Ci sono regioni italiane dove il furto di cavalli, presumbilmente destinato alla macellazione clandestina, pone un serio problema di sicurezza alimentare.

Tra le regioni i cui casi di furto di cavalli hanno prodotto più post sui social di rammarico delle vittime, proprietari di cavalli, durante il 2019/20, vanno annoverati Lazio, Puglia e Calabria. Ma non sono le uniche regioni in cui furti di cavalli, veri o finti, avvengono. Il più delle volte il furto di cavalli non è lamentato pubblicamente ma si configura come una semplice denuncia a cui non dare troppa pubblicità, perché nel mondo del cavallo non ci sono solo proprietari amorevoli di cavalli affettivi, che sono anzi la minoranza degli utenti.

Da cui le logiche conseguenze. Il furto di cavalli per scopi illeciti genera in Italia poche azioni di contrasto e poche richieste di inasprimento pene. Eppure è un business della criminalità organizzata che può generare danni patrimoniali, affettivi e, per la mancanza di tracciabilità degli animali, un rischio alimentare.

Secondo stime in circolazione, ammonterebbero a circa 8.000 gli equini spariti nel nulla nel 2019. Purtroppo, non è dato sapere quanti di questi furti siano reali o su commissione, perché nell'ammontare delle denunce di furto/smarrimento, si nascondono sicuramente anche furti falsi, denunciati al solo scopo di macellare abusivamente, o non smaltire regolarmente, equini in esubero, malati, infortunati, vecchi e non più produttivi di reddito.

Quando occasionalmente emerge il reato di macellazione abusiva, si configurano documenti di trasporto e identificazione falsi, con conseguente messa in commercio di carne non controllata e potenzialmente non idonea al consumo.

Ci sono macelli che hanno fatto parlare di sé per il ripetuto crimine di frode alimentare. Eppure sono ancora aperti, pur avendo messo in commercio alimenti privi dei controlli sanitari e dunque a rischio di trasmissione di malattie infettive. Ciò fa presumere un sistema corrotto, un'organizzazione della filiera illegale e clandestina che corre bonariamente parallela a quella certificata, senza adeguate forme di contrasto.

La maggioranza degli equini che entrano nella filiera parallela sono quelli allevati per motivi ludici, ricreativi, sportivi, ippici, terapeutici, ma non alimentari, e che in barba alla normativa in vigore, che li escluderebbe dalla macellazione per motivi sanitari, vi finiscono perché rubati realmente o a seguito di un furto su commissione, che permette ai proprietari di lucrare sulla rottamazione di animali non più voluti o più semplicemente di toglierseli dal mantenimento.

La mancanza di coerenza con il destino ultimo da parte di molti proprietari, e la mancanza di misure reali di tutela e tracciabilità per gli equini non macellabili, sono il vettore su cui cresce la macellazione abusiva.

Se anche sotto il profilo sanitario la pericolosità fosse contenuta (e non è il caso di quei cavalli che hanno fatto una vita di agonismo), con l’aumentare dell’interesse per prodotti “genuini”, non industriali, certificati, la macellazione abusiva dei cavalli danneggia la filiera della carne equina che vuole promuoversi come qualitativa, da cui la disaffezione graduale del mercato, in Italia, al prodotto alimentare a base di carne equina.

Diverse inchieste hanno dimostrato il coinvolgimento dei classici sodalizi criminali dell'ippomafia nella gestione dell’intera filiera dal trasporto, alla ricettazione, alla macellazione abusiva e alla distribuzione della carne, dimostrando totale spregio per la legalità, le regole, la salute delle persone e la vita dei cavalli e immettendo sul mercato carne assolutamente non idonea al consumo.

Eppure, anche i pochi processi aperti per la sparizione di cavalli, destinati al mercato parallelo di macellazione abusiva, dimostrano scarso interesse politico a punire in modo esemplare i trafficanti di cavalli, ben coperti dalla loro affiliazione a clan ippomafiosi in grado di corrompere il percorso di giustizia, almeno con la normativa attuale per cui la frode alimentare è una contravvenzione e non un delitto, visto che non è riconosciuto il "maltrattamento" nell'uccisione di un cavallo non destinato alla produzione alimentare.

Dunque, degli 8.000 cavalli presumibilmente rubati nel 2019, quante sono le indagini con reinvio a giudizio per macellazione abusiva, animalicidio e maltrattamento equino di trafficanti di cavalli? Questa è la domanda da porre alle autorità, con la conseguente richiesta di inasprire il reato di ricettazione, abigeato, furto di bestiame, macellazione abusiva, sequestrando i camion con cui vengono trasportati gli animali e chiudendo gli impianti che macellano abusivamente, anziché somministrare sanzioni per frodi alimentari o per trasporto non tracciabile.

Fondamentale sarebbe anche prevenire e punire i falsi furti e smarrimenti, costringendo i proprietari di cavalli a maggiore responsabilità e coerenza con il destino ultimo del cavallo. Non lo comanda il dottore di prendersi un cavallo non macellabile. Se si è favorevoli alla macellazione equina, tanto vale non acquistare cavalli registrati come non macellabili, per poi trovarsi a "smaltirli" illecitamente. Diventare dei criminali solo per praticare uno sport, è quanto di più insulso, patetico e futile possa esserci. Un conto è il poveretto che ruba una mela perché ha fame, altra cosa l'essere umano che, pur di somministrarre farmaci illeciti per la salubrità delle carni, registra il cavallo come non macellabile in anagrafe, e poi lo avvia alla macellazione abusiva per liberarsi dal mantenimento dell'animale quando non gli serve più.

Fino a che non saranno puniti questi comportamenti anti etici, anti sportivi, illegali, alla fonte, la politica continuerà a chiudere un occhio sulla ricettazione e macellazione abusiva dei cavalli, al fine di promuovere le varie attività con i cavalli usa e getta, che sono la base dell'industria equina.