Il T.U. in materia ambientale, all’art. 185, comma 1, lettera f), per come modificato dall’art. 20 della legge n. 37 del 2019, esclude dalla disciplina dei rifiuti le materie fecali, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, a condizione che siano correttamente utilizzate in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non arrechino danni all’ambiente o alla salute umana.
Le irregolarità maggiormente riscontrabili sono relative alla gestione del letame degli animali per l’eccessivo accumulo o per spandimento sul terreno; ad una conduzione impropria della concimaia ed ancora per la distribuzione sul terreno di una quantità di letame fresco non sottoposto al previsto periodo di maturazione in concimaia.
Questi sono solo alcuni esempi di modalità di gestione dello stallatico non lecite perché non finalizzate ad una corretta utilizzazione agronomica e, quindi, rappresentanti di fatto uno stoccaggio irregolare di rifiuti potenzialmente pregiudizievole per le matrici ambientali.
Sui soggetti che producono o detengono rifiuti gravano una serie di obblighi di comportamento, l’articolo 256 del D. Lgs. n. 152/06 punisce qualsiasi gestione dei rifiuti, organizzata o non programmata, eseguita, in violazione della normativa disciplinante la materia, al fine di conseguire un profitto ingiusto; concetto questo che può anche non coincidere con un ricavo patrimoniale e può essere integrato dal mero risparmio di costi o dal perseguimento di vantaggi di altra natura.
La Terza Sezione della Cassazione Penale nella pronuncia n. 3573 del 14 dicembre 2020 chiarisce che il reato può essere configurato anche col compimento di una sola delle condotte alternative previste dalla norma “salvo che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità”. Più precisamente, per valutare l'esistenza di una minima organizzazione dell'attività “vanno considerati, anche in modo alternativo, dati univocamente sintomatici come il quantitativo dei rifiuti gestiti, la provenienza del rifiuto da una determinata attività imprenditoriale esercitata da colui che effettua o dispone l'abusiva gestione, l'eterogeneità dei materiali, le loro caratteristiche, lo svolgimento in più occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita, la predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, la successiva vendita, il fine di profitto perseguito.”
Sempre la stessa sezione, nella sentenza n. 9717 del 10 gennaio 2020, chiarisce che il titolare di un’azienda agricola, ma ciò vale anche per quello di un allevamento, di un maneggio o una qualunque attività che gestisce escrementi, indipendentemente dalla loro natura liquida o solida, è obbligato a “stoccarli nell’attesa dello spandimento a fini agricoli o affidarli ad un’impresa autorizzata allo smaltimento, potendosi escludere la riconducibilità della condotta all'art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006 solo quando le materie fecali siano impiegate nell’attività agricola.”
In altra pronuncia del 2020, la n. 195, la Suprema Corte delimita il campo di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto specificando che la quantità dei rifiuti “ha valore decisivo, unitamente alla reiterazione delle condotte nel tempo, tale da consentire la gestione di non marginali quantità di rifiuti.”
In tal senso è interessante anche la sentenza n. 24974 del 2020 nella parte in cui precisa che il riconoscimento della particolare tenuità del fatto “non comporta la revoca della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, disposta a norma dell'art. 260-ter, co. 5, D.Lgs. n. 152 del 2006, atteso che per l’adozione della misura ablatoria non è richiesta necessariamente la pronuncia di una sentenza di condanna e, del resto, l’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 131-bis, c.p., non esclude la rilevanza penale del fatto ma ne attesta solo il profilo di particolare tenuità.”