Oramai anche in Italia si diffonde l'apprendimento facilitato da equini a fini di arricchimento della propria interiorità e socialità (in breve, crescita personale).
Un nuovo modo per intendere, e anche modernizzare, gli aspetti terapeutici, ludici e ricreativi, potenzialmente legati alla frequentazione dei cavalli, estendendo a persone normodotate gli effetti possibilmente positivi dello stare insieme ai cavalli, il tutto svincolato dall'equitazione e dall'oggettivazione del cavallo ad apparecchio medicale di cui fare un uso, e da rottamare a fine funzionalità.
I cavalli sono come magneti per alcuni esseri umani. Persone di tutte le età possono essere attratte dal cavallo per ciò che sa esprimere. Sono tanti gli studi scientifici che dimostrano come, persone sensibili al fascino del cavallo, possono godere degli effetti benefici dell'interazione positiva e appropriata, avvalendosi, laddove non si abbia un equino in proprio, o a prescindere dal possesso, di personale qualificato per la mediazione.
La crescita personale con gli equini sta però all'ippoterapia come l'approccio integrale olistico alla salute sta alla medicina. Parliamo di un settore di applicazione nuovo, sperimentale, che non coincide con mettere le persone con problemi diagnosticati e/o disabilità accertate in sella e far loro apprendere le basi dell'equitazione in rettangolo, piuttosto che far loro beneficiare dell'equitazione al passo con cavallo diretto da operatore per suppluire alla mancanza di destrezza del disabile messo a sella.
In particolare, questo nuovo approccio, che non vuole offuscare quello più convenzionale, ma integrarlo, si qualifica come "esperienza" etica e di reciprocità con il cavallo, capace di trasformare la realtà intera (includendo quella del cavallo) in meglio. Ovvero, gli effetti positivi di questo tipo di comunicazione inter-specie sono orientati affinché non siano solo le persone, bensì anche i cavalli, ad averne dei benefici.
Innanzitutto va chiarito che la crescita personale non è un atto medico, ma semmai un atto "spirituale" e sociale.
Tuttavia, per evitare abusi, e per avere operatori più formati, competenti, regolamentati, rientra come tipologia di attività, se praticata con gli animali, nelle linee guida nazionali disposte dal Ministero della Salute Italiano sulle TAA-IAA-EAA-AAA (acronimi rispettivamente per terapie assistite con animali, interventi assistiti con animali, educazione assistita con gli animali, attività assistita con gli animali). La rientranza in una categoria o l'altra dipende dalle persone per le quali è organizzata e dagli obiettivi.
Il percorso per l'abilitazione - o patentino - è tutto sommato semplice, purtroppo assai costoso, ma non parliamo di un iter paragonabile ad un diploma universitario o di scuola professionale, almeno per i livelli di interazione "non medicali", di base, dove tutto l'excursus comprende un ammontare modesto di ore di frequentazione.
Ancora una volta il cavallo è riconosciuto, da tali linee guide per la qualificazione professionale, come forza positiva capace di influenzare le persone.
Certo, non tutte. Non ha alcun potere magico. Sarebbe sbagliato promettere che il contatto con il cavallo porti a chissà quale beneficio. Basta osservare come è composto, mediamente, il pubblico di usufruitori di cavalli. Non si può di certo dire che tutti coloro che nella vita hanno toccato il cavallo ne siano stati spiritualizzati e siano diventate persone con un profilo civico o morale più alto, riabilitate fisicamente ed emotivamente da qualsiasi disturbo psicosomatico, che siano tutti diventati persone rispettose, gentili, consapevoli, compassionevoli, equilibrate, interessate al prossimo e via dicendo.
Anzi, chi è abituato a frequentare il settore dei cavalli direbbe il contrario, che cioè attrae, tra le altre, persone brutali ed egoiste, che tali rimangono perché insensibili al cavallo. Che attrae psicotici di ogni tipo, che non sembrano affatto riequilibrati dal contatto con l'animale, anzi, il loro ego ne esce semmai rafforzato in peggio.
Quindi, lungi da Horse Angels riferirsi al cavallo come animale magico tout-court, che cura ogni ferita dell'anima e capace di migliorare l'interiorità di qualsiasi essere umano, a prescindere da una qualche disposizione personale a essere rinsaviti "mente e corpo" proprio dal cavallo, e dall'assetto in cui l'animale è inserito, che è metà del lavoro come minimo, perché si possa parlare di potenziali effetti positivi sulla crescita personale e sociale.
I cavalli possono salvare solo chi vuol essere salvato dai cavalli
Chiunque dica il contrario, vende delle false narrazioni, perché guadagna dalla diffusione di illusioni.
Eppure, il web è pieno di articoli semplicioni e promozionali del cavallo come terapeuta, semplicemente, perché a scriverli sono persone superficiali o persone che non vogliono mettere a rischio le proprie rendite di posizione.
Sono poche e isolate, invece, le voci che ammoniscono una comunità indifferente e poco informata che stiamo parlando di un settore - quello che impiega i cavalli - bagnato dal sangue di morti innocenti, offuscato da una sotterranea violenza che lo attraversa senza scomporlo, e che le linee guida nazionali di cui sopra, per quanto riguarda i cavalli, non ne ampliano le tutele.
Dunque, i cavalli adibiti a terapeuti di vario tipo, piuttosto che ad educatori, stando alle linee guida, possono vivere segregati in box (le gabbie che altro sono se non prigioni?), tranne che nell'orario di lavoro, perché non vi sono prescrizioni sul modo di alloggiare i cavalli perché godano delle 5 libertà (minimo sindacale per un benessere in senso ampio, olistico, specie speficifico, ovvero etologico), ad esempio. Al termine della loro prestanza lavorativa, possono essere macellati come qualsiasi altro cavallo. Quindi l'insieme delle attività che vedono il cavallo come terapeuta/educatore sono, a meno che non venga deciso volontariamente dagli operatori, solo un altro modo di sfruttamento i cui risultati di beneficio per gli esseri umani sono variabili, e i cui benefici per i cavalli possono essere inesistenti.
Leggere certe parole scomode darà sicuramente fastidio, perché esprimono quanto siano diffuse le false narrazioni sui poteri benefici dei cavalli, che nascondono solo un altro modo per impiegare questi animali ad arbitrario vantaggio delle persone, senza quella reciprocità, dare per avere, che sola è la base per la responsabilizzazione e dunque per un processo di autoguarigione, almeno dell'anima, che sia integrato, dunque duraturo. Altrimenti, tanto vale parlare di attività puramente ludico ricreativa all'aria aperta, che ha gli stessi benefici di una qualsiasi altra atttività della stessa risma, con o senza animali.
Agli errori sarebbe giusto rimediare. Per quanto le persone vogliano usare i cavalli solo per il proprio tornaconto, l'approfondimento delle esigenze etologiche dei cavalli preme sulle coscienze non sopite per una presa di posizione, soprattutto dove i cavalli sono impiegati a scopo benefico, socialmente utile. Non ci sono più alibi, né si può continuare a fingere di non sapere.
Prendere posizione, però, vuol dire agire, passare ai fatti: le parole stanno a zero. Se ne sono già spese troppe. Non solo i cavalli salvano solo chi vuole essere salvato dai cavalli, ma per poter dispiegare al meglio le loro forze "salvifiche", hanno bisogno di essere salvati loro stessi per primi, e possono essere salvati solo da chi è interessato a farlo spontaneamente, visto che non esistono linee guide che obblighino a livello prescrittivo al riconoscimento del cavallo terapeuta/educatore come essere senziente, con proprie esigenze etologiche e il diritto alla vita.
La differenza dunque la fanno due elementi nei programmi che impiegano gli equini a scopo di beneficio fisico, psicologico, emotivo, per gli umani:
- Come vivono i cavalli al di fuori dell'orario di lavoro, ovvero se godono di una gestione etologica che garantisca loro le 5 libertà,
- chi è l'operatore-mediatore e cosa comunica dal punto di vista dei contenuti (se è una persona con poco spessore culturale e spirituale, quando non peggio, nessun patentino potrà renderlo "terapeutico" per l'anima).
Un'appropriata interazione positiva con i cavalli non può essere dunque sganciata da una gestione etologica del cavallo e da una selezione degli operatori anche dal punto di vista umano, altrimenti la frequentazione di cavalli può essere positiva, a livello profondo e duraturo, di cambiamento, o trasformazione, solo incidentalmente.
Un potere di trasformazione di contenuti, grazie alla connessione persona/cavallo, comincia ad apparire solo quando c'è la considerazione, la consapevolezza, la reciprocità, nell'interazione e nella gestione del cavallo.
Questa del do ut des (dare per avere) è la grande lezione che manca attualmente nei programmi che impiegano i cavalli per aiutare gli umani.
I benefici di questo tipo di interazione responsabilizzata e responsabilizzante sono più efficaci, più immediati, più profondi e di più ampia portata rispetto all'approccio convenzionale di "uso" del cavallo per favorire ego ed autostima di chi ci sale sopra.
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