Chi siamo e cosa vogliamo

Vorremmo spiegare chi siamo e perché abbiamo deciso di lavorare insieme nel laboratorio “Ecofemministe e sostenibilità” di #dallastessaparte, dopo aver partecipato a redigere il position paper a 25 anni da Pechino “il cambiamento che vogliamo”. Abbiamo maturato in questi tempi difficili la chiarezza e l’urgenza di agire insieme, forti delle differenze tra noi e dei diversi progetti in cui siamo coinvolte. Ci siamo incontrate alla fine della prima fase della pandemia, quando noi donne ci siamo spese, senza risparmiarci, nel lavoro di cura in sanità, nelle Rsa, nell’assistenza, nel volontariato, nelle nostre case senza dispositivi di protezione, non retribuite, sottopagate e precarie, coprendo con la nostra fatica le carenze dello Stato, i tagli indiscriminati della sanità e nei servizi, e il non rispetto degli obblighi di chi era preposto a fare un piano per fronteggiare le pandemie.

Invisibili perché la scena era, ed è, quasi totalmente occupata da politici e loro esperti maschi, in perenne competizione e confusione. In questa pandemia il re è nudo, lo sviluppo insostenibile e le catastrofi ambientali e climatiche strettamente collegate. Le violenze e le discriminazioni che subiamo hanno ormai raggiunto un livello intollerabile: nella sola giornata del 25 novembre contro la violenza alle donne, ci sono stati tre femminicidi. Da subito abbiamo posto la necessità improrogabile di un cambio di paradigma affermando quello di cui siamo esperte: la cura di chi ha bisogno, dell’ecosistema, della madre terra e delle specie che la abitano.

Finora nessuna nostra azione, suggerimento e cambiamento di comportamenti adottato o indotto dalle nostre lotte ha intaccato alle radici uno sviluppo insostenibile che oggi ci ha portato alle catastrofi climatiche e a questa pandemia. Il nostro Paese è molto arretrato per quanto concerne le classifiche mondiali di discriminazioni contro le donne e, nonostante la grande vittoria che abbiamo ottenuto dopo Cernobyl con l’uscita immediata dal nucleare, lo è anche rispetto all’inquinamento di aria, suolo e acque. È soggetto a diversi procedimenti di infrazione a livello europeo per questioni ambientali. È anche tra quelli che hanno un più basso tasso di natalità proprio perché le condizioni sociali e ambientali ci rendono difficile fare figli. Quindi, pur riconoscendo l’utilità di recenti provvedimenti come il superbonus al 110% e i milioni stanziati per la riforestazione, ribadiamo la necessità che il governo assuma misure simbolicamente e concretamente importanti non solo per noi ma per realizzare davvero quel cambiamento strutturale sempre più urgente per la società:

  • La legge per il cognome materno che rivendichiamo da almeno trenta anni, con più di 50mila firme depositate in Parlamento e con tre sentenze delle corti italiane ed europee che ci danno ragione, come la ministra della PA e, speriamo delle PO, parrebbero condividere.
  • L’inserimento del valore del lavoro di cura delle donne non pagato che 25 anni fa a Pechino il nostro governo si impegnò ad attuare per ritrovare nei servizi, nella defiscalizzazione e in finanziamenti a nostro favore la contropartita nel bilancio dello stato. Il BES invece del solo Pil come riferimento per le politiche, perché il benessere e non la ricchezza va garantito.
  • Le statistiche disaggregate per sesso e il punto di vista ecofemminista nelle ricerche e nei dati raccolti. Ad esempio nessuno dei dati di cui siamo inondate a livello nazionale e locale durante questa pandemia è disaggregato e quindi non ci è permesso conoscere il reale peggioramento delle condizioni di vita delle donne.
  • Il 50% dei fondi Next generation come richiesto dalla petizione europea e italiana Halfofit.
  • La bonifica di tutti i siti inquinati e delle acque; la fine dei sussidi al settore petrolifero e ai combustibili fossili, delle plastiche, della cementificazione, delle spese militari; incentivi e sgravi fiscali all’economia circolare,alle fonti rinnovabili, al riciclo e al riuso, al trasporto e alla mobilità non inquinante; messa in sicurezza dei nostri territori sempre più minacciati dagli eventi climatici; valorizzazione del lavoro di cura e prevenzione anche delle pandemie e delle malattie da inquinamento, della sanità e dei servizi territoriali, degli asili; messa in sicurezza degli edifici scolastici; educazione sessuale e al rispetto reciproco, delle altre specie e alla non violenza; promozione dell’agroalimentare sano, dell’etichettatura corretta con provenienza e emissione co2, del cohousing in luogo di RSA; progetti che coinvolgano le donne che hanno maturato esperienze e che hanno perso il loro lavoro per sopperire la carenza di servizi e la mancata condivisione del lavoro di cura e domestico. L’attuazione della volontà popolare che ha vinto il referendum sull’acqua pubblica e stop a privatizzazioni e svendite di beni pubblici, che sono della comunità e non di chi governa.

Questa assunzione di responsabilità, anche nella coerenza dei nostri comportamenti, ci obbliga a fare i conti quotidiani con l’organizzazione attuale ovunque e a denunciarne le storture e le incapacità proponendo immediatamente l’alternativa, il modo di renderla concreta e la forza collettiva per renderla stabile, trovando le risorse necessarie e prestandoci a dirigere il processo mantenendo il nostro ruolo guida senza cedere a tutte le forme più o meno violente, che conosciamo benissimo, per screditare noi e il nostro lavoro, renderci invisibili e rapinarci esperienze e capacità al fine di renderle utili a chi, occupando luoghi decisionali sente minacciato il proprio potere e vuol tornare alla situazione precedente, mascherandola e potenziandola.

La pandemia ha reso visibile i rischi che stiamo correndo. Il trasferimento di virus dagli ecosistemi selvatici che abbiamo distrutto, dagli allevamenti intensivi invivibili e inquinanti in cui abbiamo costretto animali, lo scioglimento di ghiacci e permafrost, l’inquinamento di acque, terre e aria e della biosfera minacciano la nostra stessa esistenza. E oggi non possiamo più delegare, regalare le tasse a chi non ci rappresenta. Non ci possiamo più cascare, neppure quelle che sperano ancora in qualche guadagno personale che gli verrà concesso se tornano gregarie. Non è affatto facile ma non possiamo fare altro che lavorare al nuovo paradigma insieme alle giovani di movimenti come FfF e XR,visto che molte di noi dagli anni ottanta hanno ripreso lo slogan “la terra ci è data in prestito dai nostri figli”. Si tratta di un processo complesso, glocal e trasversale a settori, competenze e deleghe, che investe le sfere dell’emotività e i nostri corpi, che ci obbliga a un linguaggio empatico e a un confronto serrato a partire dai luoghi che abitiamo.

La fragilità dei territori

Abbiamo approfondito il nostro confronto sulla fragilità dei nostri territori e dei nostri corpi, proprio nei giorni travolti dall'ennesima emergenza climatica e sull’esigenza di riflettere nel nostro gruppo sui temi legati all’improcrastinabile azione di ricucitura e di cura della terra in un dialogo virtuale tra Nord e Sud.

È in tutta evidenza il tempo di emergenze, ambientali, sanitarie, sociali, umanitarie.

Scrive Arundhati Roy, scrittrice e attivista indiana, con esemplare chiarezza nella prefazione al suo libro Il mio cuore sedizioso: “Con le sue guerre gratuite e l’avidità che autorizza, il capitalismo ha messo a rischio la vita del pianeta e l’ha riempito di rifugiati. Ha provocato più danni al nostro mondo da cent’anni a questa parte, o giù di lì, di quanti ne abbia subiti la Terra negli innumerevoli millenni che l’hanno preceduto. Nell’ultimo trentennio l’entità del problema ha conosciuto un’accelerazione esponenziale. Il WWF riporta che la popolazione di vertebrati -mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili- è diminuita del60% negli ultimi quarant’anni. Ci siamo condannati a un’era di catastrofi repentine: incendi incontrollabili e strane bufere, terremoti e alluvioni improvvise...I prossimi trent’anni saranno diversi da qualsiasi altro periodo la nostra specie abbia attraversato. Per prepararci a quanto ci aspetta, per attrezzarci di strumenti con cui pensare l’impensabile, le vecchie idee -che vengano da sinistra, da destra o dallo spettro di posizioni intermedie- non serviranno.”

Dopo i disastri che decenni di interventi distruttivi dell’uomo hanno provocato sull’ambiente vasto e nei singoli territori, diventa prioritario ora pensare a un nuovo modo di abitare il mondo, di utilizzarne le risorse, a nuove regole di convivenza. Una vera inversione di rotta che deve portare a modificare in senso ecologico modelli comportamentali, culturali, sociali, economici, industriali. È anche una questione di giustizia, democrazia e uguaglianza.

Difendere il territorio (e la popolazione tutta) dalla violenza di un nuovo sfruttamento, e ripararlo, significa prevenzione delle calamità e dei disastri ambientali cui assistiamo con troppa frequenza.

Gli ultimi anni hanno messo in evidenza l’intensificarsi di fenomeni estremi anche in Italia: alluvioni,mareggiate, trombe d’aria, frane...Proprio lì, dove noi abitiamo può essere un luogo di catastrofe. Siamo convinte che una seria e programmata politica incentrata sulla manutenzione dell’esistente, la salvaguardia della bellezza e della ricchezza del paesaggio naturale, del nostro patrimonio storico,artistico, culturale oltre a creare lavoro, soprattutto per le donne e i giovani, qualifichi il nostro territorio e la sua capacità di accoglienza, lo renda complessivamente più protetto, più bello, più accessibile e fruibile da tutti.

Ne sentiamo particolarmente l’esigenza quando eventi climatici importanti mettono a dura prova le fragilità complessive dei nostri corpi e della nostra terra. E tutto il territorio italiano diventa testimone di questa devastazione, dai centri storici, alle coste e ai fiumi (cementificati), ai centri urbani moderni, alla montagna...come succede sempre più spesso!

Sono davvero priorità ineludibili per tutti e tutte: la cura, la messa in sicurezza, la manutenzione, la protezione del territorio, il contrasto al dissesto idrogeologico sulle coste e nell’interno, la difesa delle spiagge e degli arenili, la riqualificazione urbana a partire dagli edifici pubblici, scolastici e residenziali,la modernizzazione delle infrastrutture di mobilità pubblica ora inefficiente, i collegamenti tra Regioni e con gli altri Paesi sono ambiti importanti per la creazione di qualità di vita e di lavoro.

Basta “grandi opere” inutili per le comunità, invasive per l’ambiente, colpevolmente onerose.

Una grande opera di ricucitura DA NORD A SUD deve essere la prima per importanza da attuare con il NEXT GENERATION FUND: un’opera capillare che può dare risultati occupazionali in molteplici settori, nel segno della qualità degli interventi e dell’occupazione stessa, per ri/costruire una comunità paritaria, solidale, integrata, partecipe delle scelte che la coinvolgono, con l’attenzione al benessere fisico e sociale di tutte le persone, di tutte le età.

Il territorio è risorsa da valorizzare e non da consumare senza fine per attività speculative, che ora rischiano di aggredire ulteriormente e privatizzare aree di grande fruibilità e riconoscibilità storica in molti contesti, senza una condivisione circa il reale interesse pubblico e senza una giusta valutazione dei costi sociali, di quanto sarebbe veramente necessario per la vivibilità dei luoghi in termini di servizi ai cittadini e alle cittadine, per esempio.

Per pensare e realizzare un nuovo modo di abitare il territorio e di valorizzarne le risorse è necessaria anche una “nuova” educazione che, a partire dalla prima infanzia, alimenti relazioni di rispetto e di convivenza con tutti gli esseri viventi, perché noi umani siamo soltanto parte di una delicata rete di connessioni che formano l’ecosistema.

Come donne e femministe è necessario essere protagoniste di questa “rivoluzione” dallo sguardo lungo:la sostenibilità e la vita nel nostro territorio e nel nostro contesto urbano, sociale, relazionale, economico ci devono interessare e dobbiamo “dire la nostra”, preparandoci a guidare le grandi trasformazioni dei prossimi decenni.

Incalzare, proporre, intervenire nei processi decisori e in tutte le sedi per pretendere interventi seri e definitivi che possono generare lavoro e dare le giuste garanzie di rispetto delle persone, del territorio e dei beni comuni, senza depredarli né tanto meno deturparli.

Ripensare le priorità degli investimenti, dell’economia, dell’organizzazione sociale e territoriale.

Delineare nuovi stili di vita e nuove pratiche politiche, rispetto dei bisogni e delle differenze, armonia tra comunità (grandi e piccole) e ambiente, benessere nelle relazioni tra persone contro ogni arroganza e violenza. Contrasto e non complicità con la criminalità organizzata.

“Partecipare per Cambiare la Visione”: mettere al centro la cura delle persone, delle città e dell’ambiente,assumere la responsabilità di creare e valorizzare bellezza e giustizia, condizione e specchio di benessere civile e morale e motore principale di un nuovo equilibrio sociale.

Impegni e istituzioni internazionali ed europee

A livello internazionale l’ONU ha riassunto cinque anni fa ciò che è emerso dalle conferenze su ambiente e clima in 17 Goals di Agenda 2030 che fanno riferimento a un insieme di questioni importanti e prendono in considerazione le tre dimensioni del cosiddetto sviluppo sostenibile: economica, sociale ed ecologica con l’utopia di porre fine alla povertà, lottare contro l‘ineguaglianza, affrontare i cambiamenti climatici, e costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.

Realisticamente questa agenda dovrebbe essere aggiornata e tutte/i noi dovremmo essere edotte/i su cosa è successo in questi cinque anni nel mondo e nel nostro paese per avvicinarci a questi obiettivi perché il processo sia reale e non il libro dei sogni.

Vogliamo sapere dal nostro governo quale attenzione reale e quali obiettivi si tentano di raggiungere almeno parzialmente con l'attuale bilancio e con tutti i progetti NG inviati alla commissione europea che chiede il taglio di almeno il 55% delle emissioni dei gas serra e quali proposte porterà al G20 di presidenza italiana e con chi le confronterà.

Siamo in forte allarme per le scelte sbagliate che l’Europa sta già irresponsabilmente mettendo in atto, con decisioni che non tengono conto dell’attuale disastro climatico e sanitario e del Green Deal, come è accaduto nella seduta del PE del 20 ottobre scorso quando la plenaria ha respinto la proposta della Commissione europea di tagliare i sussidi agli allevamenti intensivi e di aumentare i finanziamenti destinati alle misure ambientali e quando si è approvato un accordo tra i maggiori gruppi parlamentari che riserva alle pratiche agricole ecologiche solo il 20% dei fondi della Pac (Politica agricola comunitaria). Eppure sappiamo bene quanti danni abbiano prodotto alla nostra terra e alla nostra salute le tecniche agricole fondate sulla chimica dei pesticidi e sulla rincorsa al profitto, inclusa la spinta a pessime abitudini alimentari che privilegiano uno smodato consumo di carne, favorendo le cause che hanno portato oggi alla pandemia.

Lo ha spiegato nei suoi libri Vandana Shiva, prestigiosa scienziata ecofemminista. Chiediamo quindi con decisione alla Commissione europea di recedere da quella decisione e approvare misure realmente ecologiche, indispensabili per salvare il pianeta e il futuro dell’umanità.

Denunciamo anche le “nuove” politiche sull’immigrazione che la Commissione europea ha annunciato, riconfermando il cinismo e la disumanità che hanno caratterizzato negli ultimi anni le modalità di (non) accoglienza delle persone migranti in cerca di asilo per motivi non solo politici ma anche economici, come è naturale per chi parte da paesi in cui lo sfruttamento prima coloniale e ora neoliberista, la rapina delle risorse e i disastri climatici hanno provocato miseria, desertificazione, carestie, corruzione e ogni sorta di ingiustizie.

Associazioni antirazziste e Ong umanitarie hanno tentato in ogni modo di sopperire alla terribile violazione dei diritti umani che condanna ogni giorno migliaia e migliaia di persone a naufragare e morire nel Mediterraneo a causa del rifiuto di soccorrerle che i governi dei paesi costieri stanno da anni praticando ma l’ azione di soccorso delle Ong è stata incredibilmente criminalizzata e messa sotto accusa.

Denunciamo indignate i respingimenti e l’ipocrita delega pagata fiori di milioni alle forze libiche per fare il lavoro sporco a base di torture e stupri che avviene nei loro centri di detenzione per bloccare le partenze. Denunciamo le terribili violenze che su tutte le rotte europee, dalla Spagna, alla Francia, ai Balcani, si abbattono su donne, uomini e minori migranti. Tante associazioni e Case di donne in questi anni hanno cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo scempio dell’umanità, in particolare per quel che riguarda le violenze sulle donne e i minori. Ricordiamo a questo proposito la sessione del Tribunale dei Popoli dedicata nel 2018 a questo tema, il lavoro di tante attiviste nei difficili luoghi di frontiera come Ventimiglia e Trieste, i tanti appelli e le petizioni come quella lanciata all’Europa nel 2016 dalla ‘Rete femminista No muri No recinti’ per aprire canali legali d’ingresso e permessi di soggiorno europei. Vogliamo che tutte queste voci vengano ascoltate e si apra una nuova fase di vera accoglienza per costruire un mondo equo e inclusivo, antirazzista e umano che ci vedrà necessariamente protagoniste.

Su tutto ciò apriamo un confronto con gli altri laboratori e con chi lavora con noi su questi temi:

  • allegheremo le idee progettuali emerse in questi mesi, link a approfondimenti sui temi e sulle associazioni che ci lavorano (prostituzione, nascita dolce e latte materno, Case delle donne, comunità di donne a difesa territori montani come Mugello, laicità, etc.) e chiederemo confronti a donne dell'associazionismo, del volontariato, di governi nazionale e locali, istituzioni ed enti, partiti e società.

Promuovono per oraEcofem – Il femminile è politico: potere alle donne – Iniziativa Femminista – Altradimora – LESICILIANE – Fata Morgana – LOFFICINA delle donne

Prime adesioni

Associazione Freedomina – TerradiLei

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