L'orgoglio non è sempre un sentimento da disprezzare, con senso attenuato rispetto all'interpretazione di difetto, può rappresentare un sentimento non biasimevole della propria dignità o giustificata fierezza. E chi, se non il cavallo, quando è giovane, sano, forte, bello, non ha diritto ad essere orgoglioso di sé?
Il cavallo esprime questo suo sentire con passo baldanzoso, inarcando il collo, girando le orecchie in avanti, dilatando le narici, sollevando la coda e in altri modi gioviali ed esuberanti, quando non pomposi, di mostrare la sua avvenenza e forza fisica ad altri cavalli, magari femmine in calore se si tratta di uno stallone, ma anche un castrone, un puledro, una fattrice, tutti i cavalli competono naturalmente per un posto al sole, un ruolo sociale nella gerarchia del branco, e più si sentono in forma e a posto con se stessi, con i requisiti per, e più si sentono invogliati a dimostrare l'orgoglio del proprio essere.
Certo, non sempre gli altri membri del branco sono disposti a dare troppa credibilità a dimostrazioni di orgoglio e fierezza, ma fa tutto parte del gioco.
Ha senso per il proprietario reprimere ogni comportamento baldanzoso del cavallo?
Non sempre e, anzi, solo se l'atteggiamento mette in serio pericolo qualcosa o qualcuno.
Ci sono casi in cui è controproducente. Ad esempio, se si tratta di un cavallo che compete in gare ed affini, quell'orgoglio si può tramutare in energia supplementare, senza bisogno di chimica, per qualificarsi meglio nella performance.
Fino a che la baldanza non nuoce a nessuno, non costituisce un pericolo, ma è solo espressione di gioia di vivere, reprimerla - magari anche in modo scorretto - può innescare spirali di antagonismo, incomprensioni, disagio, incompatibilità relazionali tra proprietario e cavallo.
E' sempre una questione di misura. I cavalli non sono stupidi come qualcuno preferisce credere. Possono essere corretti nell'eccesso di baldanza quando serve e ricordare la misura giusta delle libertà che si possono prendere.
Ricordiamoci che i sentimenti sono movimenti spontanei di vitalità. Reprimerli, poi in modo sbagliato, diminuisce a lungo andare tutte le possibilità del sentire. Questo non solo può portare a blocchi emozionali ma, in bionenergetica, si può parlare di blocchi di vita.
I cavalli sono troppo spesso repressi per adattarsi all'ambiente antropico e alle esigenze di proprietari e detentori. A furia di trattenersi, rischiano di divenire disequini, eccessivamente sottomessi fino ad apparire robotici o piuttosto di ribellarsi e divenire cavalli aggressivi, nello sforzo di poter esprimere il proprio sé vitale.
La ribellione è spesso la copertura di un bisogno, mentre la sottomissione può coprire la paura.
In entrambi i casi, il delicato equilibrio digestivo del cavallo ne può risentire generando coliche da stress nervoso. Vi sono anche altre patologie del cavallo collegabili in principio alla mancanza di liberalità espressiva, come i vizi da stalla, la depressione, le malattie auto immuni. Anziché dunque reprimere il soffio vitale del cavallo, occorrerebbe imparare a prendere confidenza nell'affrontarlo e guidarlo ad esprimersi in modi corretti per la sicurezza del cavallo, degli altri animali presenti e delle persone che accedono alla scuderia e ai suoi spazi esterni.
E' sempre meglio un cavallo soddisfatto di sé, che un cavallo fuori di sé, dopotutto.