Considerare il cavallo essere senziente, e non attrezzo sportivo, implica riconoscere che abbia una sua volontà, dei suoi diritti, delle sue esigenze, che possono differire da quelle dell'umano che ne è proprietario in anagrafe equidi. Per conoscere cosa il cavallo sente o vuole, esiste una precisa disciplina scientifica che permette di comunicare con lui e comprendere il suo linguaggio. L'etologia, o biologia comportamentale, è la branca della biologia e della zoologia che studia il comportamento animale e permette dunque di interpretarlo.
Origini e sviluppi della disciplina
Le speculazioni attorno alle manifestazioni del comportamento animale e del loro significato risalgono già ai grandi filosofi dell'antichità, da Anassagora a Empedocle, da Platone ad Aristotele, da Epicuro a S. Agostino.
Occorre però attendere la fine del secolo XIX per assistere ad una trattazione maggiormente scientifica dell'interpretazione del comportamento animale. Fu infatti nel periodo post-darwiniano, considerando Darwin il padre dell'etologia animale in senso moderno, che iniziarono a svilupparsi le prime scuole di pensiero nell'indagine scientifica e fu lo stesso Charles Darwin a dare inizio questo processo, attraverso la pubblicazione dei suoi modelli teorici di studi comparativi del comportamento animale in natura.
All'inizio del Secolo Novecento erano essenzialmente due le scuole di pensiero relative allo studio del comportamento animale: il comportamentismo (della scuola psicologica statunitense) e il pourposivismo (della scuola psicologica anglosassone). A capo di queste due scuole di pensiero c'erano rispettivamente John Watson e William Mc Dougall. Le due scuole di pensiero si contrapposero essenzialmente sui piani ideologici che le sorreggevano: la prima era soprattutto una psicologia dell'apprendimento e della gestione del comportamento; la seconda, maggiormente legata al finalismo.
Il comportamentismo, basando i propri principi maggiormente sulle evidenze scientifiche, vinse infine la disputa, grazie anche a Ivan Petrovič Pavlov. Pavlov, fisiologo russo fondatore della corrente psicologica della riflessologia, pubblicò nozioni sulla fisiologia della digestione che lo portarono a definire una vera e propria scienza sul riflesso condizionato, detto anche condizionamento classico, o pavloviano. Il condizionamento classico si verifica quando uno stimolo neutro diventa un segnale per un evento che sta per verificarsi. Se viene a crearsi un'associazione tra due eventi possiamo parlare di stimolo condizionato (artificiale) se è provocato dall'umano e stimolo incondizionato (naturale) se non prevede la mediazione umana.
Il passo successivo si deve alle pubblicazioni di uno zoologo austriaco: Konrad Lorenz. Lorenz chiarì molti degli aspetti che sino ad allora avevano generato confusione e discussioni e fondò la nuova disciplina scientifca: l'etologia. Konrad Lorenz, raggruppò durante il Novecento tutta una serie di studiosi e ricercatori che con lui condividevano il nuovo approccio evoluzionistico dello studio del comportamento e, con i massimi esponenti (Karl von Frish e Nikolaas Tinbergen), condivise il premio Nobel nel 1973.
Uno dei contributi maggiori dell'etologia classica è sicuramente la chiarificazione del concetto di istinto e la sua esplicazione in ambito scientifico. Konrad Lorenz definiva l'istinto come il comportamento innato, che non è stato modificato da processi di apprendimento. Queste considerazioni, portano oggi a definire il comportamento innato come un comportamento che possiede il requisito dell'ereditarietà.
L'Etologia attuale
Oggi l'etologia mantiene generalmente gli obiettivi e i presupposti dell'etologia lorenziana, dove è interpretata come studio comparato del comportamento animale, secondo metodi e criteri sovrapponibili a quelli utilizzati in altre discipline delle scienze biologiche. Molte scienze collaborano al perseguimento di questi obiettivi dell'etologia, come la fisiologia, l'ecologia, la zoologia, le scienze sociali e la psicologia.
Verso la fine del Novecento, la pubblicazione di alcuni libri riguardanti i diritti degli animali ebbe grandi ripercussioni sia in ambito politico che sociale. La nuova attenzione nei confronti dell'animale come essere senziente, influenzò notevolmente anche l'ambito scientifico ed aprì la strada, congiuntamente alle scienze psicologiche, ad un nuovo approccio nello studio del comportamento animale: quello cognitivo.
L'approccio cognitivo
Fu probabilmente l'attività divulgativa di scrittori attivisti per i diritti degli animali del calibro di Ruth Harrison e Donald Griffin a dare inizio a una nuova interpretazione nel significato di comportamento animale. Appare quindi nel tempo una diramazione dell'etologia classica definita "etologia cognitiva", secondo la quale è possibile adottare un approccio mentalistico nelle interpretazioni del comportamento animale, partendo dall'ammissione che gli animali sono capaci di compiere processi di esperienza, riflessione, soluzione, prefigurazione, ricordo.
Il benessere animale
Parallelamente alle nuove indagini cognitive, ebbe dunque grande sviluppo il concetto di benessere animale, qui inteso secondo la definizione di equilibrio mentale e fisico che consente all'animale di essere in armonia con l'ambiente che lo circonda. Lo studio comparato del comportamento ha fornito un contributo soprattutto nella costituzione dell'etologia applicata agli animali domestici, con riguardo all'allevamento, gestione ed educazione degli stessi.
L'etologia in Italia
In Italia l'etologia è giunta in modo tardivo per lo meno in fatto di pubblicazioni scientifiche, ma anche nelle pubblicazioni divulgative il termine stesso di etologia si rinviene in libri per il grande pubblico soltanto a partire dagli anni sessanta circa. Alcuni etologi si sono distinti dal punto di vista scientifico e hanno collaborato attivamente alla divulgazione di questa disciplina. Certamente, l'etologo più famoso è stato Danilo Mainardi, grazie anche alle sue innumerevoli presenze televisive e alla collaborazione con la nota trasmissione televisiva Quark. Mainardi, tuttavia, fu anche un appassionato ricercatore e si dedicò durante la sua carriera allo studio dell'evoluzione del comportamento sociale in relazione ai ruoli parentali e alloparentali, e sessuale degli animali a partire dallo stadio infantile, dimostrando in particolare l'importanza dell'imprinting nel determinare le preferenze sessuali, sociali e alimentari dell'individuo.
Altri nomi di rilievo dell'etologia animale in Italia sono stati Leo Pardi, Giorgio Celli, Enrico Alleva, Giorgio Punzo, Ettore Tibaldi e Roberto Marchesini.
Filoni di indagine
La ricerca scientifica ha permesso nel tempo di costituire più comparti di indagine per agevolare e semplificare la raccolta di evidenze:
- Filogenesi, ontogenesi e actogenesi del comportamento;
- Istinto;
- Apprendimento;
- Comportamenti sessuali;
- Comportamenti riproduttivi;
- Cure parentali;
- Sviluppo comportamentale infantile e adolescenziale;
- Organizzazione sociale;
- Aggressività;
- Rapporto col territorio;
- Sistemi di comunicazione;
- Cognizione ed emotività;
- Stress e comportamento patologico;
- Filogenesi dei comportamenti umani.
L'etologia equina
Questa è una particolare branchia dell'etologia che si applica specificatamente agli equini e che mette luce sui comportamenti istintivi dei cavalli e su come essi debbano essere gestiti per rispettare al meglio il loro agio e benessere. La disciplina si è evoluta cercando gli indicatori di stress degli equini, i comportamenti patologici che esprimono, e come l'essere umano dovrebbe rapportarsi al cavallo per diminuire quegli indicatori di stress e i disturbi comportamentali e di salute conseguenti, e dunque maggiorare il benessere equino in senso lato, psicofisico. Il tutto partendo dalla gestione primaria (come il cavallo è allevato e accudito) e dalla sua educazione alla collaborazione con l'essere umano per i vari impieghi.
A spingere sull'etologia equina nel mondo, sono stati soprattutto gli attivisti dei diritti degli animali, divulgando al largo pubblico cosa rende un cavallo unico nel regno animale e di cosa abbisogna per essere felice. Film, libri e romanzi, hanno aiutato in questa sensibilizzazione che ha messo in luce i bisogni e gli istinti dei cavalli:
- I cavalli sono fortemente socievoli.
- Sono animali da branco a loro agio quando possono vedere altri cavalli.
- I cavalli sono erbivori e fanno affidamento sul pascolo per il cibo, si muovono al passo per mangiare gran parte del loro tempo e questo è fondamentale per la corretta digestione.
- I cavalli mostrano tipicamente una tendenza all'imitazione tra giovani e anziani come processo di apprendimento.
- I cavalli in natura sono riproduttori stagionali.
- I maschi tendono a formare sottogruppi maschili separati in determinati periodi dell'anno.
- I cavalli sono prede nel regno animale.
- I cavalli sono capaci di forti relazioni sociali stabili nel tempo.
Le caratteristiche comportamentali di specie
La risposta "combatti o fuggi"
I cavalli si sono evoluti da piccoli mammiferi la cui sopravvivenza dipendeva dalla loro capacità di fuggire dai predatori. Questo meccanismo di sopravvivenza esiste ancora nel cavallo domestico. Gli esseri umani hanno rimosso molti predatori dalla vita del cavallo domestico attuale; tuttavia, il suo primo istinto quando è spaventato rimane quello di scappare. Se la corsa non è possibile, il cavallo ricorre a mordere, calciare, colpire o impennare per proteggersi.
La risposta "riposa e digerisci"
Una volta che il cavallo si è allontanato da un pericolo immediato potenziale, il corpo viene riportato a condizioni più "normali" tramite il sistema nervoso parasimpatico. Questo è innescato dal rilascio di endorfine nel cervello, e inverte efficacemente gli effetti della noradrenalina: il tasso metabolico, la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca diminuiscono e l'aumento di ossigeno e glucosio forniti ai muscoli e al cervello vengono riportati alla normalità che per il cavallo è pascolare e dedicarsi alla digestione, attività entrambe che richiedono serenità.
La natura sociale con gerarchie mobili
I cavalli sono animali da branco altamente socievoli che preferiscono vivere in gruppo. Non esiste un "ordine gerarchico" fisso nelle mandrie di cavalli. I cavalli selvaggi e in libertà comunicano principalmente tramite rinforzi positivi e meno tramite punizioni. Le gerarchie sono mobili, nessuno comanda per sempre, i cavalli seguono gli individui di cui si fidano di più, che sembrano più capaci, che conoscono meglio come arrivare in sicurezza ai pascoli migliori e alle fonti d'acqua più promettenti.
I legami affettivi
I cavalli sono in grado di formare legami di compagnia non solo con la loro stessa specie, ma anche con altri animali, compresi gli umani. In effetti, molti cavalli addomesticati diventeranno ansiosi, volubili e difficili da gestire se vengono isolati. I cavalli tenuti in isolamento quasi completo, sviluppano stress e comportamenti patologici conseguenti. Quando un cavallo imbrancato è separato dal gruppo amicale soffre di ansia da separazione.
Organizzazione sociale allo stato brado
I branchi di cavalli selvatici e selvaggi sono generalmente costituiti da diverse piccole "bande" separate che condividono un territorio. Il numero a branco può variare da due a 25 individui, per lo più fattrici e la loro prole, con uno o qualche stallone. I branchi sono definiti come un modello harem. Ogni gruppo è guidato da una cavalla dominante (a volte chiamata matriarca). La composizione del branco cambia quando i giovani animali vengono cacciati dalla loro fascia natale e si uniscono ad altri branchi, o quando gli stalloni si sfidano a vicenda per il dominio riproduttivo.
Nei branchi, di solito c'è un singolo stallone "guida", sebbene occasionalmente alcuni maschi meno dominanti possano rimanere ai margini del gruppo ad aiutarlo nelle sue funzioni. Il successo riproduttivo dello stallone dominante è determinato in parte dalla sua capacità di impedire ad altri maschi di accoppiarsi con le fattrici del suo harem. Lo stallone esercita anche un comportamento protettivo, pattuglia intorno al branco e prende l'iniziativa difensiva quando incontra una minaccia. Per i compiti difensivi può avvalersi di stalloni gregari che seguono il branco.
Struttura gerarchica
Le lotte per il dominio sono normalmente brevi e le manifestazioni che non implicano il contatto fisico sono sufficienti per mantenere la gerarchia. I cavalli si sono evoluti per vivere in branchi. Come per molti animali che vivono in grandi gruppi, l'istituzione di un sistema gerarchico stabile o "ordine gerarchico" è importante per ridurre l'aggressività e aumentare la coesione del gruppo. Non sempre però tra i cavalli si innesca una gerarchia di tipo lineare. Nelle gerarchie non lineari il cavallo A può essere dominante sul cavallo B, che è dominante sul cavallo C, tuttavia il cavallo C può essere dominante sul cavallo A. La dominanza può dipendere da una varietà di fattori, può quindi essere variabile durante la vita del branco o del singolo animale.
Una volta stabilita una gerarchia di dominanza, i cavalli il più delle volte si spostano in ordine di rango. La maggior parte dei giovani cavalli allo stato brado può rimanere con la mandria fino al raggiungimento della maturità sessuale, di solito nel primo o nel secondo anno. Studi su mandrie selvatiche hanno dimostrato che lo stallone alpha scaccia sia i puledri che le puledre; la spiegazione può essere ravvisata in quell' istinto che impedisce l'eccesso di consanguineità che minerebbe la salute dei nuovi nati. Le puledre di solito si uniscono a un branco limitrofo di cavalli. Spesso ci sono branchi satellite di scapoli, tra i quali si viene a definire uno stallone dominante che fonda nuovi branchi con le puledre espulse.
Ruolo della matriarca
Contrariamente alla credenza popolare, lo stallone della mandria non è il "sovrano" di un harem di femmine, sebbene di solito si impegni in un comportamento da pastore e protettivo. Piuttosto, il branco di cavalli selvatici tende a fare affidamento su una matriarca. La cavalla matriarca guida la mandria al cibo e all'acqua, controlla la routine quotidiana e il movimento della mandria e assicura il benessere generale della stessa.
Una recente teoria supplementare postula che esista una "leadership distribuita" e che nessun singolo individuo sia un leader di branco universale.
Ruolo dello stallone alpha
Gli stalloni tendono a rimanere ai margini della mandria dove combattono sia i predatori che gli altri maschi. Quando la mandria viaggia, lo stallone si trova nella parte posteriore e apparentemente spinge in avanti quelli che rimangono indietro agendo da pastore. Le fattrici e i maschi di rango inferiore difficilmente assumono questo comportamento da pastore. Durante la stagione degli amori, gli stalloni tendono ad agire in modo più aggressivo per mantenere le fattrici all'interno della mandria, tuttavia, la maggior parte del tempo lo stallone è rilassato e si occupa di "sorvegliare" la mandria e di marcare con l'odore i mucchi di letame e le macchie vegetali attraverso la minzione per comunicare il suo predominio come stallone da branco.
Dominanza nelle mandrie addomesticate
Poiché l'addomesticamento del cavallo predispone all'isolamento dei cavalli interi, sia le fattrici che i castroni possono diventare dominanti in una mandria domestica. Di solito la dominanza in questi casi è una questione di età e, in una certa misura, di temperamento. È comune che gli animali più anziani siano dominanti, sebbene gli animali vecchi e deboli possano perdere il loro rango nella mandria. Ci sono anche studi che suggeriscono che un puledro "erediterà" un comportamento dominante da sua madre, e alla maturità cercherà di ottenere lo stesso rango che ella aveva nel suo gruppo di riferimento.
Gli studi sui cavalli addomesticati indicano che i cavalli sembrano beneficiare di una forte presenza femminile nella mandria. Raggruppamenti di tutti i castroni o mandrie in cui un castrone è dominante sul resto della mandria; per esempio, se le fattrici nella mandria sono piuttosto giovani o di basso rango, possono essere più ansiosi come gruppo e meno rilassati di quelli in cui una cavalla è dominante.
Comunicazione
I cavalli comunicano in vari modi, comprese vocalizzazioni come sfregamenti, strilli o piagnucolii; toccare, attraverso la cura reciproca o il rannicchiarsi; odore; e linguaggio del corpo. I cavalli usano una combinazione di posizione dell'orecchio, altezza del collo e della testa, movimento e battito del piede o fruscio della coda per comunicare. La disciplina viene mantenuta in una mandria di cavalli attraverso il linguaggio del corpo e i gesti, quindi, se necessario, attraverso il contatto fisico come mordere, calciare, spingere o altri mezzi per costringere un membro del branco che si comporta male a muoversi. Nella maggior parte dei casi, l'animale che riesce a far muovere un altro è dominante, sia che utilizzi solo il linguaggio del corpo o che aggiunga rinforzo fisico.
I cavalli possono interpretare il linguaggio del corpo di altre creature, inclusi gli umani, che considerano predatori. Se socializzati al contatto umano, i cavalli di solito rispondono agli umani come predatori non minacciosi. Gli esseri umani non sempre lo capiscono, tuttavia, e possono comportarsi in un modo, in particolare se si utilizza una disciplina aggressiva, che assomiglia a un predatore che attacca e innesca la risposta di lotta o fuga del cavallo. D'altra parte, alcuni umani mostrano paura di un cavallo e un cavallo può interpretare questo comportamento come sottomissione umana all'autorità del cavallo, ponendo l'umano in un ruolo subordinato nella mente del cavallo. Questo può portare il cavallo a comportarsi in modo più dominante e aggressivo. I conduttori umani hanno più successo se imparano a interpretare correttamente il linguaggio del corpo di un cavallo e temperano le proprie risposte di conseguenza.
Educazione del cavallo
Alcuni metodi di addestramento del cavallo istruiscono esplicitamente gli umani a comportarsi in modi che il cavallo interpreterà come il comportamento di un leader fidato in una mandria naturale e quindi obbedirà più volentieri ai comandi di un conduttore umano. Altri metodi incoraggiano il condizionamento operante per insegnare al cavallo a rispondere nel modo desiderato al linguaggio del corpo umano, ma insegnano anche ai conduttori a riconoscere il significato del linguaggio del corpo del cavallo per evitare tensioni potenzialmente pericolose per la sicurezza. Il cavallo apprende per emulazione, per ripetizione, per incentivi positivi (premi) o negativi (punizioni), ma va ricordato che nel branco naturale le punizioni sono l'eccezione, non la regola, perché disincentivano i legami e le relazioni stabili.
Il riposo
I cavalli possono dormire sia in piedi che sdraiati. Possono sonnecchiare ed entrare in un sonno leggero stando in piedi, un adattamento come animali preda in natura. Sdraiarsi rende un animale più vulnerabile ai predatori. I cavalli sono in grado di dormire in piedi perché un "apparato di sostegno" nelle loro gambe consente loro di rilassare i muscoli e sonnecchiare senza collassare. I cavalli ottengono il sonno necessario da molti periodi di riposo brevi. I cavalli possono trascorrere da quattro a quindici ore al giorno a riposo in piedi e da pochi minuti a diverse ore sdraiati. Tuttavia, non tutto questo tempo il cavallo è addormentato; il tempo totale di sonno profondo in un giorno può variare da alcuni minuti a due ore. I cavalli richiedono circa due ore e mezza di sonno profondo, in media, in un periodo di 24 ore. La maggior parte di questo sonno avviene in molti brevi intervalli di circa 15 minuti ciascuno. I cavalli hanno bisogno di sdraiarsi di tanto in tanto e preferiscono un terreno soffice per un pisolino. I cavalli dormono meglio quando sono in gruppo perché alcuni animali dormiranno mentre altri staranno di guardia per carpire se arrivano i predatori. Un cavallo tenuto completamente solo potrebbe non dormire bene perché il suo istinto è quello di tenersi costantemente in allerta per il pericolo.
Alimentazione
I cavalli hanno un forte istinto di pascolo, preferendo passare la maggior parte delle ore della giornata a mangiare foraggio. Cavalli e altri equidi si sono evoluti come animali al pascolo, adattati a mangiare piccole quantità dello stesso tipo di cibo per tutto il giorno. In natura, il cavallo si adatta a mangiare le erbe che trova e percorre distanze significative ogni giorno per ottenere un'alimentazione adeguata. Quindi, i cavalli abbisognano di una fornitura quasi costante di cibo per mantenere il loro sistema digerente funzionante correttamente. I cavalli possono diventare ansiosi o stressati se ci sono lunghi periodi di tempo tra i pasti. Danno il meglio quando vengono nutriti con regolarità; sono creature abitudinarie e facilmente turbate dai cambiamenti nella routine. Quando i cavalli sono in una mandria, il loro comportamento è gerarchico: gli animali di rango più alto nella mandria mangiano e bevono per primi. Gli animali di basso rango, che mangiano per ultimi, potrebbero non avere abbastanza cibo e se ce ne è poco disponibile.
Disturbi psicologici
Quando sono confinati con compagnia, esercizio o stimolazione insufficienti, i cavalli possono sviluppare vizi stabili, un assortimento di stereotipie compulsive considerate cattive abitudini, per lo più di origine psicologica, che includono masticare il legno, camminare in circolo nella stalla , calci al muro, oscillazione laterale del collo e altri problemi. Questi sono stati collegati a una serie di possibili fattori causali, tra cui una mancanza di stimolazione ambientale e pratiche di svezzamento precoce. La ricerca è in corso per indagare i cambiamenti neurobiologici coinvolti nell'esecuzione di questi comportamenti, che possono essere prevenuti allevando i cavalli maggiormente secondo la loro natura.
Conclusioni
E' il caso di prendersi un cavallo se non se ne conosce la natura? La gestione etologica è necessaria per il benessere del cavallo e richiede individui umani preparati e colti di cavalli. Diventarlo richiede un percorso che è più complesso rispetto a quello necessario per diventare proprietario responsabile di un cane o di un gatto.
Il possesso responsabile indicherebbe che non dovrebbe essere permesso a chiunque appropriarsi di un cavallo; sarebbe auspicabile che fosse necessario almeno un autoesame per risorse e competenze per limitare la sofferenza gratuita legata all'ignoranza.
Per l'ignoranza volontaria, invece, solo normative sempre più severe che puniscano chi antepone i propri interessi personali al benessere del cavallo potranno sortire il risultato di mitigare la sofferenza connessa a una gestione disequina dell'animale.