La definizione che segue dei 4 archetipi indica un arco temporale progressivo, dai paradigmi più vecchi a quelli più recenti. Gli archetipi costituiscono un modello statico di generalizzazione per semplificare la realtà, che è spesso più complessa.


Il modello utilitaristico, stile “militare”: il cavallo è un oggetto di servizio.
E’ quello del passato, quando tutti i cavalli erano definiti come beni allevati per specifiche funzioni di servizio. Trae le sue origini nelle radici dello stile “inglese”, che si traduce in un'ossessione per l’aspetto, l’estetica, le regole rigide e un controllo pieno sul cavallo.
Ne discende uno stile di equitazione focalizzato sull'esecuzione di disegni geometrici in rettangolo, dove viene premiata la precisione del cavaliere e l'obbedienza del cavallo. Tradizionalmente il modello tendeva alla sottomissione incondizionata dell'animale prevedendo acciocché fosse possibile l’impiego di strumenti coercitivi: frustini, speroni, morsi, redini di ritorno, abbassatesta, gogues, pessoa, martingale fisse, chiudibocca… tutti potenzialmente dolorosi e tesi a costringere il cavallo a fare quello che domanda il cavaliere, anche quando ciò comporta disagio e dolore al cavallo. Questo modello non è diverso da quello da lavoro spagnolo che ha gettato le basi per la monta classica e il dressage.

Il modello antropomorfico: Il cavallo è un oggetto di piacere.
E' forse il più diffuso e si basa sul pensare che l'essere umano sia al centro del mondo, e ciò che va bene per gli umani debba andare bene anche per gli animali, nati per accontentare i primi. In cambio il cavallo riceve beni compensativi, non sempre indispensabili: la capezza nuova, la copertina nuova, la sella nuova, l'ultima lettiera in commercio, granaglie e altre leccornie. I beni compensativi soddisfano la mente del proprietario del cavallo e facilitano le sue inclinazioni di impiego, oltre a poter diventare occasione di vanto con gli amici; possono dare maggior comfort anche al cavallo, ma non rispondono necessariamente ai bisogni reali di quest’ultimo. Ovvero, il cavallo potrebbe rimanere scuderizzato in isolamento anche 24 ore al giorno 7 giorni a settimana, per uscire solo quando il proprietario deve fare equitazione. I bisogni naturali dell’animale sono spesso ignorati e quando il cavallo non serve più viene ceduto o smaltito senza problemi di coscienza.

Il modello etologico: il cavallo è un oggetto da comprendere per controllarlo meglio.
Sviluppato particolarmente negli ultimi 20 anni, mette al centro il comportamento osservato dei cavalli in natura, in modo da ottenere molto di più dalla cooperazione e dalla comprensione del cavallo, piuttosto che dalla paura, dal dolore e dall'intimidazione. 
Dal punto di vista dell'addestramento, in genere questo prende la forma di pressione e di rilascio, o di avanzamento e arretramento, ma anche di condizionamenteo per assuefazione. Tutti modi legittimi nella formazione di un cavallo che hanno spinto l’equitazione a evolversi e sono applicabili a qualsiasi disciplina equestre o ippica. Non si tratta di metodi infallibili, perché sottintendono risposte meccaniche del cavallo, ovvero se applicati per lunghi periodi di tempo, in modo ripetitivo, possono generare risposte di fuga.

Il modello naturale: il cavallo è un soggetto di diritto.
E’ definito come il modello olistico, che tiene cioè conto del cavallo nella sua interezza: corpo, mente, spirito. Pone il cavallo e le sue esigenze primarie al centro. Porta a farsi domande del tipo: il cavallo è felice o non felice? Questo piace o non piace al cavallo? Gli fa bene o non gli fa bene? Dove solo ciò che rende il cavallo felice, sereno o appagato diventa legittimo per giustificare il suo possibile impiego in un'attività a beneficio per umani. 
Per funzionare questo modello si basa sulla relazione personale tra cavallo e persona e sull’ambiente in cui il cavallo è inserito, che prevede la gestione del cavallo in recinti all'aperto, magari in compagnia di propri simili, opponendosi alla scuderizzazione tradizionale che isola il cavallo e gli impedisce la socializzazione primaria. Chi aderisce a  questo modello, può finire per rifiutare gli impieghi tradizionali del cavallo per preferire l'animale come soggetto solo da compagnia o montabile ma non in un percorso di agonismo, gare o concorsi.