Dal 2007, il 17 maggio di ogni anno si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia quale momento di riflessioni e azioni per denunciare e lottare contro ogni violenza fisica, morale o simbolica legata all’orientamento sessuale.
Il 17 maggio è stato scelto perché è la ricorrenza dalla rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità avvenuta nel 1990.
Dover parlare, ancora nel 2022, di accettazione del genere, pare assurdo. Per chi è mentalmente progressista, non esiste diversità nel genere, perché ciascuno dovrebbe essere libero di scegliere quello che più gli aggrada senza discriminazione da parte altrui.
Eppure, c'è ancora un mondo di tradizionalisti che costruiscono la propria identità attraverso l'esclusione di quelli che, secondo costoro, sarebbero diversi e avvertendoli come minaccia, non si capisce a che cosa, visto che la scelta di orientamento sessuale di terzi non obbliga se stessi a optare per la medesima preferenza.
Pesano ancora modelli di pensiero penalizzanti anche per chi è eterosessuale. Dunque, un uomo per essere forte non dovrebbe mostrare sensibilità, avvertita quest'ultima come debolezza e apprezzata invece nelle donne. Che assurdità, una donna può essere forte e determinata, senza perdere il proprio fascino, e un uomo essere gentile e premuroso verso gli altri, senza perdere in virilità.
Quando l'identità è costruita a spese degli altri c'è un problema sociale.
Dunque, se i bianchi sono migliori a spese dei neri, se i maschi sono migliori a spese delle femmine, se i forti sono superiori a spese dei deboli, se il dominio degli animali richiede la violenza, e via dicendo, si gettano le basi di comunità che cercano di rafforzarsi a negazione di qualcuno, comunità ingiuste.
Del resto le discriminazioni si reggono proprio sul non dovere dimostrare maggiori qualità nei fatti, perché bastano pregiudizi e atteggiamenti valoriali razzisti o sessisti per giustificare chi ha diritto di stare in una posizione dominante, non già perché lo meriti, ma attraverso il mancato riconoscimento dei diritti negati a parte della popolazione relegata alla subalternità da parte di chi così realizza un vantaggio disonesto, perché poco deve fare per mantenere i propri privilegi.
Il mondo del cavallo non fa eccezione nelle discriminazioni contro chi, per nascita, ha meno opportunità di asserire il proprio valore e volere.
Sono parecchi, ad esempio, ad asserire che gli sport equestri siano ingiusti perché non danno eque possibilità a tutti gli aspiranti agonisti, perché per crescere in talune discipline ci vogliono molti soldi, e non ci sono programmi dedicati per donare maggiori possibilità a equestri talentuosi ma privi di possibilità economiche in proprio. Lo sport è stato a lungo un'istituzione dominata dagli uomini, specialmente nelle posizioni apicali. In taluni sport però è possibile emergere a prescindere dalla classe sociale di appartenenza o dal sesso di nascita. Non così nel mondo del cavallo. Se il sesso non è un più un problema negli sport equestri, lo è ancora nell'ippica e nella monta storica. I soldi invece sono una discriminante diffusa particolarmente negli sport equestri di livello.
Ma cosa dire dell'accoglienza alla comunità LGBTQ+ nel mondo del cavallo?
La comunità sella, particolarmente nelle discipline olimpiche, sembra che attiri la comunità LGBT. "Dressage is full of queens" titola uno studio sociologico pubblicato da Kateherine Dashper per la British Sociological Association nel 2012.
A significare che in sella al cavallo l'identificazione sessuale non conta.
Eppure, il tema dell'inclusione aperta ai generi non è quasi mai discusso, così come il coming out, nel mondo del cavallo, è ancora l'eccezione, a sottolineare la paura del giudizio.
Non esistono gruppi facebook dedicati al mondo equestre LGBTQ ad esempio, né particolari studi o articoli in materia.
Non si conosce l'impegno di equestri o ippici italiani per il DdL Zan, ad esempio.
Eppure, ad oggi, il fenomeno dell’omotransfobia in Italia dilaga anche se non lo vediamo. Nel Paese c’è un mondo sommerso, ostinato, conservatore che odia le persone Lgbtq, le discrimina, le considera sbagliate e da correggere.
Questo ha un peso anche nel settore giuridico, il reato è poco riconosciuto perché non conosciuto e non tracciato. Il ddl Zan, affossato dal Senato nel mese di ottobre scorso, oltre a istituire il reato di omotransfobia, prevedeva all’articolo 9 una «rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione in relazione alla discriminazione e alla violenza omotransfobica».
Purtroppo ad oggi si registra uno stallo sul proseguimento dell'iter parlamentare, mentre cresce la disillusione tra le vittime che poco denunciano il bullismo e la discriminazione cui sono soggette nella consapevolezza della mancanza di una legge che le tuteli.
"Parlare a favore del riconoscimento dei diritti a chi se li vede negati non è mai superfluo, specialmente nello sport, che dovrebbe essere da esempio di apertura e inclusione. Altrimenti ci si riempie la bocca contro il bullismo, scordandosi una parte della popolazione che vi è particolarmente soggetta, per la quale in pochi si spendono", Roberta Ravello, per Horse Angels.