E' ciò su cui contano i macellatori di cavalli, i più cinici tra di loro almeno, per risparmiare sui costi di gestione della filiera, realizzando sulle spalle dei cavalli il massimo profitto al minimo costo.

Esclusa la minoranza di equestri che permette ai propri cavalli di terminare la propria vita in modo naturale, o tramite la morte assistita (eutanasia), tutti gli altri cavalli finiscono regolarmente alla macellazione, che siano stati allevati o meno a quello scopo, pure nelle nazioni dove la macellazione equina è vietata (vedesi il caso USA, dove è vietata la macellazione a km zero, e dunque vengono spediti al macello in Canada e Messico, il peggio del peggio perché li costringono anche a lunghi viaggi dell'orrore).

In Italia il consumo di carne equina è per lo più limitato ad alcune regioni come Veneto, Puglia, Piemonte, Lombardia e le due isole, ma molta carne equina processata in Italia è destinata poi all'export, quindi i cavalli si macellano in ogni regione d'Italia, in tutti gli impianti di macellazione. Non si tratta di impianti studiati appositamente per i cavalli, per limitarne la sofferenza. L'etologia non ha spalancato le porte dei macelli in Italia (pochi paesi al mondo hanno avviato la sperimentazione in questo senso, o hanno legiferato per obbligare la macellazione all'etologia animale). In Italia gli impianti sono comuni a tutte le specie, quello che viene differenziato è il giorno del supplizio. Della serie nell'impianto xy il lunedì si macellano i cavalli, il martedì i bovini, il mercoledì gli agnelli e via dicendo.

Gli animali vengono caricati sui mezzi di trasporto per essere portati a destinazione spesso senza riguardi per il loro benessere. L'Europa non ha mai stabilito il massimo di 8 ore di trasporto per gli animali vivi verso i macelli, come tante volte richiesto da aggregazioni di associazioni animaliste attraverso la raccolta di milioni di firme di abitanti europei. Non solo. Le stalle di sosta, almeno in Italia, sono poche ed esse stesse luoghi dell'orrore, non differenziate per specie, dove gli animali sono stabulati in posta, gli uni accanto agli altri, senza rispetto di conoscenza reciproca. 

Sono stati documentati in questi lager cavalli feriti agli occhi e alle zampe, legati per diverse ore in ambienti caotici. I cavalli vengono poi scaraventati con forza sui camion, picchiati con bastoni e alla fine trasportati senza tener conto delle condizioni atmosferiche. Il trasporto del resto è inteso a privarli di ogni forza residua, perché arrivino stremati a destinazione e sia più semplice costringerli alla mattanza.

Chiunque abbia mai avuto o amato un cavallo, non può non rendersi conto che questi viaggi costituiscono per cavalli un tempo amati una grave forma di sofferenza con conseguente stress, affaticamento, disidratazione e lesioni.

Una volta arrivati al macello, i cavalli sono costretti ad assistere all’uccisione dei propri simili in preda al terrore. Sono storditi con nerbi elettrici affinché accettino di essere infilati in delle postazioni di abbattimento, lì immobilizzati e alla fine un operatore del macello gli spara in fronte con un proiettile captivo. Non sempre un colpo è sufficiente a farla finita, dato il movimento della testa costante dei cavalli spaventati che cercano di sfuggire al loro destino.

Risultato, tutta l'attenzione della nostra società nel proteggere e tutelare i cavalli si arresta al circuito del loro impiego sportivo, ricreativo e terapeutico, senza curarsi che gli stessi identici animali, una volta dotati di diritti, appena entrano nel circuito di macellazione li perdono tutti, perché la gente non vuole sapere, e su questo si basa la filiera della macellazione per diminuire i costi di produzione.

Voler sapere assicurererebbe maggiore tutela agli animali fino all'ultimo respiro.

Per questo sarebbe importante:

a) applicare l'etologia al circuito della macellazione per migliorare gli impianti e minimizzare la sofferenza,

b) differenziare gli impianti per specie che abbisognano degli stessi stratagemmi per minimizzare la sofferenza,

c) ottenere il massimo delle 8 ore per il trasporto di animali vivi per il macello perché gli animali, tutti, siano macellati a km zero,

d) mettere le telecamere a circuito chiuso negli impianti - gestite da enti garantisti terziari - per punire gli abusi e i maltrattamenti gratuiti.

Questo discorso di cui sopra non toglie la validità di chi punta ad un mondo vegano per abolire gli impianti di macellazione, ma integra quella veduta perché gli animali che intanto alla macellazione ci vanno, abbiano il risparmio di sofferenza a loro garantito sulla carta dalle varie leggi all'uopo, spesso non osservate in virtù della massimizzazione del profitto, perché alla gente non interessa sapere.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, è ciò che permette l'orrore negli allevamenti e impianti di macellazione intensivi.