MALTRATTAMENTI a cavalla. Condannato a sei mesi l'allevatore crotonese di cavalli da sella italiani.
Al termine della «Qualifica salto in libertà» a Fieracavalli di Verona nel 2016, il cavallo Arkita, sella italiana femmina baia del 2013, era risultata positiva al flunixil, fenilbutazone e all’ossifenilbutazone, sostanze che rientrano tra quelle che possono modificare la prestazione sportiva, dunque tra le possibilità di doping.
Per la legge italiana, animali maltrattati non sono solo quelli che non ricevono cibo o acqua in modo sufficiente, o che vengono picchiati. Il codice penale punisce anche chi «somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi». Ciò comprende appunto il doping. Ovvero, i cavalli che prendono parte alle competizioni equestri ed ippiche debbono essere in buona salute e realizzare le loro performances sulla base delle loro reali capacità. E' vietato sopprimere sintomi di malessere, non solo perché è frode sportiva, ma perché si costringe il cavallo a gareggiare contro la sua salute (se sta male il cavallo dovrebbe stare a riposo, non in gara).
Il cavallo non può scegliere e la responsabilità dunque ricade su chi sceglie per lui
L'impiego di un prodotto vietato può modificare la performance o mascherare un problema di salute e quindi falsificare il risultato di una prova. La lista dei prodotti vietati ha lo scopo di includere tutte le categorie ad azione farmacologica e tale lista include le tre sostanze trovate nel sangue della cavalla Arkita a Fieracavalli di Verona nel 2016. Peggio ancora sono le sostanze proibite, che non possono essere somministrate ad alcun titolo.
I tempi di sospensione minimi di farmaci che possono avere funzionalità di guarigione per malattie diagnosticate non garantiscono
Quello che i proprietari di cavalli devono sapere è che i tempi di sospensione di farmaci vietati ma non proibiti in assoluto, ovvero farmaci che si possono usare in caso di malattia, dietro prescrizione medico veterinaria, non garantiscono che l'esame del sangue dia risultato negativo. Ovvero si tratta di tempi minimi, ma ogni cavallo è a sé. Se il tempo di sospensione è, ipotesi, una settimana, non è affatto detto che dopo una settimana qualsiasi cavallo risulti negativo. Ci sono cavalli per i quali potrebbero volerci due settimane. E in ogni caso il principio di tutela vuole che un cavallo debba gareggiare solo se sta bene, se non sta bene, o è stato male di recente, deve stare a casa dalla gara per tutto il tempo necessario a ristabilirsi in modo adeguato, tale per cui l'esame antidoping dia risultato negativo.
Il fatto
Per questo F. M., un proprietario di cavalli originario del Crotonese, è stato condannato in Veneto dal gup Luciano Gorra a sei mesi di reclusione, pena sospesa.
In giustizia sportiva lo stesso reato di doping era stato già punito con la sospensione dalle manifestazioni della cavalla dal 13 novembre 2016 all’11 gennaio 2017. Inoltre, il Mipaaft che patrocinava l'evento, addebitò al proprietario la violazione di due articoli del Regolamento, il 2 e l'11, e dichiarò la responsabilità disciplinare dell’allevatore, sospendendolo per due mesi dalla qualifica di proprietario e multandolo per 500 euro. Infine, le prove di Arkita vennero eliminate dall’ordine di arrivo della gara cui la cavalla partecipò.
In giustizia ordinaria, per lo stesso reato di doping, l'allevatore era stato condannato con decreto penale a 9.000 euro di sanzione. L'allevatore ha evidentemente fatto opposizione, da cui il procedimento di primo grado. La difesa ha chiesto rito abbreviato e portato a prova un certificato veterinario postumo di circa un anno agli esami antidoping, nel quale si dava atto che alla cavalla, 13 giorni prima della gara di Verona, era stata diagnosticata una «sindrome respiratoria con ipertermia» e che era stata consigliata la terapia con le tre sostanze trovate poi all'esame antidoping.
Il certificato medico veterinario postumo forse non è stato gradito dall'accusa. In ogni caso, indipendentemente dai tempi di sospensione dei vari farmaci, eventualmente non rispettati, il fenilbutazone avrebbe dovuto essere dichiarato prima della gara, il che avrebbe potuto dare l'esito di respingimento dell'iscrizione di Arkita. Ma a quanto parrebbe, il farmaco non fu dichiarato. La difesa è stata dunque giudicata debole, facendo pendere il giudizio per la condanna in primo grado per maltrattamento della cavalla.