Doma. È ciò che in passato veniva definito addestrare un cavallo a essere maneggiato, cavalcato e condurre una disciplina. Se si tratta di formazione alla cooperazione è una cosa, ma anche le parole hanno un loro peso. Per doma si potrebbe intendere spezzare la volontà del cavallo a resistere a qualsiasi pressione e asservirlo a qualsiasi richiesta. Oggi è preferibile parlare di educazione o formazione.
Usereste il termine doma applicato ad un cane?
Man mano che la società diventa più consapevole delle questioni legate al benessere degli animali e la scienza rivela sempre più verità su ciò che sperimentano i cavalli in termini di stress, dolore e apprendimento, l’educazione del cavallo si sta evolvendo. E, nel complesso, è diventata più gentile, più coscienziosa e, gradualmente, più guidata da principi scientifici e meno da quelli empirici (una cosa è giusta purché funzioni).
Ma nonostante tutto ciò, non tutto il mondo del cavallo procede ad eguale velocità verso metodi sempre più accettabili. Esistono ancora zone d'ombra. L'abuso può verificarsi nel mondo delle competizioni d’élite, come nel mondo dell'equitazione ricreativa: in qualsiasi impiego del cavallo.
Cos'è l'abuso?
Il modo in cui le persone definiscono l'abuso dipende dalle loro percezioni e dai loro contesti, compresi i contesti storici e culturali che variano in tutto il mondo. Per capire questo concetto, in Italia, basta pensare alle corse clandestine di cavalli per strada. In alcune regioni è ancora una pratica diffusa e largamente accettata. In altre sono inesistenti.
Parlando di pratiche con i cavalli, alcune sono cadute in disuso. La doma del cavallo legato al palo, ad esempio, oramai si può dire o si può sperare che sia estinta. Altre pratiche sono disapprovate in pubblico, ma vengono ancora eseguite in privato (come mettere le puntine nelle stinchiere dei cavalli per farli saltare più in alto, o barrare i cavalli se si parla di salto ostacoli). Altre tecniche, come l'iperflessione forzata del collo, sono praticate anche pubblicamente.
Dove finisce l'educazione e comincia l'abuso?
Va bene punire violentemente un cavallo perché non esegue quanto gli viene chiesto? Va bene inibire la possibilità di movimento dei cavalli ad esempio legandoli per ore nel box con il morso in bocca e la corda corta? Va bene murare vivi i cavalli in box isolati per farli concentrare solo sul lavoro? Va bene usare teaser elettrici per costringerli al lavoro?
Le pratiche di alimentazione innaturale possono rasentare l’abuso quando i cavalli sono nutriti prevalentemente con concentrati proteici e scarso fieno.
Sfortunatamente, non è sempre possibile invertire gli effetti dell’abuso e tanti cavalli abusati terminano la loro vita nei mattatoi perché nessuno si dà la pena di recuperarli.
Un cavallo abusato è anche un cavallo che ha problemi non solo che si possono manifestare fisicamente come segni di lesioni lasciate da mezzi meccanici, da zoppie e dolenze, o altre ferite e ingiurie. I problemi possono manifestarsi come coliche da stress o ulcere per l'abuso di farmaci e dopanti, paure ingiustificate, comportamenti di ritrosia al contatto e alla relazione, oltre che al lavoro.
Non sempre i proprietari dei cavalli sono a conoscenza degli abusi cui i loro cavalli sono soggetti quando hanno affidato il cavallo a un trainer che decide da solo come alimentare ed addestrare l'animale, come curarlo, a quali farmaci sottoporlo.
Alcune tattiche di allenamento potenzialmente efficaci possono oltrepassare il limite dell’abuso. Ad esempio, legare un cavallo per insegnargli la pazienza può trasformarsi in un esercizio di impotenza appresa. C'è chi sottopone i cavalli a nevrectomia perché non sentano dolore legato ad alcune patologie degli arti. Oggi è finalmente vietato, non solo negli sport equestri, ma anche nell'ippica.
Il trattamento farmacologico, quando non è cura ma doping, è una forma di abuso.
C'è chi chiede che siano tagliati i nervi della coda per fermare il fruscio. Ci sono casi di code amputate per presunte esigenze estetiche o tecniche. Ci sono casi di cavalli a cui sono rasate le vibrisse, comunemente chiamate baffi (vietato dalla FEI per i cavalli atleti dal 2021). Ci sono cavalli costretti ad andature innaturali perché devono dimostrare la totale sottomissione.
Ci sono casi di cavalli privati di cibo o di acqua prima degli allenamenti, perché siano più mansueti. E casi di cavalli sottoposti a sedativi per lo stesso motivo, perché non si oppongano.
Ci sono casi di cavalli con imboccature da tortura, o con finimenti eccessivamente coercitivi. Ci sono casi di cavalli a cui vengono legate le gambe perché apprendano velocemente delle andature. Puntine, chiodini, prodotti chimici sotto le protezioni per le gambe, rollkur, catene in bocca, pastoie nel box sono forme di abuso. La lista potrebbe allungarsi ancora di più con eccesso di frusta, di speroni, calci, pugni, bastonate, come punizioni corporali al cavallo che si oppone o fa resistenza alla richiesta.
Perché gli abusi?
Quando non si tratta di persone frustrate che addossano al cavallo le loro problematiche mentali, sono le aspettative a causarli. Il cavallo deve essere pronto il prima possibile a rispondere alle esigenze di chi lo ha comprato.
Educare un cavallo è tempo e fatica. I compensi per farlo alle volte non sono all'altezza del lavoro che ci vuole. Se il cliente vuole risparmiare nella formazione del cavallo, il trainer lo accontenta con un lavoro mediocre. Il cavallo pronto subito, ma pronto come?
Inoltre ci sono abusi operati all'esplicito scopo di far cambiare cavallo al cliente, perché il trainer/commerciante guadagna di più nel proporre un sostituto.
Gli addestratori sono spesso spinti a trovare una soluzione immediata se il cavallo non risponde alle aspettative, non genera abbastanza danaro, non stimola abbastanza il proprietario ad impegnarsi di più anche economicamente nelle competizioni e gare.
Un caso complesso di conflitto di interessi rafforza la mancanza di etica e di trasparenza e spesso gli abusi sono coperti da chi dovrebbe vigilare e correggere.
Molte persone preferiscono semplicemente otttenere i risultati piuttosto che rispettare il cavallo. Se il cavallo non funziona per ciò che vogliono lo rottamano. A queste persone l'etica non può interessare.
C'è ignoranza nel senso di persone che non saprebbero fare meglio, ma anche ignoranza volontaria, di persone che prefericono affidarsi a trucchi, anziché esplorare nuovi metodi per arrivare agli stessi risultati senza recare danni fisici o psicologici al cavallo.
C’è anche la fiducia cieca che molti proprietari hanno nei professionisti. Poiché l’esperto ha detto di farlo, le persone non pensano di potersi opporre.
E c'è chi non ha semplicemente abbastanza risorse per fare meglio. L'educazione è un costo. Il pressapochismo un risparmio.
Come fermare l'abuso
Regolamentazioni più forti potrebbero aiutare a fermare gli abusi. Ma per essere efficaci, non solo dovrebbero definire le pratiche individuali come chiaramente abusive, ma dovrebbero applicarsi anche a situazioni esterne alle competizioni, che sono più difficili da controllare. Un conto è la competizione che si svolge in pubblico, ma gli abusi maggiori sono probabilmente quelli che si svolgono durante l'allenamento e la formazione, dove non c'è pubblico. E lì la vigilanza e la correzione sono più difficili.
Nel frattempo, molto si può fare con la sensibilizzazione per convincere sempre più persone che educazione e doma sono cose differenti. Che la doma può essere archiviata come pratica obsoleta e che la collaborazione con il cavallo è ciò che occorre cercare, ponendosi dei limiti a ciò che si può chiedere al cavallo e dedicando più tempo e pazienza a insegnargli le varie discipline. E soprattutto convincendo i proprietari che il cavallo è un compagno per tutta la vita e che va preservato in salute fisica e mentale quanto più a lungo possibile. Solo se si supera l'utilitarismo si può conquistare un bacino sempre più ampio di persone che mettono l'etica sopra lo sport, il cavallo sopra la disciplina.
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