Una delle domande più difficili che spesso mi hanno rivolto nel corso degli anni, è stata quella di descrivere il mio sistema di “doma”.  Qualsiasi descrizione rischia di porre dei limiti e in un settore, quello di approccio con il cavallo da educare, che ha bisogno di costanti domande e di poche risposte fisse, in quanto la pratica deve potersi adattare al contesto e alla specificità dell'animale. Quella dell'addestratore di cavalli è una professione intellettuale, quando è vissuta con dignità e cognizione di causa, che impone costante aggiornamento e studio, flessibilità mentale e disposizione all'apprendimento permanente.

Mantenendo come punto fermo la mia convinzione che la flessibilità per adattarsi alla singolarità del cavallo sia fondamentale, il mio approccio tende a differenziarsi da altri per la progressione diversa rispetto ai 3 passaggi di base descritti qui sotto. 

In sintesi, la doma puà essere schematizzata in tre passaggi di base: accettazione del lavoro, accettazione dell'attrezzatura, accettazione dell'uomo in groppa.

  • Accettazione del Lavoro: normalmente in questa fase il puledro viene fatto girare alla corda (longia), fino a quando non esegue le tre andature del passo, trotto e galoppo con facilità e serenità.
  • Accettazione dell’Attrezzatura, si inizia a presentare al cavallo la bardatura, testiera, sella ecc. Spesso questo passaggio si sovrappone al precedente. Anche qui il cavallo deve eseguire alla longia le tre andature in serenità e facilmente.
  • Accettazione dell’uomo in groppa, consiste nel portare il cavallo a essere sufficientemente disinvolto alle tre andature.

Con queste tre fasi si conclude la "Doma" da cui poi iniziare la parte dedicata alla “Preparazione” che porterà all“Addestramento” finale.

Bene, nella mia versione dell'Equitazione Olistica, si invertono i passaggi, per una diversa interpretazione delle priorità nell'educazione del cavallo giovane, poiché io punto ad accentuare la comunicazione naturale, non meccanica.

Ecco lo schema che io propongo: 

  • “Accettazione dell’uomo in groppa”, si lavora per ottenere il risultato di salire in groppa, a pelo, sul puledro, questo non solo permette al puledro di capire che l’uomo in groppa è un fastidio ma non un pericolo, facilita anche al preparatore la comprensione delle caratteristiche morfologiche del cavallo che saranno rilevanti nelle eventuali difese future.
  • “Accettazione del lavoro”, sempre a pelo si inizia con piccoli spostamenti delle anche e delle spalle, utilizzando la redini di apertura, poi passando da piccoli circoli si arriva a circoli più ampi, per arrivare infine a fare rette e angoli.
  • "Accettazione dell’attrezzatura”, a cui si arriva alla fine, quando il cavallo risponde bene ai primi due passaggi. 

Oltre ad invertire i passaggi, nell’equitazione olistica, è fondamentale che il preparatore, che noi chiamiamo “Tecnico Olistico”, sia affiancato da un assistente o “Prima Frusta”, che non solo interagisce con il cavallo sin dalle prime fasi, ma si alterna con il Tecnico Olistico nei primi passaggi e lo sostituisce nelle ripetizioni dei movimenti e nel terzo passaggio.

Mentre le dome tecniche hanno come obiettivo l’automatizzazione del movimento con tecniche di costrizione, cioè si obbliga il cavallo a determinati movimenti, pena il dolore o la punizione o la minaccia delle stesse, nell’ equitazione olistica da me praticata il primo obiettivo da raggiungere è quello della comprensione della richiesta, che si ricerca mettendo il cavallo nella possibilità di valutare il da farsi e nella libertà di decidere se restare o andare.  Per il cavallo non compromesso emotivamente, che non ha sviluppato paura e timore dell'uomo che lo sta addestrando, spesso la scelta è quella di “restare” e, se così non fosse, vuole dire che sono stati commessi degli errori di comunicazione per rimediare ai quali occorrerà tornare indietro, ripetere i passaggi fino all'ultima risposta positiva e continuare da quella.

Ad oggi, pur non essendo contrario a una doma tecnica, trovandosi nella posizione di poter scegliere la sconsiglio. Personalmente ho sperimentato e posso sostenere che la visione olistica nell’educazione di un cavallo è l'unica che lo predispone alla collaborazione volontaria e dunque che può permettere di arrivare al "controllo", fondamentale per la sicurezza, senza “contenzione”. I risultati raggiungibili con l'approccio olistico massimizzano la sintonia e sinergia con il cavallo che venga impiegato per uso sportivo o amatoriale. Considero dunque questo approccio più funzionale all'educazione, non già alla doma, di un'animale d’affezione quale per me è il cavallo, in linea con la sensibilità moderna per il benessere animale in generale e del cavallo nello specifico.

15259440 10154258681914492 7502698898434956140 oPer calare il mio pensiero nella pratica, posso citare le mie ultime esperienze, quelle affrontate nell'ippica in Australia, dove mi sono trasferito per motivazioni precedentemente esposte su Horse Angels.

Qui ho trovato un mondo, una tecnica, un universo a me quasi totalmente sconosciuti prima, che non solo mi hanno dato l’emozione di poter tornare allievo e ripartire da zero in tutto o quasi, ma mi ha obbligato a cercare nella memoria situazioni similari, a cui fare affidamento nei momenti impegnativi.

I primi tempi non riuscivo a trovare qualche esperienza passata che mi desse la possibilità di comprendere, prevedere, dunque controllare gli eventi. Mi ritrovavo spesso a dover contenere, con un enorme dispendio di energie, mie e di quei poveri animali, senza ottenere risultati per me apprezzabili. Allora ho obbligato me stesso a immergermi in nuovi studi per trovare un canale di comunicazione con il cavallo adatto al contesto.

Mentre studiavo l’uso del peso del corpo come canale di comunicazione con il cavallo da corsa, osservando i colleghi in pista e sperimentando le varie posizioni alle varie andature, mi sono reso conto che stavo riuscendo ad entrare in comunicazione costante con l'animale, non sempre in modo profondamente intimo, ma intanto era già un bel passo avanti.

Confrontandomi con persone di fiducia nella mia rete di lavoro e affetti, ho capito che a fare la differenza è stato lo schema mentale che ho acquisito in tanti anni di pratica e in diverse discipline.  Uno schema che non è già una dote a beneficio di pochi eletti, ma un modo di pensare il cavallo che si può apprendere esercitandosi a lungo con loro fino ad innescare la necessaria confidenza, destrezza, sensibilità. 

Partendo dalla premessa che fare il cavallo (cioè strutturarlo per essere cavalcato per una determinata disciplina) sia sostanzialmente un lavoro di comunicazione, il mio schema, doma, equitazione olistica e quant’altro, si basa oggi su tre punti:

  • Guardare,
  • Capire, 
  • Comunicare. 

E' un sistema di domande, per non dover avere risposte prefissate. Mettere tutto in discussione, cavallo per cavallo, è il fondamento di questo schema.

Dove o cosa guardare, cosa o chi capire e con chi comunicare? Domande apparentemente banali, le cui risposte però possono incidere sull'approccio. Dove guardare? Bisogna guardare l’ambiente dove si trova il cavallo, niente di più. Cosa capire? Quanto l’ambiente influisca sul cavallo. Con chi comunicare? Qui la risposta sicuramente spiazzerà qualcuno, comunicare con se stessi! Sì, comunicare con se stessi, ma non come qualcosa di filosofico, trascendentale, o similari, semplicemente imparare a comprendere le sensazioni che il nostro corpo ci trasmette, analizzarle identificandole a livello psichico e comunicare al corpo che le interpreterà trasformandole in movimento.

Una volta che, con una serie di esercizi, studiati e sperimentati personalmente e verificati con gli allievi, si automatizza questo schema, si ha una piattaforma per costruire un canale preferenziale, per una comunicazione duratura e profonda con ogni singolo cavallo.

Questa è la mia predisposizione nella formazione dei giovani cavalli all'impiego equestre o ippico. Ovviamente, l'equitazione olistica, come qualsiasi altro approccio, implica che si fatica, suda e lavora con costanza e progressione, altrimenti i risultati non ci possono essere.

La ricerca dell'approccio giusto, singolare, al cavallo, porta spesso a delusioni e frustrazioni come capita anche nell'approccio convenzionale, ma la soddisfazione di non obbligare il cavallo a schemi psichici precostituiti e basati sul linguaggio meramente umano, non equino, fa sì che tutto il lavoro sia svolto in assoluta serenità, sia per il cavallo sia per il cavaliere, che trovano così un'intesa in un linguaggio condiviso.

La relazione di comunicazione positiva è sempre una gratificazione che, non solo sminuisce la frustrazione degli insuccessi, ma accresce la consapevolezza delle proprie potenzialità.

Da qui il mio impegno nell'insegnamento, per i miei allievi e per tutti quelli interessati, nel promuovere la più profonda conoscenza dell’animale cavallo sotto tutti i suoi aspetti e tramite la Cultura Equestre, arma efficace contro i maltrattamenti sugli animali in generale ed i cavalli nello specifico.

Creare quello schema mentale che permette a tutti di essere meno “uomini” ma più “umani” è la sintesi del mio modo di "fare il cavallo".

Per concludere, vorrei rivolgermi a quelli che mi sollecitano a “scrivere” una specie di manuale, libro o qualcosa di simile, sulle tecniche e i passaggi che consiglio.  La mia paura è che quanto suggerisco possa essere male utilizzato. Sono troppe le persone autodidatte e senza buone basi. Coloro che sono convinti che basti conoscere la teoria per riprodurla nella pratica con l'animale. La teoria è un astratto, poi nella pratica concreta va calata nell'individualità specifica del cavallo e contesto. Se non si fa così, si rischia di creare un forte disagio al cavallo, appiattendo e banalizzando il tutto, come ho verificato succede spesso tra i vari seguaci degli addestratori dolci più in voga a livello internazionale. 

Ci sono persone che, definendosi seguaci di quello o altro horseman, fanno delle cose al limite dall’essere considerate maltrattamenti o sevizie vere e proprie, al punto che i loro stessi referenti si vergognerebbero di essere citati da queste persone come "maestri".

Preferisco, a questo punto dello sviluppo della mia vita, affrontare l'insegnamento di persona, piuttosto che scrivere brevi articoli su come affrontare questo o quel contesto, anziché produrre un manuale teorico come se fosse valevole per qualsiasi cavallo in qualsiasi impiego a prescindere.  Io considero la comunicazione con il cavallo una questione intima, personale e diretta. La teoria dell'educazione non solo è soggetta a interpretazione, e dunque a malintesi, ma può diventare “potenzialmente” pericolosa quando applicata da persone senza la necessaria esperienza, sensibilità e/o destrezza, tanto da causare danni, alla persona, al cavallo o ad entrambi.

Bruno Giongo

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Sull'uomo di cavalli Bruno Giongo.  Nasce in Sardegna, anno 1963. Il cavallo, considerato da tutti i componenti della sua famiglia come un altro ‘figlio’ o ‘fratello’, è stato da sempre una presenza quotidiana che ha impregnato la vita di Bruno sin dagli inizi. Istruttore Federale, Istruttore di cavalli da spettacolo circense, Sperimentatore pratico equestre, ma anche Artiere Ippico, Bruno Giongo ha passato la vita ad approfondire la relazione con i cavalli allo scopo di lavorare con loro, ma anche di insegnare a lavorare con i cavalli rispettando la loro natura per limitare le possibilità di approccio errato, se non violento. L'ispiratore di Giongo è Federico Caprilli (1868), con il suo Sistema Naturale di Equitazione, basato sul principio di permettere al cavallo un movimento il più naturale possibile, rendendolo così più rilassato, disponibile ed efficiente. “L’uomo non può dare al cavallo un equilibrio, ma solo squilibrare o non squilibrare quello che il cavallo stesso ha già”, spiega Giongo. E ancora: "il mio metodo si basa sull’ascolto, quindi sulla comprensione e decodifica dei messaggi sia propri che del cavallo e sul rispetto, così come sull’agire con cognizione di causa. Do molta importanza alla relazione da terra con il cavallo, in modo da costruire un legame di fiducia con lui, per poi potersi godere emozionanti o rigeneranti passeggiate in mezzo alla natura in sella all'animale. Un'equitazione improntata a sviluppare e migliorare i comportamenti psico-motori, affettivi, relazionali e comunicativi, ma anche a stimolare il ragionamento e la concentrazione, e ancora a scoprire (o riscoprire) il piacere della ricerca, della scoperta e la conoscenza tramite esperienze concrete, trasforma il cavallo in quell'amico che, con gioia e pragmatismo, può aiutare ognuno di noi nel difficile e mai finito percorso di crescita e conoscenza di se stessi”. 


Attualmente Bruno Giongo vive e lavora in Australia, poiché non ha trovato in Italia un terreno fertile dove sviluppare il suo approccio olistico, essendo anzi osteggiato in ciò da autorità tradizionali nel mondo del cavallo italiano, anche a seguito di questioni di cavalli concreti da difendere, dove Giongo si è schierato dalla parte delle associazioni animaliste, contro l'establishment. 


BRUNO GIONGO è disponibile su richiesta per interviste di approfondimento sulla sua filosofia, tecnica, esperienza. 

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