Si ritiene che il termine "linea di povertà" risalga al XVIII secolo, quando fu usato per la prima volta dai cavalieri per descrivere una profonda depressione tra due grandi muscoli nei quarti posteriori di cavalli estremamente sottopeso e/o generalmente in cattive condizioni.
Nonostante le connotazioni negative del nome, la linea di povertà è evidente nella maggior parte dei cavalli, ad eccezione di quelli obesi. In quest’ultimo caso, la copertura adiposa può oscurare i muscoli dei quarti posteriori – i muscoli bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso, noti collettivamente come “bicipiti femorali” – rendendo invisibile la soglia di povertà.
D’altro canto, non sempre la linea di povertà è sinonimo di sottonutrizione – soprattutto nel cavallo da corsa purosangue che ha una linea snella in cui può essere evidente l'anca anche quando è in forma fisica.
Tuttavia, gli osservatori esperti prestano molta attenzione alla linea di povertà, o alla sua mancanza, per stabilire i livelli di forma fisica nei cavalli.
La linea di povertà si può osservare anche nei proprietari di cavalli.
Quando la povertà è possedere un cavallo
Soglia di povertà è una condizione che molti proprietari di cavalli raggiungono a causa della propria passione per questi animali che li porta a spendere più di quanto potrebbero permettersi per alimentare lo stile di vita con i cavalli.
Un paradosso, piuttosto frequente ad esempio, è vedere persone che hanno più di un equino, ma che non possono permettersi cure mediche per se stessi non coperte dalla mutua, come quelle dentarie, o che vivono in tuguri, pur di permettersi cavalli.
Solo che nel mondo dei cavalli il fatto di avere poco d'altro, ma i cavalli, invece di essere appuntato come una condotta irresponsabile se portata ai limiti, vieni lodato come sacrificio necessario.
Molti outsider pensano che avere cavalli significhi necessariamente essere benestanti. Non sempre è così. Molte persone, pur di permettersi i cavalli, fanno doppi lavori e molte rinunce. Fino ad un certo punto è encomiabile, oltre, se la relazione con i cavalli diventa sinonimo di una lotta continua che porta a insicurezza e precarietà, forse è giunto il momento di riconsiderarla.
Possedere uno o più cavalli è abbastanza costoso da portare, in linea di principio, anche famiglie benestanti sul lastrico quando manca il buon senso di porsi dei limiti di sostenibilità in base al budget realmente spendibile. Un cavallo tenuto bene tra le spese di alloggio, toelettatura, integratori, mascalcia, cure mediche, le lezioni di equitazione, i costi di trasporto e le gare, può causare un buco economico da cui è quasi impossibile sfuggire se non si hanno abbondanti risorse da investire e non si è calcolato bene il budget di spesa per eccesso di fiducia nelle proprie possibilità.
Anche in condizioni di relativa povertà, ci sono equestri/ippici che si comportano stoicamente perché non vogliono rinunciare alla propria passione. Quando si tratta di un mestiere, perché non percepiscono la possibilità di alternative.
La povertà di molti proprietari di cavalli è un problema sistemico che la società di solito non affronta per la convinzione culturale che avere cavalli è cosa da ricchi.
Così spesso fioccano segnalazioni di maltrattamento, relativamente a cavalli che non appaiono nelle loro migliori condizioni di benessere, ma senza soluzioni. Segnalare un cavallo che non riceve abbastanza fieno, ad esempio, visto che lo stato non stanzia fondi per equili, né per il mantenimento di cavalli indigenti e loro cure, neppure sotto forma di sgravi o bonus, produce uno stallo se a fronte della segnalazione e prescrizione il proprietario degli animali non è in grado di modificare la gestione e spendere di più per alimentarli e curarli.
In molti, tra quelli sulla soglia di povertà equestre, messi di fronte a scelte dure, finiscono per farne pagare le conseguenze ai cavalli più anziani, disabili, fragili di salute o non qualitativi per lo sport, abbandonandoli in un modo o nell'altro perché nessuno vuole comperarli o riceverli, neppure gratis, tranne il commerciante per il macello.
Allora, forse, l'unica soluzione è prevenire con un lavoro di autocoscienza sul numero di cavalli e disciplina che si può praticare con essi, in base a ciò che ci si può realmente permettere senza auto inganni. Potrebbe essere utile anche non supportare la pubblicità ingannevole sui cavalli per tutti e come panacea universale per molti mali che caratterizza la filiera del cavallo specialmente sui social, per evitare di mietere vittime alimentando il numero di proprietari precari per questioni economiche.