Uno studio, pubblicato dal Journal of Sports Science 5 (2017) 119-137 D doi: 10.17265 / 2332-7839 / 2017.02.007 - David Publishing, titolo: "Storie di cavalli popolari e l'invenzione della relazione contemporanea umano-cavallo attraverso un paradigma di Alter Ego",  Autrice: Sylvine Pickel Chevalier, professore associato, PhD, del Dipartimento del Turismo (ESTHUA), Università di Angers, Laboratorio Eso Espaces & Sociétés UMR 6590 CNRS, Angers, Regione della Loira, Francia, riassume la percezione odierna del cavallo da parte di un pubblico femminile.

Premesse: dalla fine del 19° all'alba del ventesimo secolo, lo sviluppo tecnologico ha reso progressivamente obsoleto l'uso del cavallo come fonte di energia e potere, promuovendo lo slittamento dalle funzioni utilitaristiche (trasporto, lavoro e guerra) a quelle sociali.

E' stato soprattutto l'avvento della società del tempo libero che ha incoraggiato la ridefinizione del cavallo e delle sue rappresentazioni sociali, un processo guidato dalle arti popolari, specialmente quelle destinate al pubblico dei bambini e dei giovani. Lo scopo di questo studio è duplice:

  • Il primo è quello di promuovere una comprensione del ruolo storico delle arti popolari (letteratura, film) nell'evoluzione della concettualizzazione del rapporto umano/equino e negli orientamenti attuali dell'equitazione.
  • Il secondo è quello di esaminare l'effettiva influenza dell'arte popolare sull'impiego dei cavalli, in particolare attraverso il paradigma diffuso del cavallo come alter ego.

Parole chiave:

  • Relazione umano/equino,
  • cavallo come alter ego,
  • arte popolare,
  • narrativa sui cavalli,
  • bambini e giovani,
  • femminilizzazione dell'equitazione.

Svolgimento, sintesi

Lo studio è stato condotto attraverso la disamina di centinaia di opere popolari sui cavalli prodotte dalla civiltà occidentale (tra le quali 60 libri, 92 film e 10 serie televisive). Lo studio ha coinvolto operatori di settore, associazioni ed enti in più paesi, anche attraverso lo strumento dell'intervista.

Quello che emerge è un quadro piuttosto limpido della società moderna. Con l'era del benessere, dei meno figli, specialmente nelle famiglie più agiate, le donne hanno del tempo libero da dedicare a se stesse e ai propri hobby. Anche infanzia e adolescenza sono più curate e la gioventù è valorizzata con arte popolare ad essa dedicata che esalta l'infanzia e le sue esigenze, gusti, necessità di intrattenimento tarato. 

Avendo meno fratelli, i bambini hanno accesso agli animali come compagni privilegiati d'infanzia. Ne consegue che alcuni animali ricevono uno status migliorativo, diventano animali d'affezione, membri della famiglia, con diritti di tutela maggiorati rispetto ad altri animali. 

Nei film e letteratura per l'infanzia, gli animali ricevono un'anima. Il cavallo diventa uno degli animali preferiti per le storie di bambini. In queste storie, spesso viene additato il maltrattamento del cavallo, si favorisce l'identificazione del bambino con il cavallo e si suggerisce di salvarlo come parte del salvare se stessi.

Questa rappresentazione ha trovato il suo punto di riferimento più aulico e di successo nel romanzo di Anna Sewell del 1877 "Black Beauty, l'autobiografia di un cavallo". Un libro inteso principalmente per i bambini, che ha affrontato il mondo degli adulti non solo attraverso la denuncia di maltrattamento dei cavalli, ma anche quella di sfruttamento delle classi lavoratrici dell'Inghilterra vittoriana, facendo identificare per la prima volta il cavallo con il popolo, i guai del primo con le paturnie del secondo. Il libro, un successo dal momento stesso in cui è stato pubblicato, è stato tradotto in tutte le lingue ed è rimasto da allora imbattuto nelle vendite (nel panorama dei libri sui cavalli), mettendo in discussione le rappresentazioni tradizionali del cavallo.

Infatti, ridefiniva il cavallo, non più come un significante di lusso o un'icona del selvaggio libero ma, piuttosto, come il più fedele e coraggioso amico della persona comune e soprattutto dei bambini. Attraverso il viaggio di iniziazione di un animale passato da una famiglia all'altra - con le difficoltà connesse - Sewell inventò una storia d'amore tra ragazzo e cavallo, mettendo i semi di un rapporto altamente idealizzato tra animali - simultaneamente forti, coraggiosi e vulnerabili (che invecchiano, si ammalano e richiedono cura e protezione) e bambini che devono affrontare le proprie difficoltà e le prove e le tribolazioni della giovinezza prima di diventare adulti maturi e nel processo devono difendere il cavallo come parte dello sviluppo del sé.

A partire da allora, il cavallo è divenuto soggetto di amore / oggetto di trasgressione per nugoli di bambini e bambine attraverso i libri per l'infanzia.

Questo è il contesto che ha dato vita al romanzo di John Steinbeck, The Red Pony, pubblicato nel 1937 e adattato per il film nel 1949. Il romanzo pone notevole enfasi sul ruolo del bambino, continuando l'eredità scolpita da Sewell un secolo prima. Questa volta il giovane ragazzo, Jodi, deve addestrare il pony, e questo gli permette di superare i problemi di un'infanzia travagliata. All'interno del contesto turbolento degli anni Trenta raffigurato da Steinbeck, il passaggio alla maturità induce il giovane ad accettare la morte del suo amato animale.

Successivamente la narrativa per l'infanzia perde il pessimismo per diventare avventurosa.

Flycka di Maria O'Hara è uno degli esempi del nuovo storytelling.  I romanzi My Friend Flicka (1941), il sequel Thunderhead Son of Flicka (1943) e infine The Green Grass of Wyoming (1946),  rapidamente adattati anche per i film, arrivando al grande schermo negli anni 40, riprendono il tema del bambino in difficoltà: un ragazzo che affronta la sfiducia di un padre che favorisce il figlio maggiore e che supera il fallimento attraverso la sua capacità di relazionarsi con i cavalli selvaggi, prima Flicka e poi in seguito il figlio di Flicka, lo stallone Thunderhead.

Queste nuove tendenze diventano una caratteristica marcata delle opere degli autori successivi. L'assenza del cavallo e il desiderio per esso portano innumerevoli autori a prodursi sui cavalli. L'oggetto della ricerca di se stessi, mediato dal cavallo, diventa un tema dominante sorattutto della narrativa femminile sui cavalli.  Lo schema diventa sempre lo stesso. Un cavallo in difficoltà, magari trattato male da un proprietario maschio mediocre, è salvato da un ragazzo, l'unico capace di capirlo.

Le opere di narrativa che sono responsabili della creazione di nuovi codici di relazioni umano/equino sono frutto degli scrittori urbani e spesso di sesso femminile (Anna Sewell, Enid Bagnold, Maria O'Hara, Marguerite Henry per citare le più tradotte), che non provenivano da famiglie coinvolte con cavalli, ma avevano sognato sin dall'infanzia di poter avere un pony o cavallo e hanno dovuto attendere l'età adulta, scrivendo di cavalli, per poter realizzare il sogno.

Queste scrittrici, libere da ogni dipendenza con il mondo "reale" del cavallo, lo hanno sognato come lo volevano loro e hanno imposto i loro sogni alla comunità equestre, ristrutturandola fin dalle radici.

Hanno inventato un ideale romantico di relazione basato su un paradigma di alter ego in cui il cavallo era una lettura del sé riflessa in uno specchio narrativo. La loro percezione del cavallo favoriva il romanticismo sulla tecnica equestre. E, da questa configurazione, nacque l'ispirazione per un altro tipo di rapporto con il cavallo che nasceva da un punto di vista urbano e non professionale.  Quello di un cittadino che non deve vivere del sudore del cavallo e che percepisce il cavallo non attraverso le sue funzionalità ma come allegoria dell'integrità etica e morale. La distanza di questi autori dalla pratica equestre terra terra del periodo ha permesso loro di ribaltare il senso del possesso del cavallo, mettendo il legame emotivo con l'animale al centro e incoraggiando a evocare il rapporto dell'amore e della reciprocità con il cavallo (come queste autrici/autori avevano fantasticato sin dall'infanzia).

In questo contesto, questi autori e soprattutto autrici, si sono aizzati contro il maltrattamento cui i cavalli secondo loro erano sottoposti, reso ancora più insopportabile alla luce di uno sguardo antropomorfo in cui il cavallo è diventato un'altra versione del "sé".

In Cowhorse, Will James ha preso posizione contro la brutalità dei tradizionali metodi di addestramento dei cavalli da lavoro per il bestiame in USA, sottolineando come la doma tradizionale violava le capacità dell'animale di dare fiducia all'essere umano. Questa condanna è stata ripresa in seguito da molti autori e ha portato alla nascita e divulgazione del modello prima ancora letterario, poi reale, dei sussurratori di cavalli: addestratori voluti, finanziati, sponsorizzati, soprattutto dal pubblico femminile equestre, quello stesso pubblico cresciuto e socializzato nel contesto di libri come Black Beauty.

Quindi possiamo sostenere che l'addestratore etologico di cavalli, che propone rispetto e pazienza in opposizione alla forza bruta, ha le sue radici 100 anni prima che questi professionisti venissero effettivamente sulla scena. Nasce dai sogni di un gruppo di scrittori. Lo avevano immaginato, era nei loro sogni d'infanzia, lo hanno prodotto in libri e hanno creato un modello. 

Ciò ha consentito una rivoluzione graduale a suon di inchiostro stampato, film, altra arte popolare.  Il modello emerso ha permesso di evolvere l'equitazione dall'archetipo prettamente maschile del centauro (il cavallo come estensione del sé, del proprio corpo, per un ideale di maggiore potenza) a quello dell'alterismo femminile (il cavallo come proiezione del compagno ideale). Questo cambiamento di paradigma è stato caratterizzato da un modello narrativo che è stato sempre messo insieme sulla base dello stesso schema da un gruppo sempre più vasto - e connesso agli stessi ideali - di autori:

(1) La somiglianza: l'alienazione sociale del figlio è rispecchiata dalla solitudine del cavallo incompreso. (2) Il salvataggio della vita: in ogni narrazione, il cavallo soffre di una vulnerabilità momentanea (svilimento nel contenimento eccessivo, ferita, malattia) e viene poi salvato dal bambino che vince la sua fiducia. (3) La singolarità dell'amore reciproco: la fragilità del bambino impedisce l'uso della forza con il cavallo. Così il bambino conquista l'animale attraverso l'amore e l'assistenza, creando un legame singolare tra i due: il cavallo accetta la volontà del bambino grazie all'amore, senza sottomissione. (4) Il sacrificio: l'amore del bambino per il cavallo raggiunge il suo parossismo attraverso il sacrificio che fa per lui: rinuncia alla gloria di gare e concorsi, rinuncia anche al salirci in groppa, se è necessario, purché lui possa vivere secondo natura (Thunderhead, The Black Stallion return- Film, Fiamma, Misty di Chincoteague), fino a mettere a repentaglio la propria vita per l'amore supremo (My Friend Flicka: Ken trascorre la notte sul fiume per salvare il suo cavallo e si avvicina a perdere la propria vita per lui).

Osserviamo inoltre che il bambino che ama il cavallo è quasi sempre un ragazzo. La fusione di sé tra una ragazza e un cavallo doveva rimanere un'eccezione per ancora quasi un mezzo secolo.  Il ribaltamento è avvenuto con il dopoguerra e l'incorporazione dell'equitazione in una nuova società di svago e di consumo, allineandosi all'affermazione della ricerca femminile per l'affermazione sociale.

A partire dalla fine del XIX secolo, fino alla prima metà del XX secolo, è stato introdotto un nuovo paradigma culturale per le relazioni tra persona e cavallo caratterizzato dalla duplice individuazione del cavallo come soggetto dell'amore e vettore di trasgressione. Questa ricodifica del significato del cavallo, attraverso il mito dell'alter ego, ha preceduto e promosso l'ingresso dell'equitazione per svago. Questa crescita deriva dall'appropriazione dell' equitazione da parte dei membri della classe media, grazie ai loro crescenti livelli di reddito disponibile, fino ai giorni attuali, dove gli equestri sono essenzialmente giovani e caratterizzati da una forte presenza del sesso femminile che costituisce il tessuto portante dell'equitazione in tutto il mondo occidentale. 

Intervistate dall'autrice dello studio, il 65% delle donne riferisce che libri e film che hanno influenzato la loro infanzia continuano ad avere un impatto sul loro rapporto attuale con i cavalli, mentre solo il 27% dei maschi sostiene di essere stato influenzato da quella stessa narrativa.
 
Il rapporto con il cavallo attraverso il doppio paradigma del soggetto dell'amore / oggetto della trasgressione corrisponde più alle proiezioni femminili - sentimenti d'amore sublimati dalla mediazione del cavallo / vettore della realizzazione sociale - rispetto agli uomini. Queste rappresentazioni di genere sono illustrate nelle risposte delle interviste femminili, giustificando l'influenza che queste opere hanno sul rapporto con i cavalli attraverso l'dealizzazione dell'osmosi, una relazione basata cioè sul reciproco affetto e comprensione (il mito dell'alterismo).

Le risposte gravitano in gran parte intorno al campo semantico del "sogno" e mostrano come i film e i libri abbiano contribuito al loro desiderio di un rapporto con i cavalli che va ben oltre gli aspetti pratici e tecnici dell'equitazione.

Queste donne intervistate hanno anche insistito sull'importanza di questi libri e film per la loro crescita personale, per trovare modelli cui ispirarsi, per conquistare l'autonomia e indipendenza nella vita. 

Conclusione

Questo studio ci permette di catturare il ruolo fondatore di opere popolari di film e letteratura, in particolare quelle destinate a bambini e giovani e che, dalla fine del XIX secolo, hanno cominciato a ricodificare il cavallo in termini di un effetto formativo che avvolge il bambino in via di sviluppo o giovane. Favoriscono una rivoluzione concettuale nei significati attribuiti al cavallo: dall'archetipo del centauro (il cavallo come prolungamento del corpo umano: proiezione del sé) all'archetipo dell'alterego (il cavallo come complice: proiezione dell'altro idealizzato).

Così la reinvenzione del cavallo come soggetto dell'amore e oggetto della trasgressione, favorendo l'impegno e la realizzazione sociale, è diventato più importante per bambine e ragazze rispetto a quanto non lo sia diventato per i giovani uomini.

Nella misura in cui donne che hanno letto queste storie e ne sono state formate, trasformate, si avvicinano all'equitazione, dettano i loro valori per l'approccio al cavallo. Lo studio dimostra che la maggior parte delle amazzoni si rifiuta di essere separata dai miti dell'infanzia e vuole vivere il cavallo secondo i valori che ha appreso attraverso libri e film dedicati. 

Questo fatto, che può sembrare sorprendente, può essere visto come prova della durevolezza nella coscienza dei miti fondanti come ispirazione per la vita e come prova dell'importanza dell'arte popolare nel plasmare la società.

Così l'influenza delle storie equine popolari ha ricodificato il ruolo attuale del cavallo nella società occidentale secondo un'agenda soprattutto femminile.

Questa profonda evoluzione, realizzata in gran parte attraverso la ridefinizione del cavallo nell'immaginario collettivo, sfida ancora, paradossalmente, anche se dalla direzione opposta, la capacità dell'equitazione di costituire veramente "l'unico sport misto ” per diventare, come probabilmente succederà, uno sport a prevalenza femminile.

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