Mascalcia e ferratura del cavallo, con questa denominazione si indica quella parte della veterinaria,che si occupa dello studio sistematico della ferratura degli equini e dei bovini. Si dice ferro la parte generalmente metallica che si applica agli zoccoli ed agli unghioni secondo i criteri delle ferrature normali, correttive, terapeutiche o diagnostiche.
Il ferro, secondo la specie in cui è usato, ha forma particolare e da ciò sono derivate le denominazioni; ferro da cavallo, ferro per asino, ferro da mulo e ferro da bovini.
Si dice ferratura la protezione dello zoccolo e dell’unghione, ottenuta, appunto, con l’applicazione del ferro. La ferratura nel suo complesso, è quindi rappresentata dall’unione di vari elementi quali, il taglio delle unghie, il ferro e le parti usate per la sua applicazione all’unghia.
Le ferrature normali costituiscono particolari elementi di protezione di alcune parti dell’unghia nel senso di evitarne il consumo.
Le ferrature, attenuano le reazioni che provengono dal suolo, si oppongono agli scivolamenti e rendono più efficace l’impulso, quindi contribuiscono al miglior sviluppo dell’attitudine dei soggetti usati come motori.
Le ferrature, hanno l’importante compito di mantenere la fisiologica direzione delle estremità e la forma normale degli zoccoli, senza opporsi eccessivamente a movimenti di espansione e restringimento che si producono durante l’appoggio e l’alzata.
Le ferrature correttive, hanno per scopo l’eliminazione o la diminuzione dei danni che derivano da particolari forme di deambulazione dovute a conformazioni difettose o ad altre condizioni individuali che agiscono specialmente le andature veloci. Sono considerate ferrature terapeutiche quelle usate per completare trattamenti di varia natura, applicate alle parti distali delle estremità, e quelle destinate a proteggere parti endoungueali alterate od al contenimento di medicazioni.
Le ferrature diagnostiche, hanno una limitata applicazione, sono indicate per completare indagini intese a stabilire le cause di zoppia.
Autori di mascalcia, hanno dedicato capitoli dei loro scritti per porre in rilievo la notevole importanza della ferratura. Il C. Fiaschi, per esempio, fin dal XVI secolo, descrisse le differenze di forma che presentano il ferro anteriore ed il ferro posteriore.
Tanti altri Illustri della veterinaria Ippiatrica di un tempo, ci hanno lasciato dei trattati sulla ferratura del cavallo, ancora oggi molto utili e veritieri e di grande scuola e insegnamento per chi volesse intraprendere la professione di maniscalco. Si ricordano alcuni di questi Studiosi dell’arto del cavallo,
Bourgelat, Bonsi, Brugnone, Braey, Clarck, Mègnin, Leisering, Van Rueff, Dal Prato, G. Battista Ercolani, Rey, Goyan, Beekmann, Vacchetta, il Chiari, Dino Dini, Carlo Ruini, Brambilla, V. Bossi, Garsault, A. Mensa e tanti altri continueranno...
La prima Scuola di mascalcia in Europa, dicono alcune ricerche, risale al 1780 a Gottesaue in Germania, divenuta poi Istituto di Mascalcia Professionale nel 1817.
La mascalcia, è un’arte difficile e richiede, per chi la volesse esercitare con criteri razionali, un complesso di conoscenza su l’anatomia, la fisiologia, la biomeccanica, la osteologia ed esteriori di parti delle estremità del cavallo.
E’ impensabile una particolare attitudine per eseguire elementi della ferratura quali sono, il taglio delle unghie o unghioni, la fabbricazione dei ferri e la loro forgiatura e corretta applicazione e la conoscenza degli strumenti di ferratura, senza uno studio scolastico.
Per ottenere esperti maniscalchi, non è quindi sufficiente la sola pratica acquisita nelle fucine di mascalcia, ma è necessaria una molteplicità di cognizione apprese dall’insegnamento impartito da uno studio scolastico.
Da tempi remoti si tendeva proteggere lo zoccolo del cavallo,gli antichi Romani utilizzavano la sola ferrea (vedi foto).
Gli Ippiatri Greci,proteggevano lo zoccolo di cavallo con lo sparto per i lunghi tragitti o per le medicazioni. La ferratura con i chiodi, secondo alcuni studiosi di un tempo, risale al periodo Medioevale o prima.
Questi autori, fra i quali Mègnin, Castan, Quinquerez, Mathien, Troyon e Goyan, ammisero che i Galli, in un epoca che corrisponde al IV e V secolo avanti Cristo, conoscessero la ferratura con i chiodi. Secondo Mègnin, tale conoscenza fu trasmessa dagli invasori Cimbri ai Galli e da quest’ultimi l’appresero poi i Romani.
Si volle anche ammettere che nelle epoche sopra indicate, i Druidi, grandi conoscitori della forgiatura del ferro e della fucilazione di armi, apprendessero ed applicassero la ferratura con chiodi.
Fu pure affermato, che in epoca a noi più vicina, San Eligio, Vescovo di Noison, sacerdote druidico passato alla nuova fede, fosse un esperto ferratore e per tale motivo venisse eletto dai maniscalchi dell’epoca come loro patrono.
La conoscenza Gallica della ferratura con i chiodi, venne esclusa da Deplessis, Pietrement, Peuch, Lesbre e da Joli.
E’ vero che alcuni archeologi Francesi, negano l’esistenza di alcuni ferri ondulati del periodo gallo-romano e considerano che le scoperte più antiche, corrispondono al periodo carolingio dell’era volgare.
Vari scrittori hanno supposto che i Cimbri introducessero, nella Gallia, nel Belgio e nella Bretagna, la ferratura con i chiodi dal IV e V secolo avanti Cristo, e che nello stesso periodo gli Elvezi la usassero nella Svizzera.
Da ciò si dedusse che questo sistema di protezione degli zoccoli fosse di origine asiatica per appartenere ai Cimbri alla stirpe ariana.
Altri ammisero che la ferratura con i chiodi, fosse già conosciuta da altri invasori della Gallia, vale a dire dai Franchi, Visigoti, Sassoni e Unni.
Da queste poche righe che riportate, potete notare quante sono state le persone con l’attenzione per lo zoccolo del cavallo e la sua salute ovviamente!!
Nei riguardi della storia della mascalcia, le conoscenze, dovute a molteplici e illustri ricercatori, rendono sempre accettabile la seguente conclusione, di indole generale, a cui fu condotto il Vacchetta.
Da tempo immemorabile, si usavano mezzi speciali di protezione per le unghie del cavallo e del mulo: mezzi simili era impegnati per le medicazioni di zoccoli malati. La ferratura con i chiodi, inventata anticamente dai popoli orientali o dagli Scandinavi, fu importata in Gallia ed in Germania, dove appresero pure gli abitanti delle regioni invase.
Essa si generalizzò in Italia prima del mille, lo provano i buoni precetti che di essa, come di cosa assai ben conosciuta, ci lasciarono gli scrittori di Ippiatria che vissero poco dopo il decimo secolo...
Il Cesare Fiaschi,fin dal XVI secolo,descrisse la differenza di forma che presentano il ferro anteriore dal ferro posteriore.
Invece,si attribuisce a Gursault,l’avere diffuso il sistema di copertura e di stampatura dei comuni ferri Europei.
La storia della mascalcia,e il suo contributo, lo si deve a tutti coloro che nel passato ci hanno lasciato nobili trattati, come appunto le pregevoli opere antiche sull’arte del ferrare, spettano a tanti autori anch’essi Italiani, ne sono stati citati alcuni:
- Teodorico,predicatore e Vescovo di Cervia 1205.
- Pietro Crescienzo da Bologna, Medico, Giureconsulto e Filosofo, 1232.
- Dino Dini, maniscalco e cittadino fiorentino, autore di un trattato di Mascalcia inedito, citato dagli Accademici della Crusca come classico per la purezza dell’idioma, 1352.
- Francesco Della Reyna, Ippiatra, 1536. Juan De Vinuesa, 1564.
- Manuel Diaz,maggiordomo del Re Ferdinando Quinto di Aragona,trattato pubblicato in Catalonia, 1505.
- Lorenzo Rusio, trattato dei buoni precetti dell’arte del ferrare, 1532.
- Cesare Fiaschi, Nobile Ferrarese, rese noto il suo trattato del modo dell’imbrigliare e maneggiare i cavalli, 1539.
- Fernando Calvo, Ippiatra, considerato uno dei migliori del XVI secolo, pubblicò nel 1582.
- Manzanas E. pubblicò un trattato di mascalcia in Spagna, introducendo la ferratura all’Italiana,1538.
- Carlo Ruini, Senatore Bolognese ,pubblicò, Anatomia del cavallo e infermi e suoi rimedi, contiene interessanti informazioni sulla ferratura con carattere terapeutico.
Nel XVIII secolo, quando in Francia venne istituito l’insegnamento della veterinaria, Ippiatri e veterinari di primo e secondo livello, lasciarono scritti sull’arte del ferrare e medicare i cavalli infermi, fra questi Autori, si ricorda in particolare modo, Bourgelat, Osmer, James Clarck, Coleman, Salvador e Montòy Roce...
A Bologna,in palazzo Malvezzi, si apre lo stabilimento di clinica veterinaria per la pratica degli studenti, diretto e voluto dal Prof. Antonio Alessandrini, era il 1827 e divenne Scuola di Medicina Veterinaria nel 1850.
di Davide Venturi, maniscalco