Un DDL, Istituzione dell'Agenzia autonoma per la promozione, lo sviluppo e la tutela dell'ippica nazionale e disposizioni per la riforma del settore ippico, primo firmatario il Senatore La Pietra (Fdi), è stato presentato al Senato il 26 ottobre 2022: ancora da assegnare alle Commissioni per avanzare nell'iter parlamentare.
La parola tutela compare più volte, ma non si riferisce mai purtroppo ai cavalli.
Tutela dell'ippica nazionale e tutela occupazionale dell’intera filiera ippica sono il focus principale del ddl che si propone di decommissionare l'ippica, restituendole quell'indipendenza che ha in tutti i paesi dove esiste. Solo in Italia, infatti, l'ippica è gestita direttamente dal governo e questo è successo per via dello scioglimento di Unire (1999) e del fallimento di ASSI (2012). Da allora l'ippica è amministrata direttamente dal Ministero dell'Agricoltura, oggi MASAF, cadendo progressivamente sempre più in declino per ragioni complesse che non sono citate nel ddl.
Qui sotto la presentazione del disegno di legge:
In Italia, secondo i dati dell’Anagrafe degli equidi, ci sono oltre 450.000 equidi, di cui la maggior parte sono cavalli. Nel decennio considerato dalla menzionata ricerca, la crescita è stata pari al 25,6 per cento: nel 2007 erano infatti 350.282. In termini asso- luti il primato in Italia va alla Lombardia, dove sono presenti 56.934 equidi. Seguono Lazio (55.257), Sicilia (39.961), Piemonte (37.056), Emilia-Romagna (35.374), Veneto (34.157), Toscana (27.507), Puglia (26.342), Abruzzo (22.633), Campania (16.596). In termini percentuali di crescita il primo posto è della Valle d’Aosta, con un più 211,7 per cento di equidi nell’ultimo decennio, seguita da Umbria (+120,6 per cento), Friuli Venezia Giulia (+88,8 per cento), Veneto (+51,4 per cento), Puglia (+51 per cento), Lazio (+39,4 per cento), Sicilia (+32,1 per cento), Lombardia (+31,6 per cento), Marche (+30,1 per cento), Piemonte (+38,5 per cento). In forte aumento, analogamente, il numero di allevamenti di cavalli e altri equidi, con 2.884 imprese registrate nel 2018 rispetto alle 2.560 del 2008 (+ 12 per cento).
Il Nord Ovest domina con 1.130 imprese, seguito dal Nord Est con 630, dal Centro con 619 e dal Mezzogiorno con 505. La Lombardia guida la classifica con 771 alleva- menti, seguono Piemonte (311), Lazio (275), Toscana (251), Emilia-Romagna (194), Veneto (191), Trentino-Alto Adige (180), Sardegna (139), Sicilia (100), Campania (82).
Negli ultimi quattro anni del decennio considerato, inoltre, il cavallo ha « guadagnato terreno » anche negli agriturismi, dove le attività legate all’equitazione lo vedono sempre più protagonista con un incremento del 22,4 per cento. Un boom che riguarda soprattutto il Sud, con 563 agriturismi con at- tività di turismo equestre, e che vede in testa alla classifica la Sicilia (261 agriturismi), seguita da Lombardia (200), Umbria (138), Toscana (106), Piemonte (95).
Quanto all’impatto occupazionale, il cavallo in Italia è fonte di occupazione per una schiera che oscilla tra le 40.000 e le 50.000 persone, suddivise in realtà poliedriche ma con una linea ascendente soprattutto nelle attività legate all’agricoltura. Di questi, tra 8.000 e 10.000 sono artieri, stallieri e addetti all’allevamento. Sono 35.000 le aziende agricole che allevano equidi, di cui 2.884 come attività prevalente. Numero consistente anche quello dei veterinari, che si occupano di zootecnia e cavalli di equitazione, che assommano a 1.200. Sono 125.000 i proprietari di cavalli, 480 i fantini e quasi 100.000 gli at- leti tesserati alla Federazione italiana sport equestri (FISE), cui vanno aggiunti 28.800 atleti tesserati alla Federazione italiana turismo equestre (Fitetrec-Ante). In più ci sono allenatori, istruttori e giudici di gara, nonché i lavoratori dell’indotto (vestiario, accessori da cavallo, mezzi di trasporto).
È evidente come a tale crescita esponenziale abbia corrisposto un altrettanto significativo accrescimento del livello di consapevolezza della rilevanza per la composizione dell’economia nazionale, e del ruolo catalizzatore e trainante per la nostra economia, del settore e del comparto equestre che coinvolgono in modo trasversale il turismo, lo sport, l’equitazione e le terapie riabilitative, che concorrono significativamente all’accrescimento del prodotto interno lordo.
In questo contesto, gravemente interessato dagli effetti negativi della crisi pandemica, anche in ragione delle nuove risorse che deriveranno dalla programmazione e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, appare quanto mai opportuno concentrare la dovuta e necessaria attenzione sulle esigenze organizzative e funzionali del comparto, anche nell’ottica di una riorganizzazione efficace, efficiente e idonea a sostenere le prospettive di ripresa, crescita e innovazione.
Senza ombra di dubbio il punto di partenza di questa vasta e articolata filiera è rappresentato dall’allevamento: sono oltre 600.000 gli ettari di terreno impegnati in quest’ambito, destinati alla coltivazione di alimenti diretti al sostentamento degli animali (fieno, avena, erba medica, insilati, paglia, eccetera), che in gran parte sono poi avviati alla trasformazione industriale per la produzione di mangimi, integratori e complementari (alimentazione indiretta di trasformazione).
È condivisa in questa sede l’opinione secondo la quale l’ippica, specie alla luce dei dati e delle proiezioni economiche riportate sopra, non riveste una rilevanza strettamente ascritta al comparto agricolo o zootecnico, ma anche connessa alla « questione sociale », dato il coinvolgimento di una vastissima platea di soggetti e operatori (allevatori, proprietari, allenatori, driver/fantini, eccetera), con una forte rilevanza in termini economici e produttivi e con un significativo impatto sul made in Italy. Quanto al contesto organizzativo, sino al 1999 e per ben cinquantasette anni, l’intero settore, governato dall’Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE), si è sostenuto « autonomamente » grazie alla legge 24 marzo 1942, n. 315, recante « Provvedimenti per la ippicoltura», meglio nota come «legge Mangelli », che assegnava all’UNIRE la gestione diretta della raccolta economica del gioco delle scommesse sulle corse dei cavalli.
L’anno 1999 ha rappresentato per il mondo ippico l’inizio di un lungo e lento declino, ascritto anche alla scelta politica di accorpare sotto il diretto controllo dello Stato tutto il nuovo sistema di giochi che si stava sviluppando in Europa: diretta conseguenza fu la comparsa dei monopoli di Stato e, precisamente, dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), organo del Ministero dell’economia e delle finanze, oggi dell’Agenzia delle dogane che, in applicazione del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dal 1° dicembre 2012 ha incorporato l’AAMS assumendo la nuova denominazione di Agenzia delle dogane e dei monopoli.
In poco tempo l’intera rete nazionale di raccolta delle agenzie ippiche fu in qualche misura destinata alla gestione di altri giochi e tipi di scommesse, facendo dimenticare, secondo un orientamento largamente diffuso tra gli sto- rici operatori del settore, lo scopo e la mission per cui era stata allestita. L’introduzione di nuovi giochi nel sistema di raccolta proprio del mondo ippico, avendo questi coefficienti vantaggiosi sia per gli scommettitori che per le strutture di scommessa, ha determinato una caduta di appetibilità delle corse dei cavalli e ha provocato, di conseguenza, una marcata diminuzione nella raccolta sulle corse ippiche e, quindi, una riduzione della disponibilità economica per l’UNIRE e per l’intero settore agrizootecnico, dal sostegno al miglioramento degli alleva- menti al miglioramento della genetica, eccetera.
L’articolo 14, commi 28 e 29, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha previsto la trasformazione dell’UNIRE in « Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI » assegnandole una serie di compiti, tra i quali la promozione, l’incremento e il miglioramento qualitativo e quantitativo delle razze equine, la gestione dei libri genealogici, la revisione dei meccanismi di programmazione delle corse, delle manifestazioni e dei piani e programmi allevatoriali, eccetera; successivamente, anche l’ASSI è stata soppressa per effetto dall’articolo 23-quater del citato decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che ha accorpato le funzioni e le competenze ad essa attribuite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, mentre le competenze economiche sono state ricondotte al Ministero dell’economa e delle finanze.
Oggi il comparto costituito dalle migliaia di operatori della filiera ippica manifesta la necessità di una propria autonomia gestionale, tecnica ed economica, al fine di gestire e promuovere adeguatamente la cultura del cavallo. Con queste finalità, il presente disegno di legge propone l’istituzione dell’Agenzia autonoma per la promozione, lo sviluppo e la tutela dell’ippica nazionale.