La psicologia è applicabile agli animali anche se non sono pari all'essere umano dal punto di vista cognitivo.

In particolare i cavalli, rispetto all’umano, funzionano in modo più semplice e istintivo e forse anche per questo non è impossibile leggerne i comportamenti e dare ad essi un'interpretazione in base al senso di causa ed effetto.

I cavalli parlano attraverso tutto il loro corpo, oltre che esprimendo suoni vocali. Esprimono in linguaggio fisico disagio, stress, desideri, intenzioni, fastidi, felicità. Tutto un universo di emozioni che permette alle persone interessate alla relazione con il cavallo di entrarci in comunicazione.

Lo studio della psiche animale è relativamente recente e ancora non troppo diffuso ma la pet therapy poggia in gran parte su questa scienza sociale l'aspettativa indotta di recare beneficio e poiché può muovere investimenti pubblici, le ricerche e le sperimentazioni in questo senso sono in aumento.

Se accettiamo il presupposto che anche il cavallo abbia una psiche e un soma, dobbiamo accondiscendere anche alle conseguenze: possono esistere psicopatologie equine.

Come per l’uomo, molte patologie mentali possono affliggere i cavalli, tra queste in primis la solitudine e la depressione.

L’etologia, in particolare, si occupa dell’identificazione e cura di tali patologie.

Una volta identificato un problema, si dovrebbe procedere, se si è nelle condizioni di poterlo fare, alla risoluzione della patologia influendo sulla gestione dell'animale e dunque sulla relazione che il cavallo ha con il suo ambiente e con l'umano che se ne occupa.

Spesso, infatti, queste patologie possono essere causate da comportamenti errati o mancanza di risposta ai bisogni dell’animale da parte di chi se ne prende cura.

Il cavallo manifesta il disagio psichico attraverso il linguaggio corporeo e il comportamento. Essere in grado di riconoscere i segnali di allarme dovrebbe essere basilare quando si decide di volere un cavallo e di fare del proprio meglio per accudirlo in benessere fisico e mentale.

Amare un cavallo significa anche comprenderlo nella sua totalità. Conoscere questi segnali può essere un primo passo verso la comprensione e la prevenzione di eventuali disagi psichici.

IL CAVALLO, psicologia evolutiva

Il cavallo in passato era un animale assai più comune e diffuso di quanto non lo sia oggi. Era infatti funzionale a molte attività umane di lavoro e trasporto. Con l'avvento delle macchine e dell'urbanizzazione sopravvive solo negli sport e come pet terapista. C'è da dire che non è un animale che si adatta facilmente al ritmo e connotazione della vita contemporanea. Richiede spazi ampi e tempi lunghi di apprendimento. Ha costi di gestione non banali e un'aspettativa di vita che crea più disagio che non in chi non vede il cavallo come animale da macello, ma non è disposto ad accollarsene il peso di mantenimento vita natural durante.

Il cavallo deriva dagli ungulati, tutti animali che hanno la tendenza a vivere selvatici in branco, in quanto prede. Il cavallo vive in branco, con i simili, per cooperare alla floridità della propria comunità e per aumentare le possibilità di sopravvivenza del singolo.

E' riuscito ad evolversi in modo da adattare questo attaccamento e questa necessità di vivere in branco alle esigenze umane, imparando a riconoscere le persone che si occupano di lui positivamente come “parte del branco”.

Il puledro dal quarto mese di vita entra in un periodo di transizione che gradualmente lo porta a un'indipendenza sempre maggiore sia dalla fattrice, sia dagli altri cavalli del branco.

L’allontanamento dalla madre viene determinato dallo svezzamento che, in natura, avviene quando nasce un altro puledro, quindi intorno a un anno o due di età. La fattrice è disponibile a un nuovo accoppiamento già dopo una decina di giorni dal parto, e la gravidanza dura 11 mesi.

In cattività quasi mai questa tempistica è rispettata e quasi sempre il puledro è avviato a uno svezzamento precoce intorno ai 6 mesi di vita. 

La separazione precoce non è piacevole: puledro e fattrice si cercano ripetutamente con forti richiami vocali e spesso il puledro diventa iperattivo e irrequieto. Nei casi più fortunati il puledro viene messo in recinto con altri puledri, oppure la separazione è solo parziale perché la fattrice è nel paddock attiguo.

L'ideale, per quanto non funzionale all'economia umana sul cavallo, sarebbe sempre quello di cercare di rispettare madre natura con lo svezzamento tardivo, che porta a soggetti più equilibrati.

E’ importante sin dalla nascita che il puledro possa stare con altri puledri con i quali apprende attraverso il gioco i comportamenti di sottomissione e dominanza e anche la capacità di comunicare.

Il contatto precoce con l’essere umano - imprinting - previene comportamenti di difficile gestione in età adulta. Un cavallo non abituato al contatto con l’umano potrebbe mostrarsi impaurito, diffidente, nervoso o particolarmente imprevedibile.

Cavalli allevati in ambiente domestico si mostrano più fiduciosi e mansueti rispetto ai cavalli allevati bradi e catturati al pascolo. Sono infatti più disposti a interpretare l’essere umano come “parte della famiglia”.

Entro i 3 anni di vita si forma la personalità del cavallo. Saltano fuori comportamenti di dominanza o sottomissione, nonché le inclinazioni, le tare genetiche e quanto altro, di cui tenere conto per il successivo impiego.

COMPORTAMENTI COMUNICATIVI DEL CAVALLO

Il cavallo possiede una serie di comportamenti specie specifici che hanno lo scopo di comunicare agli atri informazioni importanti sul suo stato d’animo e su ciò che sta per compiere.

Bisogna prestare attenzione a questi specifici movimenti e gesti che possono indicare stress, disagio, malattia. Questa attenzione serve più scopi: dalla sicurezza e incolumità di cose e persone, a più salute e benessere per il cavallo.

I cosidetti vizi di stalla, che discendono da un eccessso di isolamento in scuderizzazione, sono indice - ad esempio - di depressione, ansia e stress. Prevenirli è assai più facile che curarli.

Imparare a comunicare con il proprio cavallo tramite il comportamento non verbale è utile ad affinare l'armonia del binomio, a imprimere maggiore sicurezza e prevedibilità nel rapporto e a ricorrere a meno a strumenti coercitivi per il controllo dell'animale. In definitiva, solo diminuire i rischi, dato che l'equitazione è uno sport implicitamente pericoloso, dovrebbe essere una motivazione più che sufficiente per desiderare apprenderne di più di psicologia comportamentale del cavallo.

Chi ha paura dei cavalli, ad esempio, lo trasmette con movimenti bruschi, manifestazioni inappropriate, persino odori corporei aspri, un insieme di parametri che possono spaventare il cavallo, indurlo ad arretrare o all'opposto a cercare di dominare la situazione come strumento di autodifesa, facendo perdere all'essere umano il controllo.

Il cavallo muove le orecchie in funzione del suo stato d’animo e delle sue emozioni. Se sono puntate in avanti in genere il cavallo è attento, interessato e curioso, ma può denotare anche solo voglia di comprendere ciò che accade in fronte a lui. Quando sono rilassate in una posizione neutrale allora il cavallo è tranquillo. Se sono divaricate agli angoli della testa può essere che il cavallo sia in dormiveglia. Se le orecchie sono leggermente all’indietro il cavallo potrebbe esprimere nervosismo. Quando sono abbassate allora il cavallo può esprimere aggressività.

Particolarmente gli occhi di un cavallo trasmettono le sue emozioni. Lo sguardo di sbieco indica sottomissione, le pupille dilatate indicano paura e agitazione. Uno sguardo languido è sempre amorevole.

Tutto il corpo parla e ogni sintomo è un messaggio, è questo il concetto base da non dimenticare mai.

Se il cavallo appoggia il muso sul proprio padrone (o incrocia il collo con quello di un simile) è un gesto di affetto, conforto e appartenenza alla stessa famiglia.

I segnali posturali sono forme di comunicazione molto evidenti e ci aiutano a interpretare l’ "umore” del cavallo: un collo teso, con orecchie appiattite e testa inclinata di lato è segno di minaccia. Quando un cavallo si prepara a scalciare arrotonda leggermente la schiena e alza entrambi gli arti posteriori o uno solo. La tendenza a calciare coi posteriori è soprattutto una prerogativa della femmina per sistemare i ruoli. I maschi aggrediscono frontalmente mostrando i denti, morsicando, rampando o impennandosi, ma neppure loro disdegnano una doppietta assestata con i posteriori se necessario a difendere le proprie prerogative acquisite.

Anche la coda ha una funzione comunicativa importante: quando il cavallo la alza come una bandiera comunica l’eccitazione che precede di solito una dimostrazione di baldanza e possenza. Gli stalloni alzano invece la coda dopo un rapporto sessuale e le giumente quando sono in calore. Una coda bassa e aderente al corpo può indicare timore. Quando la coda viene agitata in modo aggressivo o fatta ruotare con un movimento circolare, allora il cavallo potrebbe essere scocciato, come quando deve scacciare una mosca o un tafano che lo importunano.

FUNZIONI ANATOMICHE E COMUNICAZIONE

Per i cavalli l'olfatto è un mezzo comunicativo importante. I cavalli percepiscono odori fuori dalla portata dell'essere umano.

Dall'odore, già a distanza, il cavallo comprende se ha a che fare con un uomo o una donna, una persona sapiente di cavalli o priva di esperienza e magari nervosa all'approccio. Dall'odore il cavallo sa se ha di fronte un carnivoro o meno; se si tratta di una persona da temere o di cui non è necessario avere rispetto. E' dall'odore che il cavallo percepisce lo “stato sociale” dell’altro (dominante/sottomesso).

L’udito è pure un senso importante. Il cavallo "parla" attraverso i nitriti, il brontolio, le grida, gli sbruffi, i gemiti, i ruggiti e gli strilli. I nitriti sono usati per segnalare la presenza di un individuo e sono importanti per mantenere la coesione del branco. I brontolii vengono usati per incoraggiare un individuo ad avvicinarsi, soprattutto si sentono dalle fattrici nei confronti della loro prole. Le grida si pensa siano segnali difensivi di minaccia usati nell’incontro tra individui che non si conoscono oppure possono essere risposte al dolore acuto.

CONCLUSIONI

Imparare a “leggere” e comprendere il linguaggio verbale e non verbale del cavallo facilita la relazione e la rafforza.

L’abilità di capire i segnali inviati dal proprio cavallo è utile anche per prevenire comportamenti indesiderati ed eventuali disturbi del comportamento, nonché per comprendere quanto prima l'insorgenza di un disagio, di una malattia, di un problema fisico.

La personalità di un cavallo, seppur individuale e unica, dipende spesso dalla personalità del proprietario. Se questo è pauroso, insicuro, gode di scarsa autostima o ha una posizione sociale bassa tra gli umani che gli provoca un disagio psicologico, presto il cavallo, se è un tipo dominante, potrebbe prendere il sopravvento, divenire indolente, refrattario a eseguire il lavoro e alle volte anche aggressivo, specialmente se non si sente adeguatamente protetto. Se il cavallo è invece sottomesso, potrebbe diventare imprevedibile e ancora più timoroso, assorbendo le emozioni di incertezza del proprietario.

La psicologia in ambito animale si differenzia dall’addestramento e dalle tecniche di formazione per l'equitazione. Tuttavia, costituisce per queste un valore aggiunto per costruire una sintonia più naturale e meno artificiale o bisognosa di aiuti meccanici come finimenti di particolare contenimento.

I cavalli possono sviluppare sintomi depressivi, di ansia, di dolore che ci vengono comunicati tramite comportamenti atipici (non mangiare, isolamento, imprevedibilità, aggressività, vizi di stalla).

Conoscere a fondo il cavallo e la sua psiche aiuta a trovare immediatamente una spiegazione e dunque una possibile soluzione se si è interessati alla lunga vita e benessere del compagno equino, o a maggiorare comunque la sicurezza nel rapporto cavallo/cavaliere.