Assuefazione, desensibilizzazione e controcondizionamento sono tecniche utilizzate nell'addestramento animale per ottenere reazioni desiderate. Normalmente si tratta di ridurre le paure, ma funzionano anche come antidoto a frustrazione o eccitazione eccessivi. La distinzione tra i tre termini emerge quando guardiamo a come viene ottenuto l'obiettivo. Comprendere le differenze aiuta a decidere quando utilizzare l'una o l'altra tecnica.
Cos'è l'assuefazione?
L'assuefazione è quando ci si abitua a qualcosa semplicemente per esposizione ripetuta a quello stimolo. Il soggetto reagisce sempre meno ogni volta che è sottoposto a quello stimolo, fino a non reagire affatto.
Ad esempio, un cavallo si spaventa perché passa un trattore vicino al suo recinto. Col passare del tempo, vedendo il trattore passare ogni giorno, alla fine non reagisce affatto. Quel rumore diventa una nota di fondo che non spaventa più il cavallo. Questa è assuefazione.
Nell'assuefazione, lo stimolo disturbante si presenta come normale nella vita reale. Inoltre, nulla viene fatto dal conduttore umano quando accade l'evento. Il cavallo viene socializzato a quell'accadimento, si abitua a considerarlo nel tempo irrilevante per la sua sicurezza, non producendo più l'istinto di fuga per proteggersi.
L'assuefazione è utile per ridurre l'eccitazione del cavallo ad accadimenti ordinari che interessano la sua vita e che possono causare neofobia le prime volte in cui il cavallo li affronta, come l'aereo che passa sulla sua testa, il fruscio delle fronde al paddock quando tira vento, il rumore del treno che passa se si trasferisce in una zona limitrofa al tratto ferroviario, etc. Alla fine il cavallo non si spaventa più per queste cose, perché non sono più per lui una novità. Sono semplicemente cose che accadono e che non comportano rischio per la sua incolumità o vita.
Cos'è la desensibilizzazione?
La desensibilizzazione funziona secondo lo stesso principio dell'assuefazione, ma con minore intensità.
Invece di esporre il cavallo alla situazione della vita reale e a tutti i fattori di stress che ciò comporta, addestratori e comportamentisti impostano la desensibilizzazione in modo che lo stimolo avvenga a un “volume” inferiore al normale. L’obiettivo è far sì che la cosa accada a un livello così basso che il cavallo non reagisce con l'istinto di fuga come farebbe normalmente per una neofobia. Idealmente, significa introdurre il cavallo con gradualità a nuovi stimoli perché rimanga rilassato e non li interpreti come minacce alla sua sopravvivenza.
Ciò viene fatto ad esempio con il graduale inserimento dei finimenti da equitazione, in modo che il cavallo non sviluppi pregiudizi e li accetti volentieri. Si pensi al ciuccio in silicone spalmato di miele come prima imboccatura del cavallo sdomo per la graduale introduzione ad un morso successivo in ferro.
Nel tempo, man mano che il cavallo si abitua allo stimolo di livello inferiore, aumenta l'intensità dello stimolo fino ad arrivare a quello che il cavallo dovrà affrontare nel suo percorso di lavoro o equitazione. Ad esempio, in un cavallo sdomo, gli si fa provare a terra l'impatto sui fianchi delle staffe. Quando il cavallo non reagisce più alle staffe che battono sul suo costato, non se ne preoccupa, allora viene dato per acquisito quell'elemento e l'equestre può progredire al passo successivo dell'addestramento, fino a incorporare tutti gli elementi caratteristici dell'equitazione e farli accettare al cavallo come stimoli normali della sua vita domestica.
La desensibilizzazione viene spesso utilizzata per ridurre i comportamenti paurosi a cose nuove e trasformare la paura in una reazione almeno neutra. Il cavallo non è infastidito dalla cosa, ma non la deve necessariamente adorare. Non tutto ciò che i cavalli sono chiamati a fare può essere sempre piacevole per loro ma, per la sicurezza sia dei cavalli sia delle persone, è necessario che accettino come normali e non come veicolo di paura e minaccia un gran numero di situazioni che possono accadere al cavallo che vive in ambiente antropico e che è impiegato in attività umane di sport o lavoro.
Cos'è il controcondizionamento?
Il controcondizionamento modifica una reazione precedentemente appresa. Già è stata fatta un'associazione negativa e si vuole tentare di interrompere la correlazione.
Esempio. Il cavallo è stato costretto a salire sul van in malo modo, si è rovesciato e ora non vuole più salirci. Il controcondizionamento funziona lasciando che accada la cosa spaventosa, ma trasformandola in qualcosa di neutro o ancora meglio di positivo. Spesso i formatori e i comportamentisti usano l'esca alimentare, carote o mangime, per convincere il cavallo che salire sul van non è poi così male. Principalmente perché è facile per motivi di ripetizione e perché la maggior parte dei cavalli sono golosi e rispondono a quel tipo di stimolo.
Questo abbinamento stimolo-stimolo è ciò che è definito condizionamento classico. Succede una cosa e la abbiniamo ad un'altra cosa, preferibilmente piacevole. Alla fine, la sensazione associata alla ricompensa avrà il sopravvento sulla paura. Superata la paura, o il cattivo ricordo di salire sul van, il cavallo non temerà più quell'azione.
L'utilizzo dell'esca (il cibo) per ottenere il comportamento desiderato non è però l'opzione migliore o l'unica. Idealmente, si dovrebbe combinare la desensibilizzazione con il controcondizionamento. Anche se il controcondizionamento potrebbe funzionare, in pratica è piuttosto difficile convincere il cavallo a mangiare la ricompensa salendo sul van, se ne è talmente spaventato da opporsi con tutte le sue forze a salire.
Formatori e comportamentisti spesso combinano il controcondizionamento con la desensibilizzazione. Ad esempio, utilizzano un van o trailer di apprendimento che ha una rampa molto bassa con una inclinazione minima. Fanno salire sul van prima il miglior amico equino di quel cavallo. E poi provano a far salire il cavallo restio. All'inizio possono bastare pochi passi sulla rampa e danno la ricompensa. La cosa accade a un livello sufficientemente basso di stress da impedire al cavallo di reagire con quei comportamenti problematici che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti. Con la giusta configurazione, se non al primo tentativo, a uno successivo, il cavallo salirà e imparerà a non associare il van con un pericolo per se stesso, ottenendo anche una ricompensa a cose fatte per rafforzare la correlazione positiva, come la rete del fieno a cui attingere quando si è sistemato sul mezzo di trasporto.
Se il cavallo è calmo e fiducioso quando avviene il controcondizionamento, impara più in fretta. Man mano che il controcondiziamento mostra dei risultati neutri prevedibili, si può aumentare gradualmente il livello di stimolo, nell'esempio citato sopra, utilizzando un camion con una rampa più inclinata.
Il controcondizionamento è una tecnica per togliere ritrosie, paure, blocchi derivati dunque da cattive esperienze precedenti.
Tutto ciò sembra semplice sulla carta. In pratica, può essere più difficile. Principalmente perché ogni cavallo ha il suo carattere e il suo background e ciò che funziona facilmente con uno, può non funzionare allo stesso modo e con la stessa facilità su un altro. E, in secondo luogo, perché non tutti hanno accesso a bravi trainers per risolvere facilmente i problemi comportamentali accumulati dal cavallo.
Rimanere informati e continuare a studiare l'etologia e la formazione del cavallo può aiutare a prevenire i problemi o a sapere come risolverli prima che si cronicizzino.
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