Nel mondo degli impieghi equestri dei cavalli vi è ancora parecchia violenza, quasi sempre sottotaciuta e sottostimata. Vi è negazione, come se il fatto che la violenza riguardi animali dal peso di divere tonnellate renda nullo l'abuso o lo giustifichi. Inoltre manca la normativa atta a prevenire e punire tale violenza.

Ebbene, si è raggiunto un punto cruciale: sembra che, nel mondo equestre, il termine violenza sia scivolato in una direzione molto spiacevole, causando le terribili conseguenze che si possono vedere oggi attraverso la cronaca, piuttosto che nelle scuderie o campi prove. Se quelle percosse riguardassero un cane, un gatto, un cerbiatto, altro animale, sarebbe chiaro al pubblico di trovarsi di fronte a un abuso, ma poiché riguarda il cavallo e viene sottolineato dagli abusatori che è "necessario" per l'impiego dell'animale nel lavoro/sport, il tutto passa per normale.

Non si tratta di polemiche ma di questioni vitali per sconfiggere la violenza non necessaria fatta passare invece per normale.

  • Perché dovrebbe esistere tolleranza maggiore nell'uso di violenza per l'impiego ludico/sportivo dei cavalli, rispetto ad altri animali?
  • Perché dovrebbe essere "permesso", o considerato moralmente meno spregevole, essere violenti con i cavalli rispetto ad esserlo con i cani?
  • Perché è ampiamente considerato normale che gli istruttori di equitazione insegnino, partendo dai principianti, a percuotere il cavallo se questo si rifiuta di eseguire gli ordini, con tutta una serie di ordigni all'uopo, ma anche attraverso pugni e a calci, come si vede spesso fare in certi maneggi non degni di insegnare le discipline equestri?
  • Perché ci abituiamo alla violenza così rapidamente, tanto da accettare come endemica una certa quantità di violenza nelle scuderie, mentre se tutto ciò avvenisse in un ricovero per animali, si punterebbero immediatamente i riflettori sullo scandalo?!?
  • Perché i conduttori di cavalli sono così elastici nella loro definizione di violenza, quando le vittime degli abusi sono i cavalli?
  • Perché i cavalli sono più grandi? Perché i cavalli possono essere potenzialmente pericolosi? Perché i cavalli spesso non sanno quello che fanno o meglio non fanno quello che si chiede loro? Perché ci sono delle "ragioni" per farlo e il fine giustifica i mezzi? Perché non ci sono altri modi?

Queste sono solo giustificazioni strumentali, non scientifiche, all'uso della violenza.

L'uso delle violenza è così giustificato nel settore da attrarre i violenti. Dove può andare un violento ed essere sempre giustificato, anziché ammonito? Lavorare con i cavalli, così da poter dare sfogo agli istinti più bassi perfino in pubblico e passare per "normale". Dietro ci sono spesso persone che soffrono di impotenza, di ignoranza, di difficoltà d'espressione emotiva.

Poi si dice che i cavalli siano terapeutici e curino. E' più che evidente che non esista alcun automatismo in questo senso. Altrimenti chiunque venisse in contatto con loro dovrebbe essere una persona moralmente migliore, mentre basta dare un'occhiata all'industria equestre per capire che non è così e che la cattiveria tende ad assere diffusa senza cure, neppure di leggi o regolamenti interni (sportivi) di facile attuazione/controllo/esecuzione che possano arginare e reprimere le violenze gratuite.

I cavalli curano solo chi è già disposto ad essere curato e in ambienti dove le persone hanno un codice etico e d'onore superiore alla media. Di tutto ciò non tengono conto le linee guida per gli interventi assistiti con gli animali. Basta un corso di poche settimane per ottenere i patentini, poi vedi che le terapie con i cavalli sono esercitate anche in maneggi dove vengono abusati i cavalli, ma chi va a verificare? In fondo le terapie con i cavalli sono un modo per dare una parvenza socialmente utile ad attività altrimenti di tipo commerciale. La riprova è che anche il cavallo impiegato nelle "ippoterapie" appena non è più in grado di fare quel lavoro diventa di troppo, come tutti gli altri, e va al macello, come tutti gli altri, negando di fatto che si voglia veramente bene a tutti, anche a chi non è in piena forma tanto da poter lavorare, negando che in questi posti si voglia veramente trovare un'utilità sociale a chi, uomo o animale che sia, soffre di disabilità. A parte poche eccezioni che funzionano bene, il resto delle attività terapeutiche assistite con i cavalli ha in questioni di sgravi fiscali e nella capacità di attrarre fondi pubblici l'unica ragione d'essere, mentre l'etica, l'empatia e l'utilità sociale sono solo pretese.

L'etica o c'è o non c'è. L'empatia o c'è o non c'è. Se questi fattori mancano con i cavalli, mancano anche con le persone e portano a quelle derive e porblematiche note nel settore, che rendono l'ambiente, laddove è malsano, anche poco accogliente e poco spendibile per reclutare nuove persone al mondo del cavallo.

È interessante notare come la maggior parte delle persone che è consapevole dell'uso della violenza nel settore rientri tra i delusi, i feriti, se non gli emarginati. Cosa fare se rientrate tra questi e volete contribuire a sanare la violenza che c'è nel sistema? Occorre avere molto coraggio, perché il sistema si difende con la negazione e l'esclusione di chi condanna: persone scomode, che il sistema rifugge e cerca di allontanare con ritorsioni, isolamento, mobbing.

Occorre preparsi a estendere le proprie conoscenze teoriche e tecniche in modo da poter dire che non c'è bisogno di gestire i cavalli con l'uso della violenza, perché ci sono molte alternative là fuori. Sì, ci sono molti altri modi per fare meglio, ma richiedono, s'intende, più tempo e lavoro su se stessi, dunque investimenti emotivi.

Bisogna partire dal presupposto che la violenza è, e sarà sempre, sbagliata come metodo educativo, che l'approccio riguardi i bambini o gli animali.

Quindi, in pratica, ciò significa: ogni volta che si vede una violenza su un cavallo occorre fermarsi a pensare e non girare lo sguardo automaticamente per ignorare. Se siete allievi, cambiate maneggio se il vostro istruttore vi insegna ad abusare dei cavalli. Non c'è altro modo per far capire che la violenza non è normale ma è un abuso e va fermato.

Se siete allievi, sappiate che esistono altri tipi di approccio non violento che richiedono più tempo e pazienza, ma danno risultati più durevoli e permettono una connessione empatica vera con l'animale.
Se il cavallo fa dei rifiuti, c'è sempre una ragione logica che si può comprendere solo imparando a leggere i cavalli con lo studio dell'etologia.
Non va bene biasimare il cavallo perché non esegue come un'automa. Occorre riflettere criticamente sul proprio comportamento, conoscenza e abilità come conduttori e sulle reali possibilità del cavallo: non si può chiedere a un cavallo di andare oltre le sue possibilità e autodistruggersi per compiacere l'umano e la voglia di risultati sportivi.

Se vi trovate in un assetto dove vengono usate violenze, chiedete aiuto a persone che vivono una vita non violenta con i loro cavalli. E siate pronti a denunciare, armandovi di telefonini per provare gli abusi.
Imparate a capire i cavalli e trovate un modo di comunicazione equilibrato con loro: questo è l'unico obiettivo equestre onorato e onorevole oggi.

Se fino a qui non siete stati sulla strada corretta, non è mai troppo tardi per fare ammenda. Se si aspetta che il cambiamento arrivi dall'alto sono ancora destinati a soffrire impunemente molti cavalli.

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