Il pensiero non convenzionale offre riflessioni sui modelli culturali e sulle dinamiche del linguaggio verbale e non verbale applicate al contesto multiculturale della nostra società.
L'attenzione è posta su come l'ambiente socio-culturale agisca, attraverso l'approvazione e/o la disapprovazione, il like o dislike ai tempi dei social.
Ogni cultura, quindi anche il mondo del cavallo, offre ai suoi fruitori alcuni schemi di autorealizzazione sotto forma di modelli o paradigmi che, attuati o seguiti durante la costruzione del progetto personale, garantiscono l'approvazione, ma non sempre sono giusti.
I portatori di una determinata cultura tendono a scegliere il paradigma che più si rispecchia nella necessità di poter garantire una certa accettazione rispetto al settore di riferimento.
Così nel mondo del cavallo si creano stereotipi di cavalieri, cavallari e cavallanti, belli e brutti, ricchi e poveri, buoni o cattivi, chi sta sopra e chi sta sotto, tutto teso a categorizzare dei segmenti per cui qualcuno dovrebbe essere più di qualcun altro, in base a qualche metrica pre impostata, quasi sempre senza scendere nei contenuti con il pensiero critico e non di rado con motivazioni ignoranti, magari solo per attirare attenzione.
Quando si parla di stereotipi e pregiudizi è forte e tangibile il collegamento con immagini e concetti pre impostati che limitano opportunità e potenzialità di comunione di valori, di inclusione, di crescita culturale.
Se le generalizzazioni aiutano a semplificare la realtà, gli stereotipi danneggiano l'interculturalità e creano marginalizzazione, radicalizzazione, pregiudizi e persino arretratezza culturale.
L'educazione deve produrre innovazione per garantire multiculturalità, inclusione, lotta alle diseguaglianze, specie a quelle socialmente ingiuste che creano conflitto nella comunità, al bullismo, a prassi obsolete che creano marginalizzazione ed esclusione, quando non abuso e molestia, diffamazione o ingiuria fini a se stesse.
L’innovazione spesso nasce dallo sviluppo di soluzioni che nascono da forme non convenzionali del pensiero. Nuove idee nascono da nuovi approcci, che hanno l’ambizione di rompere le regole, di proiettare le idee oltre i confini del pensare comune per anticipare le risposte a problemi.
Così, per combattere certe forme di abuso sui cavalli, si potrebbe pensare di mettersi al loro posto; per combattere pregiudizi su quali categorie di equestri sarebbero peggiori di altri, si potrebbe pensare a mettersi nei panni di questi a parità di risorse e possibilità, perché le scelte sono spesso condizionate dal portafoglio, oltre che dalla territorialità e dalle radici.
Lo scambio di idee, la diversità, la contaminazione è ciò che può produrre eccellenza e crescita laddove prima c'era il ristagno. Sempre tenendo presente che nessuno può avere il monopolio di cosa sia la corretta equitazione, il modo giusto per fare animalismo, l'approccio sovraordinato alla terapia equestre, piuttosto che alla veterinaria o alla mascalcia.
Viviamo in una società di pluralismi, dove è pressoché impossibile autoreferenziarsi come la sorgente unica o superiore del sapere e del saper fare.
Nel mondo del cavallo oltre l'80% delle persone che lo rappresentano, secondo stime internazionali, ha subito attacchi di bullismo.
Questo succede perché c'è la tendenza nel mondo attuale, potenziata dai social, a proclamarsi esperti di tutto e a voler fare gli "opinionisti ufficiali" su qualsiasi cosa, anche quando non si conosce nulla al riguardo, ne’ si hanno alle spalle adeguata formazione ed esperienza.
Per porre fine a questa tossicità che fa vittime, specialmente tra i minori, i più deboli, i più fragili, e che danneggia per intero il comparto, allontanando anche brave persone, che rimangono schifate da questo modo di comportarsi, occorre sovvertire i ruoli e cercare sempre di immedesimarsi nell'altro.
Il cattivo costume del bullismo e delle molestie negli sport equestri sono un grosso ostacolo per attrarre nuovi partecipanti e sponsor nel mondo del cavallo.
Il concetto alla base di questo discorso è che tutti possiamo assumerci la responsabilità personale di eliminare il bullismo, razzismo, abuso, molestie su persone e su cavalli dalla nostra "scuderia", reale o virtuale, come strumento per elevare il dibattito nel mondo del cavallo e lo standard di comportamento per tutti, e dunque di stimolare la crescita qualitativa del comparto.