Chiunque viva nel mondo del cavallo ha sentito storie di molestie sessuali in scuderia, commenti inappropriati, contatti fisici scomodi e non incoraggiati e via dicendo. Spesso i gestori di maneggi e gli istrutturi sono uomini e gli allievi invece sono giovani fanciulle, il resto laddove manca in nerbo morale è quasi scontato.
Ci sono persone ad ogni livello del mondo del cavallo che sono colpevoli di comportamenti errati di questo genere, o di averli coperti pur avendo avuto l'opportunità di correggerli.
Qualche caso è stato denunciato, ma nella maggior parte delle situazioni non si è arrivati a soluzione, non essendoci un canale sicuro e super partes, interno al sistema, per denunciare gli autori di reati simili e a fronte anche di testimoni attendibili, avere la certezza della pena.
Ora, forse, le cose potrebbero cambiare, incoraggiate da un cambiamento culturale provenuto dal mondo del cinema internazionale, dove molte persone hanno trovato la forza interiore per portare le loro storie alla stampa e nei tribunali e il movimento #MeToo ha avuto inizio, spingendo l'attenzione dei media su chi ha il coraggio di rompere il silenzio.
Alle volte, come appreso dalla cronaca (non tanto italiana), laddove l'indignazione pubblica è stata sufficiente, qualche operazione di pulizia interna è arrivata.
Nel mondo del cavallo, le molestie sessuali sono assai frequenti, ma le esposizioni e i licenziamenti/radiazioni dei colpevoli, assai limitati. La rimozione di chi abusa della propria posizione (ad esempio istruttore d'equitazione) per molestare sessualmente dei sottoposti (nel caso esemplificato le allieve) sarebbe necessaria per ottenere un ambiente di lavoro sicuro per chi lo frequenta, visto che i predatori sessuali tendono a ripetere i loro reati, quando certi dell'assenza di pena.
Allo stesso modo, rimuovere individui abusivi dovrebbe essere un mezzo per proteggere i cavalli, perché chi viene a meno della propria deontologia professionale sulle persone, ci si può aspettare che non sia corretto neppure nei confronti degli animali.
Un sistema malato, incapace di ripulirsi dall'interno
Purtroppo, raramente in Italia si ottiene per i reati di abuso sessuale su persone, o maltrattamento di animali, la certezza della pena. Riferito al mondo del cavallo, è facile capirne il senso nel sistema corrotto tipicamente italiano di omertà e protezione degli interessi economici in gioco.
Tutto ruota intorno ai soldi, specialmente quando sono una risorsa scarsa.
Maggiore la posta in gioco, inferiore la possibilità di ottenere giustizia. Se si tenta la strada della segnalazione agli enti che promuovono le attività con i cavalli, essi è probabile che tenteranno di sminuire i casi, per non perdere top addestratori, allenatori, riders, affiliazioni etc. Ad essere allontontanato sarà, piuttosto, chi ha parlato. Sarà azionato un mobbing specifico, che catapulta la colpa e la vergogna sulla vittima, dopotutto colui/colei ha accettato il rapporto, dunque non si tratta di abuso, ma di sesso, e considerazioni simili che forniscono le giustificazioni al sistema per non agire come invece dovrebbe.
Raramente chi ha subito una molestia sessuale in scuderia ha voglia di rivolgersi alla giustizia ordinaria, con il rischio che il caso diventi pubblico.
Prendere una posizione diventa un fattore di vergogna, di esclusione, di rischio di ritorsione.
Il mondo del cavallo italiano è veramente piccolo, provinciale come mentalità a dir poco. Il rischio di esporsi, quando la storia coinvolge qualcuno ad alto profilo, è che il tutto protrebbe ritorcersi contro la vittima, ovvero contro il segnalante (e Horse Angels potrebbe citare casi a iosa in questo senso, quando ci siamo fatti portavoce delle vittime -umane ed equine-, per trovarci noi incriminati e con tutti i media di settore contro, dopotutto si deteriora l'immagine del business, già in crisi di suo).
Il mondo del cavallo è in crisi economica e con ciò si sta riducendo la disponibilità di posti di lavoro. Se una vittima si espone, lei (o lui) potrebbero non trovare mai più un impiego nel mondo del cavallo, piuttosto che essere cacciati dalla scuderia dove sono clienti e perdere la propria rete di relazioni sociali.
In fin dei conti chi abusa, specie se lo fa in modo "seriale", si trova in una posizione più alta della vittima/e.
Venendo in particolare alle donne, che sono quelle che subiscono la maggior parte degli abusi, sono già sottorappresentate nei livelli più alti degli impieghi dei cavalli, costituendo la base, e raramente il vertice del sistema. Dunque, diventa difficile essere disposti a rinunciare alla propria presenza nella cerchia dei vincitori, piuttosto che alla propria rete sociale, per aprire bocca contro il sistema.