La corsa ai salti è uno sport pericoloso per i cavalli. Tra le discipline ippiche, è la più pericolosa per la frequenza e la gravità degli infortuni a cavalli e fantini. Tragicamente, di conseguenza, ogni anno molti cavalli cadono, rischiano di subire ferite orribili tali da determinarne la morte, piuttosto che di non poter continuare a competere e diventare di troppo. Nonostante questo, non esiste in Italia un programma strutturale di riabilitazione dei cavalli infortunati perché abbiano maggiori chance di un ricollocamento di successo. Non esiste una buona tracciabilità dei cavalli da galoppo a fine carriera. Molti vengono imbarcati per andare in paesi come la Libia o la Tunisia, dove esiste una serie C2 dell'ippica, che ricicla gli scarti altrui per le ultime corse prima della morte.

Gli ultimi viaggi dei purosangue italiani per l'inferno magrebino

I trasporti di questi cavalli verso i paesi magrebini sono per lo più un inferno. Sono emersi scandali di cavalli arrivati morti alla meta. Del resto vengono esportati in vagonate dove il compratore risparmia su tutto, inclusa la sicurezza del trasporto.

Alcuni dei casi emersi alla cronaca sono stati frutto proprio di una denuncia da parte di Horse Angels alle Dogane. Purtroppo si è sempre risolto tutto nel nulla e ad oggi non abbiamo ancora avuto la soddisfazione di neppure una condanna in penale per il traffico internazionale in condizioni di insicurezza e malessere dei purosangue italiani a fine carriera. Probabilmente qualche multa è stata fatta, ma non tale da scoraggiare gli illeciti nei trasporti. Del resto finché non si sequestrano i mezzi di trasporto, le ditte fanno fallimenti opportunistici, cambiano sede e nome e forse neppure le pagano le multe.

Un caso esemplare di impunità e negligenza

Abbiamo potuto seguire bene almeno uno di questi traffici internazionali, perché ha reincrociato la vita di Horse Angels diverse volte. E' la storia di alcune fattrici da galoppo a fine carriera, sequestrate prima dell'imbarco per il nord Africa, poiché a termine gravidanza e dunque a rischio di sopravvivenza - loro e il nascituro - nell'esportazione a ridosso del parto. Tutti gli altri purosangue purtroppo sono partiti, non esistendo per lo stato italiano motivo per trattenerli. Non che la cittadinanza italiana doni ai purosangue chissà quale tutela o diritto alla pensione. Ma nel Maghreb hanno ancora meno di tutto questo. Avevamo narrato del loro sequestro, per poi non saperne più nulla. Anziché essere affidate durante gli anni del sequestro ad associazioni animaliste, o a qualcuno che le volesse per la vita, le fattrici sono state affidate da funzionari pubblici ad allevatori di equini che avevano per le cavalle un puro interesse economico. I puledri nati sono spariti nel nulla, dichiarati morti senza certificato all'uopo. Il processo giudiziario per maltrattamento ipotetico non è mai stato celebrato. Le fattrici a quel punto sono diventate beni in abbandono dello stato. Grazie all'intermediazione di Horse Angels non è stato necessario che finissero all'asta giudiziaria le cavalle, per poi magari terminare la "carriera" al macello, abbiamo trovato noi una casa per loro.

L'inconsistenza della tutela dei cavalli da corsa in Italia, sequestrati o meno

Tutto ciò premesso, la sorte dei purosangue inglesi impiegati nel galoppo è incerta, come precaria è la loro esistenza di atleti ad alto rischio di infortunio.

Potessero scegliere probabilmente preferirebbero il non nascere. Ma raramente viene data loro voce. Tutta la vita dei purosangue inglesi è servizio per gli interessi altrui. L'interesse dal cavallo quasi mai è tenuto in conto da proprietari o detentori. E' proprio il caso di dirlo: nascere purosangue anziché essere un'opportunità è una discreta sfiga. Qualsiasi ronzino in Italia ha più opportunità di cavarsela meglio e soffrire di meno, nell'arco dell'intera esistenza, di un cavallo di sangue "blu" puro.

La prima corsa a ostacoli in Italia post quarantena

Venendo a questa prima corsa a ostacoli, del 7 giugno 2020 a Merano, cadono nella prima corsa Capferret e Menthol, nella quarta corsa cade Sky Constellation, nella sesta cade Foudre D'Allier.

Che stiano bene o stiano male, abbiano rilevato o meno lesioni muscolo schelettriche che ne possano impedire il prosequio in carriera, non si sa. Perché i cronisti ippici tutto fanno, tranne che occuparsi di tutela e benessere equino.

Peggio ancora. Se ci sono incidenti in pista gravi, c'è la tendenza a ometterli. Cuore non duole ove occhio non guarda, riferito a un potenziale pubblico sensibile alla tutela animale.

Non mancano i momenti - drammatici per chi ricerca nella relazione persona-cavallo la complicità, non la subordinazione con la forza- di frustate a più non posso, per incitare i cavalli a spingere in corsa.

La pericolosità delle corse a ostacoli ed in particolare dello steeplechase (corsa di galoppo ad ostacoli), si dimostra da sé per l’elevato numero di incidenti e di cavalli morti per la disciplina in giro per il mondo.

Ma chi se ne frega, è la risposta degli ippici se interpellati. Loro di corse ci vivono, il resto sono danni collaterali.

Il default dell'ippica italiana

Eppure i conti non tornano e gli ippici, se ci fosse obbligo di responsabilità, sarebbero tenuti a rispondere al pubblico del denaro con cui sono sovvenzionati e che non hanno guadagnato con il loro lavoro, ma è frutto della generosità delle tasse pagate dagli italiani, inclusi coloro che amano gli animali e che desiderano che i cavalli abbiano maggiori tutele.

L'ammontare della raccolta delle scommese non copre le spese per l'ippica. E così gli ippici vivono di sovvenzioni statali. Del resto ne va di almeno 10mila cavalli e forse il doppio di operatori ippici e complementari dell'indotto.

Nonostante questo, che imporrebbe sobrietà e rigore, le rappresentanze ippiche continuano a chiedere più aiuti di stato purché non per i cavalli. Per quelli non devono avanzare neppure le briciole. E senza mai un mea culpa di ripartizione delle responsabilità per il tracollo economico. E' sempre e solo colpa del Mipaaf se l'ippica è in default. Chissà se il Mipaaf italiano è colpevole anche della crisi dell'ippica australiana, di quella americana e delle altre in difficoltà.

Corse clandestine, corse truccate, sparizioni di cavalli da corsa che finiscono alla macellazione clandestina, emergono di tanto in tanto nella cronaca, senza che gli ippici si sentano in dovere di dare una spiegazione al pubblico, come se la trasparenza non fosse dovuta e non fosse l'ingrediente di marketing più importante per consolidare l'affetto di un pubblico sensibile ai temi di legalità, se non di tutela animale.

E pensare che basterebbbe, probabilmente, spostare il focus dell'attenzione sul cavallo, il suo benessere, la sua tutela, e sulla legalità e sicurezza delle corse per guadagnare più proseliti e tentare così per gli ippici di mantenersi da sé e quindi di tornare ad essere un'industria produttiva, anziché rassegnarsi ad essere un comparto di rimessa di soldi pubblici.