Nel caso non si riesca a dimostrare la colpa del conducente dell’auto, o comunque di un nesso di causa tra il comportamento di costui e la caduta da cavallo, non c'è il risarcimento civile.
Con l’ordinanza n. 21953/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un equestre, all’epoca dei fatti minorenne, che aveva riportato lesioni da una caduta da cavallo in passeggiata causata, secondo la parte lesa, dalla condotta imprudente dell'automobilista. Secondo la parte danneggiata, l' automobilista che aveva incrociato il cavallo su una strada rurale, procedeva a una velocità non adeguata, facendo rumore ed alzando polveroni, avrebbe inoltre suonato con forza il clacson facendo imbizzarrire il cavallo e provocando il disarcionamento.
I genitori del ragazzo avevano citato in giudizio l’automobilista e la compagnia di assicurazione ma il Tribunale aveva ritenuto che non vi fossero prove della colpa del conducente dell’auto, o comunque di un nesso di causa tra il comportamento di costui e la caduta da cavallo. Tale valutazione, sotto il profilo della assenza del nesso di causa e della colpa, era stata confermata anche in sede di appello.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la parte ricorrente denunciava violazione sia dell’articolo 116 c.p.c. che degli articoli 2954 e 2052 c.c. In particolare deduceva che, secondo giurisprudenza, in caso in cui un danno sia il concorso della circolazione del veicolo e della condotta dell’animale, le due presunzioni concorrono, nel senso che il proprietario del veicolo è comunque soggetto a quella di cui al primo comma dell’articolo 2054 c.c., con la conseguenza che se non dimostra l’esclusiva responsabilità dell’altro, o comunque di non aver potuto evitare il danno, la presunzione di pari colpa opera a suo svantaggio. La Corte territoriale – a giudizio dell’attore – aveva disatteso questa regola, in quanto, pur non avendo l’automobilista, tra l’altro rimasto contumace, fornito alcuna prova della esclusiva responsabilità della controparte, il danno era stato interamente addebitato a quest’ultima.
La Cassazione ha respinto il ricorso, considerandolo infondato
La Corte rileva che, come emerso dall’istruttoria di indagine sull'incidente, la presunzione di pari colpa risulta vinta a svantaggio del fantino, per il fatto che alcuna responsabilità poteva rinvenirsi nella condotta dell’automobilista, e soprattutto escludendo che quest’ultima possa essere stata la causa del danno.
In sostanza, la Corte di Appello aveva già escluso che la condotta del conducente del veicolo potesse essere stata difforme da modelli di diligenza generici o specifici. Dunque, era stato escluso che la condotta di guida avesse colpevolmente causato il danno.