La prevenzione, in un sistema che offre la certezza della pena, dovrebbe sempre essere il primo obiettivo.
Parte della prevenzione occorre sia fatta dando enorme valore alle sanzioni, che sono di monito a chi volesse seguire lo stesso percorso sbagliato.
Per quanto possa sembrare - per chi è sciocco - una considerazione cinica, l'essere umano non è intrinsicamente buono. Al massimo è neutro, ed è l'ambiente che lo circonda che lo tira dalla parte della "luce", piuttosto che da quella dell'"oscurità".
Il permissivismo incoraggia il reato nell'ambiente di cavalli.
La pulsione al reato, che sia doping chimico o meccanico, molestia sessuale, stalking, revenge porn, mala gestione dei cavalli, piuttosto che maltrattamento, o qualsiasi altro reato/comportamento scorretto/antisportivo si possa ravvedere nel mondo del cavallo, può originarsi in una persona di qualsiasi estrazione socio economica, che frequenti il mondo del salto ostacoli, come quello dei palii, o quello dell'equitazione di campagna.
Non esistono condizioni di favore, neppure la possibilità di accesso alla cultura equestre, che realmente prevengano. E non esiste condizione di disagio, come l'avere pochi soldi, che ineluttabilmente porta a non rispettare il cavallo o le persone.
Sono le scelte personali, in risposta ai condizionamenti esterni, che determinano il cammino individuale.
La punizione, se somministrata con giustizia, non in modo discrezionale, o vendicativo, che sia sotto forma di deferimento, di sanzione pecuniaria, di appiedamento, di articolo di giornale che punta il dito nella piaga, dovrebbe avere sempre il valore di reprimere la reiterazione del comportamento.
La prevenzione si gioca tutta istigando il timore a una punizione.
Il valore riparativo della pena ha anche un valore sociale. Tutti devono sapere che a tale reato corrisponde tale punizione, perché sia di monito a non intraprendere la strada sbagliata.
Un sistema sanzionatorio efficace toglie la sensazione d’impunità, dissuade dal commettere reati e rende il mondo del cavallo migliore, o almeno la percezione dello stesso diventa migliore agli occhi dell'opinione pubblica.
Perché il monito sia veramente efficace non è tanto importante la severità, quanto la certezza della pena.
Troppi regolamenti, e la loro generale inosservanza, nuocciono gravemente alla giustizia. Le norme devono essere dunque non troppe, ma applicate con rigore.
La gente deve sapere che alla molestia sessuale di minore corrisponde la radiazione dal ruolo federale. La gente deve sapere che in caso di doping con la cocaina la pena è la sospensione per tot tempo e l'ammenda pecuniaria del quantum giusto. E via dicendo.
Compito delle associazione di tutela di persone e di cavalli è di chiedere che tutti i colpevoli, individuati con ragionevole certezza e secondo protocolli corretti, scontino effettivamente la pena inflitta e non la reiterino.
Troppe volte le eccezioni, il non rispetto della pena e delle regole, l'omissione di punire quando si dovrebbe, fa dimenticare che la miglior tutela degli sport equestri, dell'ippica, e di qualsiasi impiego dei cavalli, è la giusta punizione di chi sbaglia.
È altresì scandaloso offrire – a chi ha ricevuto una pena - ma manifesta il disprezzo per la stessa, di poter proseguire impunemente con incarichi prestigiosi. Ad esempio il fantino o cavaliere condannato per un reato grave, cui viene affidato il compito di rappresentare qualcosa di importante nel mondo del cavallo.
Il peggior nemico della promozione della diffusione del cavallo per sport, ludos, altro, sono le sue istituzioni che non fanno la cosa giusta quando sono chiamate a punire, reprimere, riparare, prevenire.
Per magari condannare al mobbing, all'isolamento sociale, alla censura, chi ha il coraggio di chiedere giustizia.
Fare la cosa giusta è una possibilità che hanno tutti, basta far tacere gli eventuali conflitti di interesse, premiando quello socialmente più importante in senso collettivo: la giustizia, con la sua certezza della pena.