Una volta che i cavalli lasciano le corse, non sono più sotto il controllo dell'industria e il destino dei cavalli non è attualmente tracciato in assenza di un regime di circolazione dei cavalli (link). Si stima che la maggior parte dei cavalli da corsa, in Italia come nel resto del mondo, finisca la propria carriera al macello.
Chi è responsabile degli ex cavalli da corsa massacrati e cosa si può fare?
Dal punto di vista di Horse Angels, responsabili sono i proprietari. Nessuno li costringe a prendere cavalli, se non possono essere proprietari responsabili fino alla fine, farebbero meglio a non esistere. Ma ci sono cose che l'industria può fare per prolungare la vita di un cavallo da corsa e aiutarlo a trovare una casa adatta una volta terminata la sua carriera agonistica.
Allevati per correre
I cavalli da corsa sono stati allevati nel corso dei secoli per la velocità e la resistenza. Ciò consente loro di fare una cosa meglio di qualsiasi altro membro della loro specie: correre. Proprio come possono essere allevati per la velocità, possono anche essere allevati per resistere più a lungo ai rigori dell'allenamento e delle corse, e dunque per durare.
Se si arriva a valutare la durabilità dei cavalli da corsa, come preziosa tanto quanto altri tratti prestazionali, si possono premiare gli allevatori che scelgono di portare avanti una genetica in grado di dare una carriera lunga ai cavalli.
Impreziosire la durabilità di un cavallo richiede lo spostamento dall'attuale enfasi sulla ricerca dei cavalli giovani e spostare i premi più importanti sugli anziani.
L'Italia è un produttore leader di cavalli da corsa (trotto) in Europa, ma non investe nella durabilità dei propri cavalli. Se l'industria dovesse distribuire i premi principali per i cavalli dagli 8 ai tredici anni, potremmo vedere un drastico calo degli sprechi di vite equine, o scarti di pista.
Gli allenatori avrebbero un incentivo tenere in salute e benessere i loro cavalli, evitando il surplus di allenamento in età in cui il puledro non è ancora pienamente formato, ed evitando gli incidenti che minacciano la carriera e che allontanano cavalli molto giovani, poco più che puledri, dalla pista. Gli allevatori sarebbero anche ricompensati per aver allevato quei campioni che vincono come veterani.
Il culto dei veterani
I cavalli anziani vincenti, come stiamo vedendo anche in questi mesi con Vernissage Grif, piuttosto che Arazi Boko, potrebbero attirare un seguito di culto e lo status di eroe, che aumenta molto la loro desiderabilità come cavalli da compagnia o diporto a fine carriera, nel caso non potessero fare i riproduttori.
Potrebbero essere introdotti in molte corse, che siano di trotto o di galoppo, sistemi di handicapping del peso in base all'età, per consentire ai cavalli più giovani di competere con cavalli completamente maturi su varie distanze di gara e in diversi periodi dell'anno: ogni stratagemma per allungare la vita lavorativa ai cavalli, purché in benessere, contribuirebbe a creare il culto dei veterani.
Riabilitazione a fine carriera
L'atletismo, la sensibilità e la versatilità dei cavalli da corsa li renderebbero cavalli ideali per una varietà di discipline equestri, sia per i dilettanti sia per i professionisti. Ma la maggior parte di questi cavalli inizia la propria vita con un focus particolare sulle corse e ci sono differenze significative tra i comportamenti che rendono un cavallo da corsa di successo e quelli adatti alla guida ricreativa. Un cavallo che esce dalla pista non è adatto subito alla sella, specialmente se si prendono in considerazione gli amatori, che sono quelli che hanno un budget più basso di acquisto del cavallo e potrebbero essere il mercato principale per i cavalli da corsa di seconda mano, che a fine carriera spesso non valgono più del loro peso a carne.
Quello che riduce la desiderabilità dei cavalli da corsa nel mercato della sella, per i trottatori coincide con il fatto che non sono mai stati allenati a sella, e per i galoppatori con il fatto che spesso sono mentalmente squilibrati quando escono dalla pista.
Una delle prime abilità che un cavallo da corsa in transizione deve imparare, è che non deve affatto correre verso un traguardo ma, al contrario, stare calmo e rilassato durante tutte le operazioni a terra e a sella. I segnali utilizzati per controllare un cavallo da corsa differiscono ampiamente dalle pratiche standard nell'equitazione ricreativa. I cavalli da corsa sono spesso guidati con una forte tensione sulle redini che, una volta rilasciata, diventa un segnale per accelerare. Al contrario, i segnali di accelerazione nella guida ricreativa sono dati dalle gambe dell'equestre e dallo spostarsi del suo peso in sella. Uno degli effetti collaterali dell'uso di una forte tensione di redini è che i cavalli imparano ad abituarsi a, o ignorare le redini, diventano anche duri in bocca, e questo costringe gli equestri ad applicare pressioni forti in un settore, quello dei cavalli ricreativi, dove gli strumenti coercitivi per comunicare con i cavalli non sono apprezzati.
Questo può rendere cavalli ed equestri insicuri, perché i secondi si spaventano: un cavaliere amatoriale potrebbe non essere in grado di tirare abbastanza forte le redini per far rallentare un cavallo che si aspetta di essere bastonato se non arriva per primo al traguardo.
Altri comportamenti problematici possono anche sorgere come eredità di una carriera agonistica, tra cui difficoltà a girare in tondo, a rilassare la testa e riunirsi, a essere equlibrato da ambo i lati direzionali, difficoltà comportamentali per eccesso di nervosismo, per non parlare degli eventuali problemi muscolo schelettrici o digestivi come risentimento di una carriera agonistica troppo spinta.
I costi e i benefici della riabilitazione per seconde carriere
Questi cavalli devono essere riqualificati se vogliono diventare cavalli da sella sicuri e desiderati. Questo può richiedere almeno quattro settimane e costare non meno di un mese di stabulazione in una scuderia convenzionata con un addestratore qualificato, quindi non meno di €1.000 euro a equino riabilitato.
L'industria ippica italiana spreca milioni di euro in destinazioni non efficaci e non efficienti, né per la giustizia sportiva, né per la promozione. Dovrebbe cambiare il destino a qualcuno di questi milioni di euro, che sono soldi dei contribuenti italiani, non dell'ippica che è una filiera in deficit.
Non ci sono, a livello promozionale, soldi meglio spesi per l'ippica di quelli atti a fornire una vita migliore ai cavalli durante e dopo le corse. Ciò darebbe un'immagine più compassionale del destino finale dei cavalli da corsa.
Peccato che non ci sia peggior sordo di chi non vuole sentire, e così i cavalli continuano bellamente a finire a correre su strada o al macello, financo abusivo, intanto che l'ippica di anno in anno riduce i suoi profitti e il suo seguito.