Il sigillo di Salomone, stella di David, Nirvana, può essere un obiettivo in equitazione. Vari nomi per indicare un principio filosofico di unione tra materia e spirito, tra ciò che è in basso e ciò che è in alto, per creare l'Unità tra spirito e materia, tra mascolino e femminino, tra principio ed effetto, tra micro e macrocosmo, tra riflettente e riflettore, nel gioco degli specchi che si influenzano a vicenda per la liberazione dai limiti del mondo terrenale e dalle sue trappole materialistiche.

Sembra il ritratto del binomio perfetto.

Fin troppo ambizioso come obiettivo, per qualcosa come l'equitazione che si accontenta spesso di banalità, amando definirsi come mero sport o svago, spesso del tutto materiale e con richiamo esplicito al vuoto di principi etici e morali.

Buon motivo allora per proporre, in contrapposizione, il Nirvana a cavallo. 

Lo scopo dell'articolo è di indurre una riflessione al superamento dell'equitazione come attività puramente materiale. 

Equitare per lo spirito, 6 punti cardinali: 

1) Il cavallo può essere abituato a una disciplina, ma anche perdere la dimestichezza con essa. Infatti, ogni cavallo, pilotato da persona diversa, o mutando di gestione, può comportarsi diversamente. La regolarità nell'impiego del cavallo in una qualche disciplina, fatta da ripetizioni che sono anche monotone (accettazione della quotidianeità della relazione per lungo tempo) è l'unico modo perché il cavallo possa essere prevedibile e affidabile in equitazione. Perché lo stile migliori, vuoi del cavallo o del suo cavaliere, l'apprendimento non può che essere permanente, con il rischio che fermarsi, dedicare poco tempo al cavallo, o all'equitazione, faccia rapidamente regredire le capacità dell'uno, dell'altro o di entrambi. L'equitazione non è come altri sport che una volta imparato è per sempre. E' uno di quegli sport, invece, dove non si finisce mai di imparare e quando si smette di apprendere inevitabilmente si regredisce, cavallo e suo cavaliere, in un gioco di specchi a ritroso.

2) Ogni cavallo è diverso, così come ogni umano che desidera fare equitazione. Per equitazione consapevole si intende il cavallo giusto, nella forma idonea, con la psiche adatta, per la disciplina appropriata. Allo stesso modo, è controproducente ai fini della consapevolezza cercare di forzare una persona non adatta, o illudersi di poter riuscire, in una disciplina nella quale ci vuole una forma fisica, un assetto mentale, una disponibilità economica, una quantità e qualità del tempo a disposizione da dedicare al cavallo che il candidato non ha. Il rinoceronte non può essere gazzella, tanto quanto il coniglio non sarà mai un leone. 

3) Il cavallo non è una macchina. Ha parecchie fragilità. Una volta spezzato, non si possono cambiare i componenti tramite il servizio di assistenza tecnica. Ne consegue che equitazione consapevole significhi non chiedere al cavallo prestazioni che metteranno a repentaglio la sua incolumità o vita con leggerezza. Per quanto l'incidente possa sempre capitare a prescindere, la negligenza che va a violare l'integrità psicofisica del cavallo è da scoraggiare. In particolare va scoraggiato l'impiego precoce del cavallo in discipline agonistiche, l'uso della forza per costringere il cavallo a performance che si sa già andranno a danneggiarlo. Se il cavallo deve stare a riposo perché ha un tendine leso, ad esempio, è da considerarsi maltrattamento somministrargli antidolorifici che rimuovano il dolore perché il cavallo si azzoppi irrimediabilmente comportando la sua "eradicazione" tramite "rottamazione". Il rispetto della salute, del benessere e della vita del cavallo, vanno incoraggiate a ogni livello. 

4) E' facile il malinteso tra esseri umani che pur sono della stessa specie, razza, religione, sesso, lingua e quartiere. Figuriamoci tra cavallo e umano, dove si deve colmare un divario di specie e di lingua per intendersi. Va da sé che lo studio dell'etologia del cavallo dovrebbe essere il fondamento dell'equitazione, altrimenti come si presume che si potrà dialogare nel rispetto con il cavallo, non studiando la sua lingua? Allo stesso modo, quando si fa equitazione, ogni stile ha un suo linguaggio preformattato di comandi, cui il cavallo risponde per pregressa educazione ad hoc. Il cavaliere dovrebbe migliorare la propria tecnica per poter dialogare tramite i messaggi fisici e verbali con sempre maggiore leggerezza, equilibrio, armonia di richieste.

5) Ridurre i diaframmi in quanto ostacoli all'unione armonica persona/cavallo. Un diaframma è ciò che si usa quando non si sa o vuole comunicare in profondità e quindi ottunde, cioè nasconde, inabilita una comunicazione profonda, alle volte con significato protezionistico. Ecco un elenco di diaframmi spesso utilizzati: redini di ritorno, abbassatesta, gogues, pessoa, martingale fisse, chiudibocca, speroni, imboccature pesanti, fruste e quanto altro. Tutti strumenti spesso giustificati dicendo che se il cavaliere è bravo, con essi non fa male. Se è bravo veramente non ne ha bisogno. Se invece è maldestro, li usa male e quindi può far male. Come dare il mitra ad un bambino e dirgli di sparare solo a salve mettendogli in mano proiettili veri. Il principiante non dovrebbe avere certe armi a disposizione, e il cavaliere avanzato non dovrebbe averne alcun bisogno. Dunque? I diaframmi vanno usati con cognizione di causa e il loro uso indiscriminato, per nascondere lacune di abilità e di relazione, va scoraggiato a partire dalle scuole di equitazione di qualsiasi disciplina, ordine e grado. Anche il doping, e/o altri trattamenti farmacologici o meccanici tesi a creare scorciatoie, vanno visti come ostacoli al raggiungimento di un'equitazione improntata anche allo spirito, dove ci si mette veramente il cuore e l'anima.

6) Sostituire la parola addestramento con educazione, come già è avvenuto per umani e cani. Oggi il termine utilizzato, quando si ha un rapporto affettivo con una creatura vivente, è educazione. Addestramento fa riferimento tradizionalmente a metodi pesanti e punizioni severe, azioni spesso improprie che la storia ha condannato come maltrattamenti. Addestramento è una parola militare che non ha nulla a che vedere con un rapporto affettivo. L'amore è di per sé contrario all'addestramento. Si può addestrare qualcuno ad amarti? No. Solo ad obbedire, salvo ribellarsi da un momento all'altro. E' pieno là fuori di cavalli che non amano il proprietario e che non si risentirebbero nel cambiare di mano, posto che vadano a finire in meglio. La lealtà e devozione di un cavallo non è scontata. Il Nirvana a cavallo, la vera unione che accende, non spegne lo spirito, è contraria ai cavalli di plastica (automi disequini alienati) e cerca la volontarietà dell'unione, non la forzatura. L'uso del dolore, del contenimento eccessivo, della paura, della punizione, sono metodi violenti di relazione con altre creature viventi, cavallo incluso, da relegare al repertorio storico di memorie degli errori e orrori dell'essere umano. Intanto il progresso va incoraggiato in ogni ordine e grado e disciplina di impiego di cavalli per sport, o svago, o terapia, o crescita personale che sia.