La volontà di vincere nel mondo competitivo del cavallo di oggi può portare alla brutalità. Sai come proteggere i cavalli? Impara innanzitutto a riconoscere i segnali di abuso, e in secondo luogo a denunciare l'abuso perché non succeda più.
- Caso tipico: Un puledro sta in piedi legato in box. La sua cavezza è agganciata a una catena appesa a una trave. La corda solleva la testa e il collo del puledro a un livello scomodo; sembra quasi in punta di piedi. Tira contro il freno, alzandosi a metà e strascicando i piedi, cercando di alleviare il suo disagio. Il puledro sarà "appeso" in questo modo, lontano da cibo e acqua, tutta la notte. Scopo: risparmiare competenza, sostituita con l'abuso, a chi ne deve fare uso il mattino dopo.
- Altro caso tipico: Il cavallo rifiuta di piegarsi al desiderio dell'allenatore e viene piegato con la violenza fisica: pugni, calci e manganello.
Le persone che fanno questo lo possono chiamare una parte necessaria dell'allenamento. Altri lo chiamerebbero abuso. Un tempo si pensava che per educare i bambini fosse necessaria la cinghia o la stecca. Ora per fortuna i tempi sono cambiati. Per i bambini sì, per i cavalli ancora no.
Di solito, "maltrattamento di cavalli" evoca immagini di animali da cortile trascurati che muoiono di fame o disidratati per mancanza di acqua. Ma c'è un tipo più sottile di maltrattamento, che è anche quello più difficile da riconoscere dalle autorità sanitarie territoriali. Colpisce i cavalli agonisti per mano di coloro che sono incaricati delle loro cure. Si verifica quando il desiderio di vincere, o comunque di raggiungere un obiettivo di allenamento, supera i dettami del fair play e dell'etica.
A volte non riusciamo a riconoscerlo. ("È solo allenamento.") A volte lo giustifichiamo. ("Lo fanno tutti.") A volte, incredibilmente, lo condanniamo solo con le chiacchiere, senza fare nulla di concreto perché le cose cambino.
Tale abuso è inevitabile? Il cavallo è una delle creature più disponibili e addestrabili sulla terra. L'umano è il più intelligente e creativo. Entrambi sono tra gli esseri viventi più empatici per le relazioni interspecie. Non dovremmo essere in grado di persuadere i cavalli a eseguire i nostri ordini senza abusare di loro? Giustamente, qualcuno dice commentando vicende di abuso, "se non sei capace cambia lavoro".
Cos'è crudele?
Definire l'abuso nell'addestramento del cavallo non è così facile come potrebbe sembrare. Siamo tutti d'accordo che la corretta disciplina di un cavallo va bene, mentre il maltrattamento no. Ma qual è il confine? Come stendere i paletti tra ciò che è lecito e ciò che è punibile penalmente o mediante la giustizia sportiva?
Tirare un cicchetto ad un cavallo che presenta la groppa per calciare, chiaramente non è un abuso, è auto difesa; mentre frustare o picchiare ripetutamente un cavallo che cerca di resistere perché l'allenatore lo sta distruggendo, andando contro la sua salute e il suo benessere, a volte contro la sua vita, è autodifesa del cavallo. L'essere umano che sta cagionando sofferenza e rischio di pericolo per la vita di un animale per futili motivi, sottoponendolo a fatiche e sofferenze che sono eccessive per quel soggetto, lo sta maltrattando secondo il nostro codice penale.
L'area grigia tra il lecito e l'eccessivo
Ecco una lista di abusi largamente praticati e purtroppo non adeguatamente puniti
- Legatura stretta del cavallo in box per ore per sfinire la sua resistenza.
- Allenamento eccessivo fino allo sfinimento.
- Eccessivi rinforzi negativi con mezzi potenzialmente lesivi: fruste, speroni, imboccature coercitive.
- Spasmi eccessivi sulla bocca, specialmente con un morso severo (come un filetto a filo attorcigliato a scartamento ridotto) che causa lesioni alla lingua, alle barre o alle labbra.
- Frustate o percosse eccessive che causano terrore o lesioni (battute che rappresentano un'espressione di rabbia e frustrazione piuttosto che un misurato tentativo di disciplina).
- Colpire sulla testa, soprattutto con un'arma solida.
- Trattenere cibo o acqua per creare sottomissione.
Ci sono sicuramente allenatori la cui filosofia è vincere ad ogni costo. E ci sono anche allenatori che utilizzano metodi violenti per avere risultati molto mediocri. Se nessuno li ferma, penseranno che sia legittimo, che non ci sono altre possibilità, di essere cioè nel giusto.
Le cause dell'abuso
- Pressione per vincere
- Farlo per lavoro e non per hobby, dove l'abuso può essere un modo per portare a termine il lavoro
- Scarsa formazione
- Scarsa cultura equestre
- Ignoranza e scarsa abilità
- Irascibilità
- L'allenatore non è sobrio (esiste anche la piaga delle dipendenze agli stupefacenti, a peggiorare la tempra di alcuni allenatori, che quando sono strafatti abusano verbalmente di persone, oltre che fisicamente dei cavalli)
- Troppa facilità a conseguire i brevetti, senza adeguata formazione sul benessere animale
- Assenza di codice deontologico nel settore che porta ad eccesso di lassismo
- Pochi soldi e troppe ambizioni: quando un cavallo senza talento naturale per la disciplina viene comunque indirizzato all'agonismo, il rischio di abuso aumenta
- Insufficienza di disciplina amministrata come giustizia sportiva: l'impunibilità aumenta gli abusi
- Scarsi controlli
- Machismo da allenatore: non sei un vero uomo finché non mostri al cavallo chi comanda
Le possibili cause sono quindi molte, e alle volte mescolate tra loro.
Trovare una soluzione
L'abuso fa male ai cavalli, è chiaro, ma danneggia anche l'industria in generale, nella sua reputazione. Il danno allontana il pubblico, lo disaffeziona, e allontana anche persone di cavalli, specialmente se non vengono trovate soluzioni.
La soluzione non è impedire l'esposizione (quella si chiama omertà, mafia, ipocrisia). La soluzione è impedire l'abuso o punirlo correttamente, dandone immediata notizia.
Strategie risolutive:
- Trovare testimonials interni che dimostrino come i metodi non abusivi funzionino meglio degli abusi
- Fare in modo che chi sbaglia sia punito subito, a scopo preventivo anche per tutti gli altri
- Migliorare la formazione e la cultura equestre
- Settare obiettivi realistici per i cavalli: inutile alzare troppo l'ostacolo, diminuire di anno in anno la velocità con cui i cavalli i cavalli devono percorrere la pista, i cavalli non sono macchine che possono stare dietro a un'evoluzione troppo rapida delle aspettative rispetto alle possibili performance, l'agonismo deve darsi dei limiti e non chiedere troppo ai cavalli, cambiando le basi dello spettacolo: qualità della relazione più che velocità o altezza o tecnicismo della prestazione, l'agonismo guadagnerebbe così anche più pubblico, a nessuno oggi, in effetti, interessa uno spettacolo in cui il cavallo è svilito in macchina o motorino.