale normativa esistesse, i proprietari non potrebbero vendere o cedere in altro modo il loro equino a terzi, quale che sia la ragione per la cessione.

Alla pari di un oggetto, l'animale può anzi passare di mano infinite volte. La tracciabilità anagrafica è un fatto puramente amministrativo, neppure rafforzata da un regime di circolazione del cavallo. Se non rispettata, dà luogo a sanzione, ammesso che ci sia una denuncia e che gli operatori interessati del reato amministrativo abbiano interesse a perseguirlo anziché a condonarlo.

Se c'erano accordi diversi, che il cavallo preso non potesse essere ceduto a terzi, questi attengono alla sfera civile non penale. Quindi se l'accordo preso non è stato rispettato, si può tentare attraverso il ricorso ad un legale di ottenere il risarcimento per il mancato rispetto del contratto, posto di avere prova dell'accordo siglato e di essere i legali proprietari dell'animale.

L'ambito processo penale per il tradimento di fiducia (che sarebbe gratuito per il denunciante, a differenza del civile), è difficile che possa avere luogo, a meno che non si provino il maltrattamento o la macellazione abusiva, che vanno però a punire l'ultimo anello della catena, non chi aveva ricevuto il cavallo e l'ha dato via a sua volta, ma chi lo ha avuto per ultimo ed è colto in flagranza di reato.

Di solito però i cavalli spariscono e, niente cavallo, niente corpo del reato. Rimane il civile. In poche parole si è dato via un cavallo che non si poteva o voleva mantenere, ma si deve essere in grado di spendere migliaia di euro per un procedimento giudiziario il cui esito è incerto, sul rispetto di modulistica contrattuale di tipo privatistico. La maggior parte delle persone poi, dà via i cavalli senza alcun accordo scritto, quindi si preclude anche questa possibilità.

Tornando a Kiang, chi l'ha ricevuto gratis, pur non avendo l'animale in proprietà anagrafica, terminato il vantaggio di poterlo usare, l'ha dato a un commerciante e i proprietari hanno scoperto che, di lì a poco, Kiang è morto miseramente.

La storia di Kiang si differenzia da quella di altri cavalli affidati a terzi gratuitamente, con eccesso di fiducia nel prossimo, perché si è risaliti all'animale e il proprietario ha ottenuto il risarcimento.

Il tradimento è stato infine ammesso e chi l'ha compiuto ha anche accettato di pagare una cifra pari al valore del cavallo, senza bisogno di percorrere la strada onerosa del tribunale. Non essendo infatti il proprietario anagrafico, non poteva cedere l'animale a un commerciante. Su volontà dei proprietari di Kiang, la somma risarcitoria è stata devoluta ad associazioni animaliste.

Morale della storia: vendere, regalare, affidare o dare in adozione cavalli è un'attività ad alto rischio nel lungo termine per la salvaguardia dell'individuo cavallo dato via. Pochi sono coloro disposti a mantenere i cavalli come animali d'affezione: se non lavorano, non producono reddito, non divertono più, non sono più equitabili, non se ne ha più un uso, i più li danno via, e tra questi c'è chi è disposto a fare carte false pur di non continuare a mantenere il cavallo, non importa cosa costoro avessero promesso, o firmato in una scrittura privata. Se possono guadagnarci dando via il cavallo, non si fermeranno davanti a nulla, neppure alla macellazione abusiva, ma i più si accontenteranno di non dover più mantenere l'animale dandolo a chiunque possa portarlo via, e pochi si ricorderanno di aver preso l'impegno di avvisare, per eventuale diritto di prelazione, il cedente iniziale.

Speriamo che la storia di Kiang insegni che dare via il cavallo è intrinsecamente pericoloso perché l'umanità è fragile e opportunista. Se si vuole procedere lo stesso, e la persona che appariva fidata si rivela poi senza scrupoli, se non la si può colpire in altro modo, almeno si può chiederle di risarcire il danno, altrimenti questi individui continueranno a proliferare certi della propria impunità. E poco o tanto che sia la contravvenzione, bisogna almeno esigere quella per mancanza di tracciabilità, altrimenti il "che fine fanno i cavalli a termine carriera sportiva o lavorativa" rimarrà sempre l'onta che grava sul mondo del cavallo, con una deresponsabilizzazione generalizzata che non giova sulla reputazione della filiera.

Kiang riposa ora in pace, come la maggior parte dei cavalli alla dipartita, perché il cavallo è sempre innocente, non avendo potuto scegliere il proprio destino.

La vera bestia è l'essere umano che, pur potendo scegliere, ed elevarsi, decide di rimanere radicato al suolo e seguire solo l'opportunità - dimenticandosi che siamo nati per raggiungere il cielo, non per inabissarci nella profondità della terra -.